HINDERBACH, Johannes
Nacque il 15 ag. 1418 a Rauschenberg, città dell'Assia Superiore a nord di Marburgo.
Il padre, Johann Scheib, era scabino, la madre proveniva da una famiglia di discreto prestigio sociale, che contava fra i suoi membri alcuni docenti dell'Università di Vienna, primo fra tutti il teologo Heinrich von Langenstein (m. 1397).
Alla morte precoce dei genitori l'H. fu accolto insieme con i fratelli dai nonni materni, e proprio in seguito a tale adozione mutò il cognome paterno Scheib in quello della madre, Hinderbach. Il gruppo familiare materno costituì la rete sociale che consentì al giovane H. di muoversi precocemente, a Vienna, sia all'interno della corte asburgica sia all'Università e nel sistema beneficiale. Fu in particolare lo zio Dietmar, docente e rettore a più riprese dell'Università rudolfina nonché canonico dell'importante Chiesa episcopale di Passavia, a indirizzare il nipote nella carriera. Durante il rettorato dello zio, nel semestre invernale 1434-35, l'H. s'immatricolò all'Università di Vienna, dove frequentò i corsi nella facoltà delle arti e conseguì il baccalaureato nel 1437. Ottenuto il titolo di magister artium, si avviò agli studi giuridici nella locale facoltà di giurisprudenza, che frequentò quasi per un biennio prima di passare allo Studio di Padova. Qui seguì docenti di vaglia, come Jacopo Zocchi, Francesco Capodilista, Paolo d'Arezzo e soprattutto Antonio Roselli, venerato e apprezzato dall'H. anche nella maturità.
Accanto allo studio diligente, testimoniato da quattro ponderosi volumi di appunti universitari (recollecta), l'H. partecipò attivamente alla vita universitaria, svolgendo funzioni di rilievo entro gli organismi accademici: fra il 1441 e il 1442 fu vicedominus del rettore, veste nella quale esercitò funzioni giudiziarie; nel 1442 fu procurator e nel 1443 fece parte della delegazione inviata a Venezia per la conferma degli statuti dello Studium, statuti che era stato anche incaricato di riesaminare. Numerose altre testimonianze confermano il ruolo da protagonista svolto dall'H. nello Studio e all'interno della sua natio, un ruolo che gli permise di entrare in relazione con un gruppo d'intellettuali legati alla corte imperiale, impegnati nella politica attiva e coinvolti nei problemi sollevati e dibattuti al contemporaneo concilio di Basilea quali Antonio Roselli, Giovanni Francesco Capodilista e Simone De Lellis.
Durante gli studi l'H. aveva goduto del beneficio della chiesa parrocchiale di S. Agata in Hausleiten. Nel 1449 aveva potuto acquisire la parrocchia di Mödling, nei pressi di Vienna, dove, ordinato sacerdote dopo la formazione ecclesiastica nella collegiata di Ardagger (Austria Inferiore), celebrò nel 1450 la sua prima messa.
Nel 1452, durante una cerimonia particolarmente fastosa, alla presenza di Federico III d'Asburgo, diretto a Roma per l'incoronazione imperiale e per le nozze con Eleonora di Portogallo, l'H. conseguì il dottorato in diritto canonico; nonostante la frequenza ai corsi in diritto civile, solo alcuni anni più tardi egli si sarebbe fregiato del titolo di dottore in utroque, acquisito in circostanze ignote.
Le relazioni dell'H. con la corte asburgica risalivano però a parecchi anni addietro: alcuni indizi inducono a ritenere che egli fosse entrato in contatto già con la Cancelleria di Alberto II d'Asburgo (1438-39), ma è certo che almeno dal 1448 egli era al servizio di Federico III, con funzioni di secretarius, consigliere e ambasciatore. Assegnato nel 1452 al corteggio di Eleonora di Portogallo, da quel momento egli ricoprì funzioni di cancelliere e consigliere sia per l'imperatore sia per l'imperatrice.
Nel 1455, dopo il Romzug del 1452, l'H. fu inviato nuovamente a Roma, come membro della delegazione che doveva prestare, a nome di Federico III, il giuramento di obbedienza al papa neoeletto, Callisto III.
A capo della legazione imperiale era Enea Silvio Piccolomini; intensi legami d'amicizia s'erano instaurati con quest'ultimo fin dai tempi della sua presenza alla corte e alla Cancelleria imperiale; fra i due i contatti, gli scambi d'informazioni e di favori (specie in fatto di benefici) sarebbero stati intensi tanto quanto le relazioni culturali, testimoniate dall'epistolario del Piccolomini e da numerose annotazioni apposte dall'H. ai manoscritti della sua biblioteca.
Nel 1459 l'H. fece parte della delegazione inviata da Federico III al neoeletto pontefice Pio II Piccolomini, e anzi in quell'occasione fu lui a pronunciare l'oratio ufficiale (edita da A.A. Strnad, 1967). Anche in seguito l'H. fu a Roma come legato dell'imperatore (nel 1464-65 e nel 1469), con soggiorni anche prolungati che gli consentirono di ampliare le relazioni personali con esponenti della corte papale - dai cardinali ai procuratori di Curia - e di coltivare i propri interessi letterari, antiquari, storici.
Le incombenze svolte a nome dell'imperatore furono numerose, delicate, diversificate. L'H. fu un tipico "consigliere dotto" (gelehrter Rat), cioè uno di quei collaboratori dotati di una qualificazione universitaria in campo giuridico, attivi come consiglieri o segretari imperiali e presenti nella Cancelleria, nel tribunale o nel fiscalato: un gruppo di "politici di professione", che esercitarono un'attività allargata di diritto e amministrazione. L'attività politica dell'H. non fu comunque disgiunta dalla carriera ecclesiastica: specie durante i suoi soggiorni a Roma come legato imperiale, l'H. s'impegnò ad accumulare benefici che garantissero il sostentamento suo e del fratello chierico, Konrad.
La morte di Niccolò da Cusa nel 1464 destò in lui l'ambizione a succedergli sulla cattedra di Bressanone, ma, nonostante l'appoggio dell'imperatrice Eleonora, il tentativo fallì. L'aspirazione a una cattedra episcopale si realizzò poco dopo, quando il 30 agosto 1465 il capitolo dei canonici della cattedrale di Trento lo elesse vescovo di quella città. La conferma papale dell'elezione fu molto contrastata e si fece attendere fino al 12 maggio 1466. Pochi mesi dopo l'H. fece il solenne ingresso nella diocesi di Trento per assumerne il governo spirituale, ma solo nel 1468 poté conseguire il potere temporale inerente alla sua carica di principe-vescovo, con l'ingresso nel castello del Buonconsiglio. L'investitura delle regalie avvenne il 13 febbr. 1469 a Venezia, in occasione del secondo viaggio a Roma di Federico III.
Benché residente ormai in Trento, a servizio del suo imperatore l'H. continuò a svolgere una discreta attività diplomatica: nell'autunno del 1469 lo rappresentò al congresso tenutosi a Roma, un precedente importante per comprendere l'incarico che poco dopo lo stesso Federico III gli avrebbe affidato: alla grande Dieta di Ratisbona del 1471, cui l'imperatore partecipò personalmente, l'H. fu portavoce imperiale, "organum imperatoris", come ebbe a scrivere egli stesso in una nota. Nel 1474 partecipò anche alla Dieta di Augusta (ricordando il terremoto che l'aveva disturbata), ma l'attività di principe e di vescovo a Trento finì con l'assorbirlo, specie dopo che le sue ambizioni al cardinalato (1471) erano state ormai frustrate.
A Trento l'H. dovette impegnarsi nel recupero dei diritti della sua sede, compromessi durante il governo del suo predecessore. Con le cosiddette "compattate" del 1468 l'H. fu costretto ad accettare il condizionamento politico e militare del duca Sigismondo d'Austria-Tirolo, ma s'impegnò tenacemente a difendere le proprie prerogative nei confronti tanto dei poteri esterni concorrenti (oltre a Sigismondo, la Repubblica di Venezia a Sud), quanto di signori e Comunità. Egli si distinse per un'oculata amministrazione, fondata sulla puntigliosa revisione dei diritti dell'episcopato allo scopo di recuperare, laddove possibile, beni, giurisdizioni e funzioni via via usurpate da laici e chierici. Per questo egli lesse, controllò e postillò documenti e registri dell'archivio vescovile, avvalendosi di una formazione giuridica e diplomatistica raffinata, che sapeva valorizzare gli elementi storici e stilistici della documentazione esaminata.
Le tracce di attività sinodale (1466), le indicazioni indirette di visite pastorali (1472), le norme contro il concubinato laico ed ecclesiastico (1472) confermano il suo zelo pastorale, orientato soprattutto al miglioramento dei costumi del clero diocesano in cura d'anime. Sempre nell'ambito specifico del suo governo episcopale va segnalata l'esistenza dei primi "Registri di ammissione in diocesi dei preti e frati forestieri" (dal 1478) e di registri di consacrazione agli ordini sacri, che insieme confermano i suoi sforzi di ordinata amministrazione quale base imprescindibile di "buon governo".
La sua attività pastorale fu caratterizzata dall'impegno nel favorire la venerazione delle reliquie e dallo scrupolo nella corretta celebrazione del culto, che corrispondevano a una religiosità personale plasmata dall'agiografia e dalla liturgia.
Ne sono testimonianza i numerosi testi presenti nella sua biblioteca, da lui letti, riletti, annotati: accanto a breviari, omeliari, vite dei santi e altre opere di argomento sacro, tale collezione libraria mostra i vasti interessi storici, geografici e letterari dell'H., appassionato collezionista di manoscritti e incunaboli, di iscrizioni e di epigrammi. All'H. si deve non solo il progetto di una biblioteca vescovile, ma molto probabilmente anche l'introduzione a Trento della stampa (prime notizie dal 1475), un'arte che egli aveva conosciuto presumibilmente fin dagli anni Cinquanta alla corte imperiale e aveva potuto apprezzare con sicurezza a Roma negli anni Sessanta. Alla sua biblioteca appartennero alcune primizie editoriali come le Divinae Institutiones di Lattanzio o la preziosa editio princeps delle lettere di Girolamo, riviste e riordinate da Teodoro De Lellis, suo antico compagno di studi a Padova.
Dello strumento della stampa l'H. si servì anche in occasione della vicenda che più ha condizionato la sua fama presso i posteri, il supposto infanticidio rituale del 1475, divenuto occasione per una feroce persecuzione degli ebrei della comunità di Trento.
Il 26 marzo 1475 era stato ritrovato il cadavere di Simone, un bambino scomparso da alcuni giorni. Gli ebrei di Trento furono incriminati del presunto ratto e del presunto omicidio rituale. Nonostante l'inconsistenza degli indizi e l'inattendibilità di confessioni estorte con la tortura, gli ebrei furono riconosciuti colpevoli e condannati a morte. Il processo e le sentenze suscitarono vasta eco: un mese dopo l'esecuzione delle condanne (21 e 23 giugno), papa Sisto IV nominò un commissario con l'incarico d'indagare sui fatti e sul processo. A Trento il commissario, il domenicano Battista dei Giudici, dovette sperimentare l'ostilità dell'H. e l'esaltazione della popolazione, convinta che Simone fosse un martire da venerare al pari di un santo. Pertanto il Giudici si vide costretto a trasferirsi a Rovereto, nel territorio della Repubblica veneta, ove accolse le istanze dei difensori degli ebrei e nuove prove per la riapertura del processo. I risultati della sua inchiesta indussero Sisto IV a nominare una commissione cardinalizia che riesaminasse l'intera vicenda e si pronunciasse sulla legalità dei procedimenti giudiziari svoltisi a Trento. L'H. mise allora in moto tutte le sue amicizie alla Curia romana e fra giuristi, letterati e religiosi, dando vita a un'intensa attività propagandistica a difesa della correttezza dei processi trentini e per la beatificazione del supposto martire. Nel 1478, a conclusione dei lavori, la commissione cardinalizia evitò di pronunciarsi in merito alla causa (cioè sulla colpevolezza o meno degli ebrei e sul martirio di Simone), ma riconobbe la correttezza formale del processo. Benché il culto si fosse rapidamente diffuso, la santità del piccolo Simone non venne riconosciuta nemmeno negli anni successivi.
Oltre a questo caso, oggetto dell'attività di stampa a Trento fu anche la minaccia turca, il grande pericolo di cui l'H. aveva cominciato a occuparsi fin dalla caduta di Costantinopoli nel 1453 nelle legazioni e nei congressi e che ora, nei primi anni Settanta, sentiva incombere alle frontiere del territorio trentino-tirolese.
La canonizzazione del presunto martire Simone, i processi agli ebrei e le loro conseguenze presso la Curia apostolica assorbirono molte delle energie dell'H. negli anni successivi.
Egli morì a Trento il 21 sett. 1486, di colpo apoplettico, all'uscita dalla messa nel duomo, subito dopo il ritorno da Venezia, ove si era recato ancora una volta a nome dell'imperatore.
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