SAAZ, Johannes da
Autore del contrasto Der Ackermann aus Böhmen. K. Burdach esclude l'identificazione con Johannes de Tepla, propone quella con un nobile Johannes Pflug von Rabenstein, che appare nella cancelleria imperiale di Praga il 1384, oppure col cancelliere di Saaz, Johannes de Sytbor; A. Bernt, escludendo il Rabenstein, identifica Johannes de Tepla con Johannes de Sytbor: cancelliere dal 1383 in Saaz (Žuatec, Boemia) e rettore di quella scuola, cancelliere nel 1411 nella Città nuova in Praga. Comunque sia, certo è che l'autore dell'Ackermann si chiamò Johannes, visse in Saaz, dove il 2 agosto 1400 gli morì la moglie Margherita e dove compose questo dialogo; esperto della contemporanea prosa d'arte latina, fu uno stilista virtuoso, umanista ammiratore della cultura antica, non ignaro della poesia lirica e didattica tedesca medievale.
Il motivo astratto del contrasto con la morte e la stessa forma letteraria del contrasto non erano certo nuovi; l'immagine dell'aratore, simboleggiante l'umana natura, in ultima analisi biblica, deriva più immediatamente dal Piers the plowman dell'inglese W. Langland; elementi di costruzione formale derivano da Boezio. Ma nuovi sono lo stile, la costruzione, lo spirito.
Il lessico scelto, ricco, mirante, con l'abbondanza dei sinonimi, a effetti d'eleganza, il periodare largo a proposizioni parallele, la prosa ritmata, servono a una virtuosa stilizzazione, medievale e umanistica insieme per forme e per spiriti, della passione per la moglie morta; mentre la costruzione, semplice eppure sapientemente calcolata, solleva via via il contrasto fra l'Aratore e la Morte da una contesa a una disputa nella quale l'Aratore, che si sente rappresentante del genere umano e cui la vita è gioia, contrappone alla concezione rigoristico-ascetica medievale-chiesastica, rappresentata dalla Morte, la celebrazione dell'uomo, buono per natura, bello di corpo, signore di tutte le creature, capace di sollevarsi col suo pensiero all'idea della divinità e anche oltre; e il concetto platonico del circolo vitale, della trasmutazione e rinascita di tutte le cose, della preesistenza dell'anima. La preghiera con la quale Johannes si volge a Gesù perché accolga nel suo regno l'anima della sua morta donna riceve dalla lunga enumerazione degli attributi divini un effetto di grande intensità, forma un bel parallelo con l'inizio, risolve nell'invocazione di Dio il contrasto precedente.
Spiriti, dunque, umanistici aleggiano nell'Ackermann, e, insieme, di libera religiosità. Primo monumento della nuova lingua letteraria formatasi nella cancelleria praghense e, insieme, della prosa tedesca d'arte, l'Achermann è lo scritto più originale del primo umanesimo tedesco. La persistenza di motivi medievali e l'interesse religioso riflettono a loro volta la temperie religioso-teologizzante del paese in cui sorse. L'operetta fu nel Quattrocento assai letta anche nella Germania sud-occidentale, ed esercitò un'influenza sull'umanesimo svevo.
Ediz.: maior a cura di K. Burdach e A. Bernt, Berlino 1917; minor di A. Bernt, Heidelberg 1929.
Bibl.: K. Burdach, Der Dichter des "Ackermann aus Böhmen" und seine Zeit, Berlino 1926-32; id., Vorspiel, I, ii, Halle 1925, pp. 219-20; id., Platonische, freireligiöse und persönliche Züge im "Ackermann aus Böhmen", nei Rendiconti dell'Accademia prussiana, classe filos.-stor., 1933, pp. 610-75 (con la bibl. dei precedenti scritti del B.); A. Bernt, Forschungen zum "Ackermann aus Böhmen", in Zeitschrift f. deutsche Philologie, LV (1930), pp. 160-208, 301-37. Sulla persona di Johannes: K. Beer, Neue Forschungen über den Schöpfer des Dialogs "Der Ackermann aus Böhmen", in Jahrbuch des Vereins f. die Geschichte der Deutschen in Böhmen, III (1932), pp. 1-56; W. Rehm, Zur Gestaltung des Todesgedankens bei Petrarca und J. v. S., in Deutsche Vierteljahrsschrift f. Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, 1927, p. 431 segg.