Pestalozzi, Johann Heinrich
Educatore e pedagogista svizzero di famiglia italiana (Zurigo 1746- Brugg 1827).
Frequentò nella sua città il Collegium Carolinum, dove ebbe come insegnanti notevoli figure dell’Illuminismo e del rousseauianismo svizzero come Zimmermann, Breitinger e Johann Jakob Bodmer. Con altri amici si strinse intorno a Bodmer, capo dei patrioti e democratici; ma, sciolto il gruppo, egli si dedicò all’agricoltura e, acquistato un fondo a Neuhof nel Giura, nel 1769 vi si stabilì insieme con la moglie Anna Schulthess. Fallita l’impresa agricola, P. trasformò (1777) la fattoria in un asilo per i piccoli mendicanti, con il proposito di «redimerli ed educarli alla vita operosa e utile»; ma anche la nuova impresa naufragò (1779). Nel 1780 pubblicò l’Abendstunde eines Einsiedlers, primo abbozzo del suo sistema pedagogico, e la prima parte di Lienhard und Gertrud (trad. it. Leonardo e Geltrude), il suo capolavoro (di cui la seconda parte vide la luce nel 1787), nel 1783 Über Gesetzgebung und Kindermord (trad. it. Sull’infanticidio). Nel 1793 commentò gli eventi della Rivoluzione francese con l’equilibrato opuscolo Ja oder Nein?. Del 1797 è l’opera in cui P. tentò di esprimere con la maggior chiarezza e coerenza il suo credo filosofico e l’idea che era venuto intanto conquistando delle intime contraddizioni della civiltà: Meine Nachforschungen über den Gang der Natur in der Entwicklung des Menschengeschlechts (trad. it. Mie indagini sopra il corso della natura nello svolgimento del genere umano). I rivolgimenti provocati dalla Rivoluzione francese anche in Svizzera gli porsero l’occasione di ritornare all’insegnamento. Rifiutata l’offerta di dirigere la scuola magistrale, fondò (1799) a Stans una scuola per orfani di contadini, ma dopo solo sei mesi la guerra lo costrinse a chiudere l’istituto. Fu quindi maestro a Burgdorf, dove continuò ad approfondire il suo metodo didattico, con la collaborazione di Hermann Krüsi, Gustav Tobler e Johann Christoph Buss. Da queste esperienze nacquero il breve scritto Die Methode (1800) e le quattordici lettere a Gessner (Wie Gertrud ihre Kinder lehrt, 1801; trad. it. Come Gertrude istruisce i suoi figli), cui seguirono alcuni libri elementari rivolti a facilitare il primo insegnamento secondo il suo metodo: Buchstabierbuch; A. B. C. der Anschauung; Buch der Mütter; Natürliche Schulmeister. Burgdorf dapprima, poi Münchenbuchsee, dove trasportò il suo istituto nel 1804, e finalmente Yverdon, dove la sua scuola, che durò fino al 1824, ebbe un magnifico rigoglio e attirò l’attenzione dell’intera Europa colta, sono stati il campo sperimentale da cui è uscita la moderna scuola elementare. Negli ultimi anni scrisse due opere notevoli: Schwanengesang (1825; trad. it. Il canto del cigno) e Mutter und Kind (1827; trad. it. Madre e figlio), esposizione popolare ma molto penetrante delle proprie idee pedagogiche.
L’idea centrale della didattica pestalozziana è la persuasione che c’è un’arte, da cui possiamo riprometterci la rigenerazione dell’umanità, e quest’arte è il metodo elementare «basantesi sulla vita integrale dei rapporti familiari»: nell’istruzione spontanea e concreta offerta dall’ambiente familiare è il fondamento di qualsiasi didattica dell’apprendere. L’arte educativa deve essere «esercizio e irrobustimento di poteri fondamentali che sono la radice dell’umana spiritualità». E l’unico modo di potenziare e disciplinare naturalmente sia le forze umane sia le varie attività è l’uso, il normale esercizio di esse, così come gli stessi fondamenti della vita morale, vale a dire l’amore e la fede, sono rafforzati dall’uomo con la pratica dell’amore e della fede, e il fondamento della sua vita intellettuale, vale a dire il pensiero, con l’esercizio del pensiero. L’insegnamento scolastico con il suo procedere artificiale viola l’ordine della libera natura e perciò occorre rinnovarlo secondo il metodo materno. Minore importanza si dà oggi alle sue faticose indagini circa la determinazione di un ideale metodo didattico, tempo addietro considerate la parte più viva e storicamente significativa del pestalozzismo. P. insiste particolarmente sull’importanza dell’intuizione, del contatto immediato con l’esperienza. Soltanto gradualmente, attraverso la sistemazione e l’organizzazione di ciò che è stato intuitivamente colto, si avrà il costituirsi del giudizio. È su questa base che P. teorizza l’importanza del «contare», del «misurare» e del «parlare» nel processo educativo, ponendo quindi (in modo talora esclusivo) l’accento sul ruolo preminente che aritmetica, geometria, disegno e apprendimento delle lingue svolgono per una formazione concreta dell’educando. Nei primi decenni del 19° sec., gli istituti pestalozziani servirono di modello a filantropi e a governi di buona parte d’Europa e prepararono tutta una generazione di maestri, mentre alle idee di P. si ispiravano i grandi pedagogisti dell’Ottocento, e in partic. Fröbel e Herbart.
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