Avildsen, John G.
Regista cinematografico statunitense, nato a Oak Park (Illinois) il 21 dicembre 1935. Dotato di piglio polemico e passione civile, ha saputo dirigere grandi attori (da Peter Boyle a Jack Lemmon, da Sylvester Stallone a Marlon Brando e John Belushi) in ritratti acuti e spietati della vita americana. Nel 1977 ha vinto l'Oscar per la regia di Rocky (1976).
Figlio di un piccolo industriale di Chicago, cominciò a lavorare come copywriter per un'agenzia di pubblicità. Realizzò per diversi anni spot pubblicitari, intraprendendo in parallelo una carriera nel mondo del cinema: iniziò, infatti, nel 1963 come assistente alla regia, divenendo poi produttore associato, aiuto regista (tra gli altri, di Otto Preminger) e direttore della fotografia; diresse nel frattempo vari cortometraggi. Come regista, dopo un paio di sexploitation movies, incontrò un grande e inaspettato successo di critica e di pubblico con Joe (1970; Joe ‒ La guerra del cittadino Joe), ritratto violento dell'America più intollerante, costruito con intensità descrittiva e stile energico intorno alla figura di un cittadino medio (interpretato da Peter Boyle), un operaio bigotto e reazionario, che odia i Neri e i diversi e aiuta un amico, agiato professionista, a riprendersi la figlia rifugiatasi in una comunità hippy. A. continuò su questa strada con Save the tiger (1973; Salvate la tigre), commedia sull'immoralità e il cinismo dell'America contemporanea con un superbo Jack Lemmon, che vinse l'Oscar, nel ruolo di un ricco commerciante in crisi d'identità. Tre anni più tardi, con Rocky, lanciò Sylvester Stallone (anche autore della sceneggiatura) nel firmamento hollywoodiano. La storia, realistica e spettacolare, del pugile proletario e perdente che, per amore e con la forza della volontà vuole battersi con il campione dei pesi massimi, fruttò tre Oscar (miglior film, regia e montaggio) al film, facendone uno dei maggiori incassi di tutti i tempi, e inaugurò inoltre una serie di grande successo, di cui lo stesso A. ha poi diretto l'ultimo episodio, Rocky V (1990). Il regista è stato inoltre il creatore di un altro fortunato filone commerciale raccontando la storia del rapporto tra un giovane, perseguitato da una banda di violenti coetanei, e un anziano maestro giapponese di arti marziali: The karate kid (1984; Per vincere domani) ha avuto infatti tre sequels, due dei quali diretti ancora da A., e ha incassato quasi 100 milioni di dollari.Autore eclettico ma discontinuo (in alcuni casi concentrato più sullo sviluppo del soggetto che sullo stile e sulla forma), A. ha fatto intravedere una personalità d'autore in alcuni film interessanti, anche se di disuguale qualità: W.W. and the Dixie Dancekings (1975; Un uomo da buttare), briosa e ironica commedia on the road con Burt Reynolds; Slow dancing in the big city (1978; Ballando lo slow nella grande città), favola sentimentale e strappalacrime; The formula (1980; La formula), fantapolitica e pretestuosa spy story con Marlon Brando; Neighbors (1981; I vicini di casa), commedia farsesca e livida, corroborata dalla travolgente energia di John Belushi; The power of one (1992; La forza del singolo), romanzo antirazzista traboccante di buoni sentimenti, ambientato nel Sudafrica degli anni Trenta. Ha realizzato nel 1999 Inferno, noto anche come Coyote moon (Fino all'inferno), con Jean-Claude Van Damme, un fiacco rifacimento in chiave moderna di Per un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone.