Cage, John
Compositore statunitense, nato a Los Angeles il 5 settembre 1912 e morto a New York il 12 agosto 1992. Personalità artistica e intellettuale articolata, C. ha esercitato una rilevante e duratura influenza non solo sul pensiero musicale, ma su settori ampi della cultura contemporanea, con conseguenze radicali sulle usuali concezioni dell'arte e della musica in particolare. Pur scrivendo solo in rare occasioni per il cinema, negli anni Quaranta, intrattenne con le arti visive nel loro complesso un rapporto intenso e articolato, che ha tra i suoi frutti più estremi il film senza soggetto One¹¹ (1992).
C. perseguì il superamento delle arbitrarietà insite tanto nei procedimenti compositivi tradizionali quanto nella pratica dell'improvvisazione e nello stesso atto dell'ascolto. La responsabilità del compositore risiede per lui "nel porre domande invece che nel fare delle scelte", nell'organizzare con sempre maggiore rigore l'evento musicale, fissandone i criteri piuttosto che determinandone i fenomeni. L'improvvisazione dev'essere 'liberata' dal gusto dell'esecutore grazie a situazioni governate da criteri rigorosamente casuali: un 'cambiamento della mente' che permetta di incorporare nell'esperienza musicale il silenzio (a partire da 4' 33'' del 1952), il rumore, l'osservazione libera e attenta dell'ambiente e dei propri atti. La varietà degli elementi musicali, materiali, ambientali, grafici ecc. introdotti appare funzionale a questo processo di apertura, cui corrisponde da parte del pubblico un ascolto nuovo, immune dalle imposizioni della consuetudine artistica: una pratica che consista nel 'fare esperienza' della musica piuttosto che capirla. Tra le linee di sviluppo nel lavoro di C., il ricorso al caso rappresentò una costante fin da Music of Changes (1951). Gli apporti dell'informatica permisero una sistematica estensione di questa 'disciplina dell'alea', grazie all'automazione delle operazioni casuali necessarie alla genesi del brano: così nacquero negli ultimi anni le cinque Europeras (1987-1991), confronto con le convenzioni e i cliché del melodramma europeo, e i number pieces inaugurati nel 1987 con Two per flauto e pianoforte (il titolo di ogni brano è costituito da un numerale, a indicare il numero di esecutori coinvolti, seguito da un esponente nel caso di più opere con la stessa ampiezza di organico), alla base dei quali è un unico programma informatico, suscettibile di infinite variazioni.
Nel lavoro di C., autore anche di opere visuali, l'attenzione alla dimensione visiva trovò spazio in molti modi, contribuendo a determinare i criteri di casualità nell'evento musicale, oppure entrando appieno nell'evento stesso o nella partitura. C. fu legato da un duraturo sodalizio artistico al coreografo Merce Cunningham. In questo quadro si inseriscono anche lavori per il cinema come Music for Marcel Duchamp (1947, per il film Dreams that money can buy, 1948, di Hans Richter) e le musiche per il film di Herbert Matter Works of Calder (1949-50). C. persegue in queste opere l'idea che film e musica debbano poter procedere in modo indipendente e, oltre a improvvisazioni al pianoforte preparato, utilizza suoni caratteristici di ciò che si vede, tuttavia "non in quanto effetti sonori ma in quanto sonoro strutturato" (in "Film culture", 1963, 29; trad. it. in Il grande occhio della notte, a cura di P. Bertetto, 1992, p. 260). Esempio unico nel quadro della produzione cinematografica, il 'film senza soggetto per cameraman solo' One¹¹ (prodotto e diretto da Henning Lohner) è tra gli ultimi number pieces di C. e può essere eseguito contemporaneamente a 103 per orchestra (1992) come One¹¹ and 103. Si tratta di un film astratto, nel quale convergono ancora gli elementi centrali della riflessione di C., come il ruolo di pubblico ed esecutori, il caso, la non intenzione, il silenzio. Privo di sviluppi ed eventi, si presenta come una meditazione sulla luce in quanto tale: per novanta minuti vengono proiettate su una superficie vuota posizioni e movimenti di luce, con varie gradazioni di buio e chiarore. Un'assoluta semplicità dei mezzi contraddistingue anche il brano per orchestra, e rigorosamente non intenzionali rimangono le interazioni fra i due eventi: l'attenzione dello spettatore, in assenza di qualsivoglia sviluppo narrativo, può dunque muoversi del tutto liberamente tra la dimensione uditiva e quella visiva.
H.-K. Metzger, John Cage. A proposito di morte, giudizio, One11 e 103, in "Musica/realtà", 1993, 40, pp. 83-91; S. Sanio, Cage als Filmkomponist, in "Positionen: Beiträge zur neuen Musik", 1994, 18, pp. 31-33.