BREITINGER, Johann Jakob
Nacque il 1° marzo 1701 a Zurigo, dove morì il 13 dicembre 1776. Studiò col Bodmer al Carolinum, e vi insegnò a cominciare dal 1731 ebraico, dal 1745 greco. S'occupò da giovane (1723) di Persio; pubblicò dal 1730 al '32 un'edizione critica della versione dei Settanta; scrisse sugl'idiotismi ebraici. Padrone del latino, dell'italiano, del francese e dell'inglese, in lui l'interesse filologico ed erudito s'accoppiò felicemente al talento speculativo. Al B. è dovuta in massima parte la pubblicazione, fatta in collaborazione col Bodmer (v.), dei Minnesinger, delle favole del Boner (il B. aveva del medio-tedesco una conoscenza maggiore e, anche, più capacità filologica che non il Bodmer), nonché dell'Opitz; al B. - che fu, insieme col Bodmer, la colonna dei Discourse der Mahlern e, poi, delle Freymüthige Nachrichten - si devono, oltre la collaborazione al saggio Von dem Einfluss und Gebrauche der Einbildungs-Krafft (1727), la Critische Abhandlung von der Natur, den Absichten und dem Gebrauche der Gleichnisse (Zurigo 1740), che voleva essere una logica della fantasia, un'introduzione sistematica all'uso della metafora, e, soprattutto, la maggiore opera teorica degli "Svizzeri", la Critische Dichtkunst, worinnen die Poetische Mahlerey in Absicht auf die Erfindung im Grunde untersuchet und mit Beyspielen aus den berühmtesten Alten und Neuern erläutert wird (2 voll., Zurigo 1740). Ebbe parte anche nelle Critische Betrachtungen iiber die poetischen Gemählde der Dichter del Bodmer (1741). La Critische Dichtkunst s'iniziava, secondo la promessa del titolo, con un'analisi delle relazioni fra la poesia e la pittura, delle quali la prima per il B., come per gli scrittori del tempo, s'avvantaggia sulla seconda perché ha inseparabile il fine didattico, ma le è in fondo analoga, tanto che potrebbe essere definita (sulle orme del Locke e del Muratori) una "pittura perpetua", in quanto colpisce l'immaginazione con rappresentazioni non meno vivide di quelle ricevute attraverso i sensi, simile a "un'abile maga" che sa "ingannare in maniera sensibile, ingenua e amena insieme". Alla base dell'inganno deve però stare il vero, e non tanto il vero reale quanto il vero possibile (storico o poetico), dimodoché possa essere conseguito lo scopo d'istruir dilettando. Ma "la novità è madre della meraviglia, e questa è madre del diletto", aveva scritto il Muratori, dal quale tanto deriva il B. E la novità, continua il B., è la madre del meraviglioso, l'ultimo gradino del nuovo, per quanto debba essere sempre fondato su una verità reale o possibile e in armonia con le leggi dell'universo.
Questa, per somme linee, l'estetica del B., la quale prende un posto onorevole, sia pure largamente dipendendone, accanto alla Perfetta Poesia del Muratori e alle Réflexions del Du Bos. Il concetto del meraviglioso fu il punto più alto al quale il B., sulla traccia del Muratori, seppe innalzarsi: e intorno ad esso doveva divampare la lotta, lunga e acrimoniosa, col Gottsched. Il B. stesso non seppe però scorgere bene la portata delle sue teorie; e non solo rimase fisso al concetto del fine didattico e morale dell'arte, ma, proseguendo imperterrito per questa via, giunse a dire la favola il sommo della poesia, giudizio tipicamente settecentesco, che mostra, in forma esemplare, quanto persistente ancor fossero il razionalismo e il moralismo presso gli "Svizzeri".
Bibl.: La 6ª sez. della Critische Dichtkunst, sul meraviglioso e il verosimile, è stata rist. da J. Crüger nella Deutsche National-Literatur del Kürschner, XLII, pp. 156-79. Una buona biografia del B. manca. Oltre che nel Mörikofe, (del quale vedi anche J.J.B. und Zürich, Lipsia 1874), è possibile trovare notizie nei vecchi dizionarî biografici e poi nella dissertazione di H. Bodmer: J.J.B., Zurigo 1897; v. anche bodmer.