GODENDACH (Bonadies, Godendag, Goodendag, Gutentag), Johannes
Scarse sono le notizie concernenti la vita e le origini di questo frate carmelitano, teorico e compositore, vissuto in Italia nella seconda metà del Quattrocento. G.B. Archetti, un bibliografo dell'Ordine del sec. XVIII, lo ricorda semplicemente come "Bonadies, musicus Italus", senza ulteriori informazioni biografiche. Nel codice 117 della Biblioteca comunale di Faenza, alla cui redazione è legata la sua fama, il G. si firma sempre come "Bonadies", né esistono documenti coevi che attestino la sua origine nordica.
J.N. Forkel sostiene che "Bonadies" è la traduzione latina del tedesco "Godendach", usando come fonte una biografia di Gaffurio, oggi perduta, scritta forse nel sec. XVI da un certo Pantaleon Melegulus (anche Miligurus), in cui il G. viene indicato come maestro del famoso teorico lodigiano. Tale fonte risulta ancor più attendibile considerando che Melegulus era anch'egli di Lodi. Sul fatto che il frate carmelitano sia stato l'insegnante di Gaffurio non sussistono dubbi: egli stesso lo definisce "Bonadies, praeceptor meus" in un passo della sua Practica musicae. Prima di Forkel anche Ch. Burney (General History of music, III, London 1789, p. 152) indica in Bonadies-Goodenach (storpiando la grafia del cognome) il maestro di Gaffurio. Successivamente, la tesi dell'origine tedesca è riproposta da F.-J. Fétis nella sua Biographie universelle des musiciens: curiosamente, le voci Bonadies e Godendag rimandano alla voce Gutentag, che però non compare nel testo dell'opera, né nel relativo Supplément a cura di A. Pougin. Fétis lo cita anche come "Godendach" nella voce biografica relativa a Gaffurio, e altrove, parlando di J. Tinctoris, definisce il G. "moine allemand". A favore di una sua origine tedesca sono anche H. Riemann e B. Zimmerman.
Lo studioso che ha affrontato in modo esaustivo le origini di questo frate carmelitano è stato C. van den Borren, che lo ritiene un fiammingo, e propone "Goedendag" come versione esatta del suo cognome. La tesi dell'origine fiamminga sembra essere oggi quella più accettata: l'hanno sostenuta, in tempi recenti, anche Luisa Zanoncelli e F. Luisi, nelle voci biografiche dedicate, rispettivamente, a Gaffurio e allo stesso Bonadies, nel Diz. univ. della musica e dei musicisti. Sembra propendervi anche lo studioso carmelitano P. Mirck, il quale, pur parlando genericamente di "origine non italiana", sottolinea come la notazione delle musiche contenute nel cod. 117 segua il metodo fiammingo della fine del secolo XV. Luisi (sub voceHothby, John, in Diz. univ. della musica e dei musicisti) afferma che lo Hothby fu insegnante del G. a Lucca, informazione ripresa da B. Blackburn (New Grove Dict. of music and musicians, 2a ed., 2001).
A livello biografico, disponiamo con certezza solo delle notizie che lo stesso G. fornisce nel corso della redazione del citato codice.
Dopo aver copiato le Regule artis cantus plani di Johannes de Muris (pp. 26-29) annota: "et sic finis per me fratrem Joannem Bonadies in conventu Mantue 1473, 4 octobris, hora 15"; dopo il trattato De proportionibus di Johannes Ciconia (pp. 32-36), analogamente scrive: "Padue per me fratrem Jo. Bo. 1473, 20 novembris". Dopo il trattato anonimo Regule de arte mensurabili (pp. 37-39) si legge: "Jo. Bo. Deo dante in conventu Regij 1474, 17 septembris"; di seguito al trattato Regule super proportioneset cantum figuratum di John Hothby (pp. 40-42) compare la frase "Et sic finis per me fratrem Jo. Bo. in conventu Regij hora prima noctis 1474 die 20 septembris". Infine, dopo il trattato De proportionibus di Jacobus de Regio (pp. 52 s.) è annotato "Et sic finis, ad laudem Dei, per me fratrem Jo. Bonadies in conventu Regij post Vesperas 1474, 14 septembris": il fatto che questa data, anteriore alle precedenti, sia scritta su una pagina di numerazione superiore, dipende evidentemente dall'impaginatura del codice (si sono riportati i titoli dei trattati quali compaiono nel codice stesso, secondo l'elenco fornito da G. Roncaglia).
Pertanto, da quanto citato, si apprende che il G. fu nel convento carmelitano di Mantova e forse in quello di Padova rispettivamente nell'ottobre e nel novembre 1473, nel convento di Reggio Emilia il 14, 17 e 20 sett. 1474. Inoltre era stato insegnante di musica di Gaffurio, presso il convento benedettino di S. Pietro in Lodi, in un periodo presumibilmente precedente, poiché quest'ultimo divenne sacerdote nel 1473-74, e subito dopo svolse la sua attività a Mantova, presso la corte dei Gonzaga.
Roncaglia ci descrive il G. come un musico-cantore occupato a concertare, dirigere e cantare in funzioni religiose presso diverse chiese e conventi, e attento compilatore, negli intervalli di tempo libero, del codice legato al suo nome, in cui copiava "quanto di buono gli capitava fra mano dei compositori e dei teorici più reputati, fra i quali egli sembra aver prediletto l'Hothbi" (Roncaglia, pp. 39 s.).
Il codice 117 della Biblioteca comunale di Faenza (anche conosciuto come CodexBonadies o CodexFaenza) ha un formato di cm 24,4 × 17,5, reca sulla c. 1r la segnatura F.1.39 - n. 1024, si compone di 97 carte di pergamena, di cui la prima e l'ultima fungono da copertina, ed è intitolato Regulae cantus. Possiede una doppia numerazione, cioè secondo i folia e secondo le pagine, ma quest'ultima è, a detta di D. Plamenac, più recente. Dall'epoca del G. fino agli anni Sessanta dell'Ottocento il codice appartenne al chiostro carmelitano di S. Paolo in Ferrara, poi se ne persero le tracce per circa vent'anni, e intorno al 1889 esso ricomparve nella Biblioteca comunale di Faenza. Traccia di questo passaggio è, secondo Roncaglia, il rettangolo ritagliato in basso sulla prima carta del manoscritto, forse per rimuovere il timbro originale. A. Cicognani lo visionò a Faenza nel 1889, su invito dell'allora bibliotecario D.A. Verna, dedicandogli poi un articolo sulla Gazzetta musicale di Milano. Nel 1753 padre G.B. Martini aveva copiato parte del codice, privilegiando i trattati (la copia è oggi conservata al Civico Museo bibliografico musicale di Bologna, cod. A.32, sez. 2a). È stato Roncaglia a dimostrare, nel 1939, l'identità tra il codice ferrarese copiato dal Martini, erroneamente ritenuto perduto, e il codice faentino.
Il cod. 117 contiene più di venti trascrizioni strumentali di note composizioni vocali profane del repertorio italiano e francese del XIV secolo (tra esse, 5 di Jacopo da Bologna, 3 di Bartolino da Padova, 2 di Francesco Landini, 2 di Antonio Zaccaria da Teramo, e le ballate Honte paour e De toutes flours di G. de Machaut); un rilevante numero di trattati teorici del secolo XV; musica pratica sacra e profana dei secoli XIV e XV in notazione sia nera sia bianca, su un sistema di sei righe tracciate in rosso (tra le composizioni con indicazione d'autore, 9 sono di J. Hothby, 5 di J. de Erfordia, 5 di B. Ycart e una dello stesso G.); due serie di Kyrie-Gloria (che occupano rispettivamente cc. 2r-5r e 77r-81v) basate sul cantus firmus della messa gregoriana IV Cunctipotens Genitor Deus, nella forma della messa per organo in stile alternatim (cfr. Plamenac, 1952, pp. 314 s.). In linea generale, il codice può essere suddiviso in due parti, entrambe concluse da un "Benedicamus Domino": nella prima (cc. 2r-58r) risultano predominanti i brani di origine francese, nella seconda (cc. 68r-97v) quelli di derivazione italiana.
L'unica composizione attribuibile con certezza al G. è un breve Kyrie-Christe-Kyrie a 2 voci (Ch. Burney fa risalire la stesura al 1473). Esso, in origine, era stato pensato per tre voci, ma della terza è rimasto solo il termine "contratenor". A margine si trova l'indicazione "cantetur cum organo". Tale Kyrie, già inserito nel 1753 da padre Martini nella sua copia incompleta del codice, fu da lui riprodotto nel primo volume della sua Storia della musica (Bologna 1757, in realtà 1761, p. 188). Analogamente, lo hanno riportato F.W. Marpurg nelle sue Kritische Briefe (II, lettera 95), e J.N. Forkel.
Risulta dunque evidente l'importanza rivestita dal codice in più direzioni: esso offre un ampio spaccato della trattatistica dell'epoca, fornisce un determinante contributo alla conoscenza dell'evoluzione della messa per organo in stile alternatim e, soprattutto, costituisce un documento unico sulla pratica strumentale da tasto del periodo tardogotico.
Oltre quelli menzionati in precedenza, il codice contiene i trattati: Ars practica mensurabilis cantus e Ars contrapuncti di J. de Muris; Regule super contrapunctum e Regule de monocordo manuali di J. Hothby; Regule (sulla musica mensurale) di Nicasius Weyts; in aggiunta, Manus in dyatonico genere divisa di padre Bartholomeus, segni musicali di "misura", "perfezione" e "imperfezione", secondo le teorie di Guglielmo Monaco, e ulteriori indicazioni di teoria mensurale secondo Hothby. Luisi segnala anche De diversis figuris di Filippo da Caserta e De modis di Franco, che però non risultano nell'elenco di Roncaglia.
Quanto alle trascrizioni strumentali, ampio è stato il dibattito sulle modalità esecutive: hanno formulato ipotesi a riguardo, tra gli altri, K. Jeppesen (strumenti a fiato) e D. Plamenac (strumento a tastiera, con maggiore probabilità un organo positivo). La questione sembra oggi approdata a fondata soluzione, anche dopo la pubblicazione della fondamentale monografia Die Tastenmusik im Codex Faenza di M. Kugler (1972), in cui ciascun brano è corredato di uno studio critico e della relativa trascrizione.
Altra questione è legata alla presunta "doppia mano" ravvisabile nel codice. In virtù del contributo di Roncaglia e di studi successivi, oggi si ritiene che solo la copiatura dei trattati e delle composizioni in notazione bianca sia dovuta al G., mentre il resto sarebbe da attribuire a un esperto copista. Quest'ultimo, secondo Roncaglia, avrebbe redatto anche, in carattere gotico puro, gli incipit testuali e le ricorrenti indicazioni "secunda pars", "tertia pars", "clos", "volta".
Alla luce di quanto esposto, risulta evidente come il cod. 117 della Biblioteca comunale di Faenza compilato dal G. sia un documento d'interesse unico nel panorama storico-musicale dei secoli XIV e XV. Come afferma Plamenac, "its importance with respect to French and Italian music of the 14th century, the generations of Machaut and Landini, is about as great as is the importance of the most distinguished monument of German organ tablature of the mid-15th century, the Buxheim Organ Book, with respect to the generation of Dufay and Binchois" (Plamenac, 1951, p. 189).
Fonti e Bibl.: J.N. Forkel, Allgemeine Geschichte der Musik, II, Leipzig 1801, p. 670; A. Cicognani, Intorno ad un antico manoscritto musicale, in Gazzetta musicale di Milano, 1° sett. 1889, p. 570; B. Zimmerman, La cultura musicale, in Riv. stor. carmelitana, I (1929-30), pp. 168 ss.; G. Roncaglia, Intorno ad un codice di J. Bonadies, in Atti e memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, s. 5, IV (1939), pp. 31-43; Ch. van den Borren, Le Codex de J. Bonadies, musicien du XVe siècle, in Revue belge d'archéologie et d'histoire de l'art, X (1940), 4, pp. 251-261; K. Jeppesen, Die italienische Orgelmusik am Anfang des Cinquecento, Copenhagen 1943, pp. 16 s.; D. Plamenac, Keyboard music of the 14th century in Codex Faenza 117, in Journal of the American Musicological Society, IV (1951), 3, pp. 179-201; Id., New light on Codex Faenza 117, in KongressberichtUtrecht 1952, in International Musicological Society: Congress Report, V, pp. 310-326; Prudentius Mirck, Bibliotheca Carmelitana musices, in Carmelus, V (1958), pp. 106-108; M. Kugler, Die Tastenmusik im Codex Faenza, Tutzing 1972; O. Mischiati, Indice descrittivo del manoscritto 117 della Biblioteca comunale di Faenza, in L'Organo, XX (1982), pp. 3-35; T. McGee, Instruments and the Faenza Codex, in Early Music, XIV (1986), pp. 480-490; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 640; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, III, coll. 1709-1714 (s.v. Faenza, Codex 117); Enc. della musica Ricordi, II, p. 329; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, I, pp. 605 s. (s.v. Bonadies, J.); III, pp. 89-91 (s.v. Gaffurius, Franchinus); Ibid., Il lessico, II, p. 196 (s.v. Faenza, Codex 117); The new Grove Dict. of music and musicians (2ª ed., 2001), XXIII, p. 911 (s.v.Sources, MS); XXIV, p. 20 (s.v. Sources of keyboard music to 1660); Indice biografico italiano, 1993, fiches 174, 324 s. (s.v. Bonadies, Johannes).