Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Insieme a Händel Johann Sebastian Bach è l’incarnazione stessa della vita musicale del periodo: nella sua opera confluiscono tutti gli stili e le forme tipici della prima metà del Settecento. Per l’intrinseca difficoltà e severità che caratterizza la sua musica Bach non ottiene grandi riconoscimenti in vita; solo i romantici, quasi un secolo più tardi, ne coglieranno la solitaria grandezza, avviando un processo di mitizzazione che dura ancora oggi.
Bach e il suo tempo
La produzione musicale di Johann Sebastian Bach copre pressoché per intero la prima metà del Settecento e costituisce una sintesi ideale delle forme e degli stili fioriti nella fase terminale del barocco. La posizione torreggiante che la figura di Bach assume allo sguardo odierno è frutto di una riappropriazione tarda, iniziata circa ottant’anni dopo la morte del compositore con l’esecuzione della Passione secondo Matteo diretta a Lipsia nel 1829 dal giovanissimo Felix Mendelssohn-Bartholdy.
I contemporanei invece lo apprezzano per lo più come impareggiabile virtuoso d’organo e clavicembalo. Il motivo di questa sostanziale incomprensione sta nei mutamenti sopravvenuti nel gusto all’epoca della maturità di Bach, in concomitanza con l’affermarsi dell’egemonia borghese nella vita musicale e col formarsi di una sfera pubblica orientata verso un consumo più “facile” della musica. Per orecchie sempre più aduse alla piacevolezza melodica e alla semplicità della costruzione, le opere bachiane, ricchissime di dottrina e di complessità strutturali, appaiono artificiose e troppo impegnative sia all’esecuzione che all’ascolto, ormai superate in un’epoca che vede ovunque il trionfo del “dilettante”.
La carriera e le opere
Bach nasce nel 1685 a Eisenach, nella Turingia, da una famiglia di musicisti – nell’albero genealogico dei Bach se ne contano oltre 80 – e compie l’apprendistato sotto la guida del fratello maggiore Johann Christoph. Sino al 1708 ricopre incarichi di organista nelle cittadine di Arnstadt e Mühlhausen; intanto studia incessantemente opere del repertorio italiano, francese e tedesco e viaggia a scopo d’istruzione. Si reca persino, e a piedi, a Lubecca, per ascoltarvi l’anziano organistaDietrich Buxtehude.
A 23 anni viene assunto alla corte di Weimar retta dal principe Guglielmo Ernesto; la sua produzione in quest’epoca è dominata soprattutto da opere per organo e clavicembalo. La nomina a direttore dell’orchestra di corte, avvenuta nel 1714, comporta per lui il nuovo obbligo di comporre con cadenza regolare anche cantate per il compleanno del principe e per il nuovo anno.
Nel 1717 passa alla corte di Köthen, dove nel 1721 sposa in seconde nozze Anna Magdalena Wilcke; dai due matrimoni Bach avrà in tutto 20 figli, alcuni dei quali eccellenti musicisti. La splendida orchestra attiva presso la corte gli offre la possibilità di scrivere gran parte della sua produzione per orchestra e per strumenti solisti, cui si devono aggiungere i numerosi brani concepiti a scopo didattico per l’istruzione musicale dei figli e di Anna Magdalena e la prima parte del Clavicembalo ben temperato (la seconda seguirà nel 1744).
Dal 1723 alla morte Bach vive a Lipsia, dove è chiamato a dirigere il coro della chiesa di San Tommaso. Lipsia è in questi anni una città intellettualmente e musicalmente assai vivace, con una prestigiosa università, case editrici e numerose associazioni culturali. Tra queste il Collegium Musicum, che promuove esecuzioni musicali nei locali pubblici; Bach ne diviene direttore nel 1729 e vi rimane sino ai primi anni Quaranta. Risale al periodo di Lipsia la gran parte delle cantate sacre di Bach – se ne sono conservate oltre 200 – e le grandi opere liturgiche: la Passione secondo Matteo, la Passione secondo Giovanni, l’Oratorio di Natale, la Messa in Si minore.
Gli ultimi anni sono segnati dalla disillusione e da un senso crescente di isolamento: gli ideali artistici di Bach sono sempre meno in sintonia col clima illuministico che si viene diffondendo nel Paese e che determina anche a Lipsia una inesorabile erosione della tradizione evangelico-luterana. Si viene affermando una nuova cultura musicale, sostanzialmente laica e aperta al mercato: quella in cui ancora viviamo.
Nel 1747 Bach diviene membro della Società delle Scienze musicali fondata a Lipsia da Lorenz Christoph Mizler – dilettante di musica e allievo di Bach – per promuovere ricerche scientifiche sulla musica. Emblema di questa fase estrema, e insieme vertice della creatività bachiana, sono l’Offerta musicale e l’Arte della fuga. La prima, dedicata a re Federico II di Prussia, è una raccolta di 13 brani basati su un tema proposto a Bach dal re in persona durante un incontro avvenuto a Potsdam nel 1747. La seconda, rimasta incompiuta, è una summa delle più disparate tecniche contrappuntistiche, in cui giunge al più alto livello d’arte e di dottrina la concezione bachiana della musica come scienza rigorosa. Tutti gli artifici compositivi elaborati nel corso di una tradizione di tre secoli, giunta ormai alla conclusione, vi sono mobilitati per dar vita a un tessuto sonoro la cui organizzazione compositiva non lascia spazio alcuno al caso e suscita in pari tempo l’impressione di un’attonita contemplazione del mistero del suono.
Fattori costitutivi dell’opera di Bach
Se Bach dev’essere compreso a partire dalla posizione unica che occupa nel divenire della musica europea, a cavallo fra due mondi, vari sono i fattori che concorrono a determinare la peculiare fisionomia della sua opera. Il primo è l’intrecciarsi di attività produttiva e lavoro pubblico.La straordinaria varietà della produzione di Bach è determinata in ampia misura dagli obblighi derivanti dai suoi incarichi professionali, che lo portano a spaziare negli ambiti più diversi (se a Köthen prevale la produzione strumentale, a Lipsia viceversa il compositore si trova a dover scrivere per la chiesa di San Tommaso una nuova cantata sacra ogni settimana).
Il secondo fattore è l’assorbimento sistematico delle tecniche compositive più diverse. L’opera di Bach è una sintesi ideale dei generi e degli stili del suo tempo, con la sola eccezione del teatro musicale, dove invece eccelle il suo grande contemporaneo Händel. Tra Sei e Settecento è in auge una consolidata divisione degli stili musicali, classificati per nazioni (stile italiano, francese, tedesco) a ciascuno dei quali corrispondono moduli compositivi ben definiti. Spinto da una inesausta curiosità Bach già da ragazzo ricopia per uso personale i Fiori musicali di Frescobaldi e si familiarizza ulteriormente con lo stile italiano – basato sulla plasticità ritmica e la cantabilità ariosa – trascrivendo per organo i concerti di Vivaldi e utilizzandone l’idioma in composizioni proprie (Concerto italiano per clavicembalo); oppure modella sullo stile francese – caratterizzato dall’uso frequente di note puntate, dal tono solenne, dall’inserimento di danze tipiche come la bourrée, la sarabanda, la giga, il minuetto – le quattro ouvertures per orchestra scritte a Köthen e le Suites francesi, ancora per clavicembalo.
Il terzo fattore risiede nell’abilità tecnica che la musica di Bach richiede all’esecutore. Bach è un virtuoso eccezionale e, nel corso della sua attività di direttore di gruppi vocali e strumentali, esige dai suoi collaboratori il massimo impegno. La sua musica, non solo quella per gli strumenti di cui è maestro, appare sin dall’inizio estremamente difficile sul piano tecnico.
Esempi di quest’arte strumentale sono le Suite per violoncello, le sonate e partite per violino, e nell’ambito della produzione orchestrale i sei Concerti brandeburghesi, dedicati al margravio del Brandeburgo. In queste opere, che risalgono al periodo di Köthen, Bach esplora le peculiarità timbriche e tecniche degli strumenti e spinge la scrittura sino ai limiti estremi delle possibilità esecutive. Il principio dell’imitazione e lo stile fugato dominano costantemente, persino nei brani di maggior abbandono lirico, come per esempio il secondo movimento del Concerto in Re minore per due violini e orchestra.
Bach e il sacro
Il cuore spirituale dell’opera bachiana è rappresentato però dal rapporto del compositore con il protestantesimo. Bach nasce e viene educato nell’orizzonte dell’ortodossia luterana – a scuola studia i manuali di Hutter e Comenio, i pilastri della dottrina riformata – e sviluppa una concezione della vita dominata dalla centralità dell’esperienza religiosa. L’attenzione per il corale luterano, introdotto dallo stesso padre della Riforma nella nuova liturgia e arricchitosi nei secoli in una ininterrotta catena, è costante in tutta la carriera di Bach. Egli trascrive, elabora, adatta il patrimonio dei corali per lo strumento prediletto, l’organo; sopravvivono circa 170 di queste elaborazioni, di cui si giova largamente nelle composizioni sacre: corali a più voci figurano in numerosissime cantate e in tutte le Passioni.
Ma la centralità della dimensione religiosa si riverbera anche sulla concezione bachiana della musica, profondamente influenzata da una visione teocentrica e simbolistica. Le sue composizioni, soprattutto quelle sacre, rivelano all’analisi una stupefacente varietà di simboli e di figure “retoriche”, cioè di precisi moduli compositivi (uso delle dissonanze, configurazioni melodiche, disposizione delle parti) introdotti allo scopo di commentare, esplicare, interpretare il testo musicato sulla base di complessi legami analogici. Si tratta di una sorta di esegesi sonora del testo sacro, di una vera e propria teologia tradotta in musica. Anche in questo Bach si dimostra erede di una lunga tradizione, che rimonta agli inizi del XVII secolo e trova in lui uno degli ultimi estensori, e certo il più grande.