Herbart, Johann Friedrich
Filosofo e pedagogista (Oldenburg 1776 - Gottinga 1841). Fu allievo a Jena di Fichte, di cui accettò in un primo tempo le idee ripudiate più tardi. Nel 1797-99 fu educatore privato a Berna; durante tale soggiorno ebbe occasione di conoscere personalmente Pestalozzi, che suscitò in lui quell’interesse per gli studi pedagogici conservato costantemente per tutta la vita. Tornato in Germania, fu libero docente e poi prof. a Gottinga (1802-09), a Königsberg, successore di Kant (1809-33), di nuovo a Gottinga (1833-41). Anche H., come gli idealisti suoi contemporanei, si ricollega direttamente a Kant, ma tenta di indirizzare il kantismo per una via del tutto opposta a quella di Fichte, Hegel, Schelling. La filosofia, per H., è «elaborazione di concetti dati», forniti cioè dall’esperienza, al fine di eliminarne le contraddizioni; infatti, sostiene H., non è vera la concezione hegeliana che la contraddizione costituisce l’anima stessa del reale; questa rappresenta semplicemente uno stadio inadeguato del conoscere. Sotto l’influsso di Leibniz, H. concepisce il mondo come risultante di una pluralità di esseri semplici e immutabili, i «reali». Questi, pur immutabili, sono, ognuno, un centro di relazioni molteplici, originate dall’accidentale incontrarsi reciproco. Possedendo però ogni reale delle qualità originarie che lo distinguono da tutti gli altri, il cozzare reciproco genera in ognuno una perturbazione interna, cui consegue un atto di resistenza o di autoconservazione. Con questa interpretazione meccanicistica, H. tenta di spiegare tutti i fenomeni del mondo fisico e psichico. Difatti anche l’anima, oggetto della psicologia, è un «reale» semplice, e la rappresentazione in essa non è altro che uno stato di resistenza, suscitato da una perturbazione. È improprio parlare di facoltà psichiche: tutti i fenomeni che si sogliono raggruppare sotto il nome delle varie facoltà sono mere rappresentazioni o combinazioni di rappresentazioni. Partendo da questi presupposti, H. ritiene possibile la fondazione di una psicologia scientifica: escludendo, infatti, la considerazione dell’anima come sostanza (in quanto, in sé, inconoscibile), e concentrandosi piuttosto sull’analisi dell’insieme delle rappresentazioni (coscienza), la psicologia sarà in grado di ridurre la meccanica delle rappresentazioni a rigorose formule matematiche. H. applica, quindi, i principi della sua psicologia all’elaborazione di una pedagogia scientifica. Nel campo della pedagogia, che è la parte più interessante del suo pensiero, H. sostiene che questa scienza ha il compito di indagare i principi universali che presiedono all’attività educativa nei suoi vari aspetti e, come l’estetica, deve essere integrata da una tecnica, l’arte educativa, cui spetta l’attuazione di quei principi. Essa si fonda da un lato nell’etica, che le assegna il fine, dall’altro nella psicologia, che le indica i mezzi, svelandole il meccanismo psichico dell’alunno. Il fine dell’educazione è la formazione del carattere morale. L’intuizione atomistica e matematizzante della realtà, il ripudio di ogni idea di svolgimento, la riduzione di ogni forma di attività all’autoconservazione puntuale dei «reali», contrastano profondamente, in H., con la costante preoccupazione d’interpretare e giustificare filosoficamente la sua seria esperienza del mondo morale e dei problemi dell’educazione. Le sue opere principali sono: Allgemeine Pädagogik aus dem Zweck der Erziehung abgeleitet (1806; trad. it. Pedagogia generale derivata dal fine dell’educazione); Allgemeine praktische Philosophie (1808); Lehrbuch zur Einleitung in die Philosophie (1813; trad. it. Introduzione alla filosofia); Lehrbuch zur Psychologie (1816; trad. it. Manuale di psicologia); Psychologie als Wissenschaft (2 voll., 1824-25); Allgemeine Metaphysik nebst den Anfängen der philosophischen Naturlehre (2 voll., 1828-29; trad. it. Metafisica generale con elementi di una teoria filosofica della natura); Umriss pädagogischen Vorlesungen (1835; trad. it. Compendio delle lezioni di pedagogia).