DU BELLAY, Joachim
Poeta, umanista e critico francese, nato verso la fine del 1524 o sull'inizio del 1525 a Liré, sulla riva della Loira, e morto a Parigi il 1° gennaio del 1560. La morte prematura del padre e della madre e gl'imbarazzi cagionatigli da una eredità compromessa non gli permisero di compiere un corso regolare di studî. Ma una lunga malattia doveva offrirgli l'occasione di rifare e completare la sua istruzione con la lettura di poeti greci e latini, i suoi unici amici nella solitudine delle sue sofferenze. A Poitiers, a vent'anni compie gli studî di giurisprudenza: in quest'epoca d'intensa preparazione concepisce quelle idee che dovranno costituire il suo fortunato programma letterario: il primo nucleo della Pléiade sarà presto creato, quando nel 1548, il D. B., incontratosi col Ronsard, si recherà a Parigi e si unirà al Baïf nel cenacolo del Dorat. Nel 1549, terminati gli studî, il D. B. lancia il manifesto della nuova scuola e pubblica, subito dopo, la raccolta poetica Olive. Ma nella primavera del 1553, al poeta si presentava la migliore occasione per la sua vita letteraria: l'invito del cugino, il cardinale Jean Du Bellay, rappresentante del re di Francia alla corte papale, di andare a Roma quale suo segretario. Il soggiorno di più di quattro anni, in relazione coi più eminenti rappresentanti della cultura, inizia ben presto il sensibilissimo poeta ai segreti del pensiero e della poesia italiana. Tuttavia nel 1558 ritorna disilluso in Francia; perde uno dopo l'altro i suoi protettori, si dibatte in noiose contese, e nella tristezza e quasi nella miseria muore d'un attacco di apoplessia, a soli 35 anni.
Le opere principali del D. B. sono, in ordine di tempo: La Deffence et Illustration de la langue françoyse (1549); L'Olive et quelques autres øuvres poétiques (1549, aumentata nel 1550); Le Ier Livre des Antiquitez de Rome (1558); Les Regrets et autres øuvres poétiques (1558); Divers Jeux rustiques et autres øuvres poetiques (1558).
L'Olive rivela l'arte del D. B. e segna il nuovo ideale letterario, già elaborato dalla poesia italiana. Il Canzoniere del Petrarca divenne il grande modello del giovane poeta: nell'adesione alla profonda vita del cantore di Laura, il D. B. affinava il suo senso lirico e ritrovava l'adeguata espressione per la sua esperienza amorosa e morale. La concezione petrarchesca dell'amore che attraverso la morte si purifica e si solleva fino all'idea divina, è accettata e rivissuta con rinnovata freschezza. Nell'ispirazione, ora confidente ora sconfortata, ritornano stati d'animo e frammenti ritmici di altri poeti, dell'Ariosto, del Bembo e dei lirici raccolti nell'Antologia di Ciolito de' Ferrari, interpretati e unificati da un fresco e vigoroso temperamento lirico. Il D. B. immetteva un'arte raffinata in una letteratura appena rinata, fondendo una corrente realistica e libertina, a cui il poeta indulgerà nella Antérotique del 1559, con l'altra corrente eterea e casta, che illuminerà quasi misticamente i Sonnetg de l'honeste amour, riflesso del neoplatonismo lionese.
L'Olive non fu una falsa promessa. A partire dal 1553 il D. B. è tutto pervaso dagli spiriti del Rinascimento italiano. L'Italia del Cinquecento e Roma imperiale e classica gli dettano una corona d'inni, vere gemme ch'egli comporrà in un nuovo canzoniere, Les Antiquitez. La sua potrà sembrare talora poesia di transizione e non riuscirà sempre a dissimulare l'eco della voce di Orazio, Virgilio, Ovidio, e dei poeti italiani, ma ad ogni pagina, sebbene spesso senza continuità, s'innalza una nota che esprime un temperamento artistico completo. E il D. B., mentre iniziava il suo paese al culto dell'arte, inaugurava quella "poesia delle rovine" che sarà tanto cara ai poeti del Romanticismo.
I Regrets rappresentano la maturità artistica. L'entusiasmo umanistico, storico e poetico, acceso nel suo cuore dalla città eterna, non era durato a lungo. La disillusione non gli venne tanto dalla presunta corruzione della corte papale - come il poeta pretendeva dichiarare - quanto dalle noie del suo ufficio, in cui gl'intrighi diplomatici s'associavano alle cure dell'amministrazione privata del cugino cardinale. Ma la vera ragione del suo sconforto va ricercata nella sua tormentata sensibilità, che si nutriva di amarezze e di nostalgie. Nella disciplina del dolore, egli raggiunge la perfezione lirica, trovando finalmente un armonioso equilibrio fantastico. Anche qui reminiscenze classiche e moderne; ma sono pallide tinte che scompaiono su questo malinconico sfondo: nei Regrets si rifrangono le più intime esperienze della vita in ogni sua manifestazione, fuggevole o eterna, individuale e universale.
Ai Regrets seguono per eccellenza artistica i Jeux rustiques. Sempre sotto l'influsso dell'arte italiana, e soprattutto sul modello dei Lusus del Navagero, il D. B. interpreta e assimila al suo temperamento il pensiero e le emozioni di un poeta prediletto. Fanno parte di questa raccolta alcune delle poesie più celebri del D. B., come la Vieille courtisanne, la Chanson du Vanneur de blé, Cesellate con grande finezza di particolari.
Ma il nome del D.B. è anche legato al celebre opuscolo La Defence et illustratiox de la langue françoyse, una specie di proclama che il poeta, riprendendo la lotta allora realmente già decisa tra il volgare da una parte e le lingue classiche dall'altra, lanciava ai suoi connazionali, chiamandoli a riunire i loro sforzi per dare alla Francia una lingua e una letteratura nuova. Questo manifesto, che si compone di due parti, una dedicata alla difesa, l'altra al perfezionamento del francese, contiene tutto un programma di riforme, che, ritoccato dal Malherbe, diventerà, secondo l'espressione del Brunot, il codice letterario per quasi due secoli in Francia e fuori, fino all'avvento del romanticismo. Come l'opera poetica del D. B. ci fa assistere alla trasfigurazione di un artista straniero diventato nazionale e universale attraverso l'estetica del Rinascimento, la Deffence ci appare come un'originale rielaborazione del pensiero critico italiano. I punti essenziali del programma della nuova scuola si richiamano ai concetti dei teorici del volgare italiano, da Dante a Machiavelli, al Bembo, allo Speroni, al Gelli; ma tenendo sempre presente la realtà della lingua e della cultura francesi.
Ediz.: Per le ediz. antiche, v. G. Lanson, Manuel Bibliographique, Parigi 1925, pp. 148-49; fra le moderne: Ch. Marty-Laveaux, La Pléiade française, D. B., Parigi 1866-67; E. Courbet, Poésies franfaises et latines de J. D. B., Parigi 1918; H. Chamard, Øuvres poétiques de D. B., voll. 5, in Société des Textes franç. modernes, 1906-1923.
Bibl.: H. Chamard, J. D. B., Lilla 1900; P. Villey, Les sources italiennes de la Deffence, ecc., Parigi 1908; A. Van Bever, Bibl. de J. D. B., in Revue de la Renaissance, 1912; A. Bourdeaux, La Juenesse de J. D. B., Angers 1912; G. Tracconaglia, Quelques observations sur l'origine et le développement des théories italiennes qui facilitèrent aux français la fixation, l'enrichissement et l'embellissement de leur langue au XVIe siècle, Lodi 1918; N. Addamiano, Delle opere poetiche francesi di J. D. B. e delle sue imitazioni italiane, Cagliari 1921. Cfr. anche i saggi di Sainte-Beuve, in Nouveaux Lundis, XIII, Parigi 1872; e di W. Pater in The Renaissance, Study in art and poetry, Londra 1889. Per l'influenza italiana v. inoltre la ricca bibliografia analitica di F. Neri, Gli studi franco-italiani, ecc., Roma 1928, p. 106-08.