Cassavetes, John
Regista, sceneggiatore e attore cinematografico, teatrale e televisivo statunitense, di origine greca, nato a New York il 9 dicembre 1929 e morto a Los Angeles il 3 febbraio 1989. A partire dalla fine degli anni Cinquanta e per il trentennio successivo, ideò un cinema magistralmente in equilibrio tra stilemi vicini alla produzione sperimentale e codici hollywoodiani, lavorando in un rapporto di stretta collaborazione con gli attori e realizzando un felice e singolare connubio tra cinema e teatro. Nel 1975 ricevette una nomination all'Oscar come miglior regista per il film A wom-an under the influence (1974; Una moglie), nel 1980 il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia per Gloria (Gloria ‒ Una notte d'estate), nel 1984 l'Orso d'oro al Festival di Berlino per Love streams (Love streams ‒ Scia d'amore), per il quale vinse anche un Nastro d'argento come migliore attore straniero.Nato da genitori greci (il padre era un uomo d'affari, la madre, Katherine, fu più volte attrice nei suoi film), C. studiò al Mohawk College e alla Colgate University, dove si laureò nel 1950, dedicandosi in particolare alla letteratura e al teatro. La passione per il teatro, rafforzata dai corsi frequentati presso l'American Academy of Dramatic Arts di New York, lo portò a lavorare per un breve periodo come assistente di scena a Broadway. Dopo aver partecipato ad alcune tournée teatrali, nel 1953 esordì come attore di cinema in Taxi di Gregory Ratoff; nello stesso anno debuttò anche come attore televisivo, attività che continuò a svolgere negli anni successivi con molte interpretazioni in celebri serie televisive (tra il 1953 e il 1957) e in film quali Edge of the city (1957; Nel fango della periferia) di Martin Ritt, The dirty dozen (1967; Quella sporca dozzina) di Robert Aldrich, o Rosemary's baby (1968) di Roman Polanski.
Nel 1954 sposò l'attrice Gena Rowlands, interprete di quasi tutti i suoi film, dalla cui unione nacquero tre figli, tra cui, nel 1959, Nicholas (detto Nick), anch'egli regista. Nel 1956, in parte influenzato dall'attività dell'Actors Studio di Lee Strasberg, ideò con l'amico Bert Lane il Drama Workshop di New York, e vi operò come insegnante. Il laboratorio di C. era rivolto ad attori semiprofessionisti e dilettanti e fu proprio sulla base del lavoro lì svolto che egli maturò il progetto della sua prima regia cinematografica, Shadows (1960; Ombre). Realizzato in due versioni ‒ una più breve in 16 mm, l'altra più lunga, gonfiata in 35 mm ‒ Shadows, che una didascalia finale definisce "un'improvvisazione filmica", consente di individuare il nucleo dello stile e del metodo di Cassavetes. Infatti in questo, come negli altri suoi film, la macchina da presa, spesso molto mobile, perlustra da vicino i volti e i corpi degli attori, registrandone sottilmente cambi di umore ed espressioni; il racconto, che si articola con una certa libertà intorno e attraverso i personaggi, procede con un ritmo sincopato (in Shad-ows, in particolare, alimentato dalla musica di Charles Mingus) sfociando sovente in un libero scatenamento dei conflitti interpersonali.
Shadows può essere considerato il primo momento di un dittico ideale, la cui seconda tappa fu il ben più tardo, ma a lungo progettato e avviato, Faces (1968; Volti). Per questo film in forma di pièce teatrale, più claustrofobico e stridente dell'opera prima (grazie all'uso del controluce e agli effetti di sfocatura), più lungo e con un forte senso di dilatazione del tempo, C. chiamò a raccolta un fedele gruppo di attori, a partire da Gena Rowlands e Seymour Cassel. Tra Shadows e Faces si collocano due film girati a Hollywood grazie al successo europeo del primo, nei quali lo stile del regista si espresse solo parzialmente: Too late blues (1962; Blues di mezzanotte) e A child is waiting (1963; Gli esclusi). Dopo Faces la filmografia di C. fu prevalentemente legata alla produzione indipendente, con l'eccezione di Gloria (che segnò il ritorno a Hollywood) e di Love streams, prodotto dal duo della Cannon Group, M. Golan e Y. Globus. Con Hus-bands (1970; Mariti) C. raffigurò ‒ sulla falsariga di Shad-ows ‒ le continue peregrinazioni di un gruppo di amici (interpretati dai fedeli Peter Falk e Ben Gazzara, e da lui stesso) sospesi tra (reale) inquietudine e (apparente) euforia. Con Minnie and Moskowitz (1971; Minnie e Moskowitz) rilesse la commedia classica alla maniera di Frank Capra, ma ricorrendo costantemente a uno sguardo mobile che minuziosamente seziona gli spazi, i volti e i corpi, lasciati estremamente liberi. Con il magnifico A woman under the influence rilesse il melodramma classico inserendolo in un ambito più realistico e socialmente connotato e offrendo un ritratto coniugale di grande durezza e intensità. Successivamente The killing of a Chinese bookie (1976; L'assassinio di un allibratore cinese) rappresentò l'incontro, molto personale, con il noir, ma con un andamento rallentato e una dilatazione temporale che concedono ampio spazio ai numeri degli spettacoli nella 'casa dei giochi' di Cosmo Vitelli (interpretato da Ben Gazzara con grande versatilità).L'universo dello spettacolo, e in primo luogo del teatro, continuò ad avere molta importanza nella drammaturgia di C., fino alla profonda riflessione di Opening night (1977; La sera della prima), grande esempio di teatro nel cinema e ritratto doloroso di un'attrice (Myrtle Gordon, interpretata da Gena Rowlands) che in un gioco di specchi tra la vita e la scena ritrova infine la forza di recitare. Ma l'opera che più reca i segni del 'mestiere' è forse Gloria, fuga frenetica nella giungla metropolitana: due figure costrette ai margini della società (una donna e un bambino) si perdono e si ritrovano, stabilendo un intenso rapporto che assume i connotati di una relazione madre-figlio. Sui rapporti familiari, il tema più ricorrente nel cinema di C., è incentrato anche Love streams, nato da una sua regia teatrale (1981) e da un testo di T. Allan, girato da un C. ormai minato dalla malattia, ma sempre capace di lasciare una particolare impronta. Immerso in toni di luce e colore assai calibrati, Love streams si chiude con un'inquadratura avvolta in un blu notturno, che coglie lo scrittore dandy Robert Harmon (lo stesso C.) immobile e pensoso oltre una vetrata, simbolo di un altro specchio, o sipario, o cornice, che al tempo stesso lega e separa la vita e la sua rappresentazione. Nel 1986 girò l'ultimo film, Big trouble (Il grande imbroglio), che però non riconobbe come suo per l'ingerenza della produzione.
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