Landis, John
Regista, sceneggiatore e attore cinematografico statunitense, nato a Chicago il 3 agosto 1950. Giovanissimo esordiente all'inizio degli anni Settanta, nel periodo della cosiddetta New Hollywood, si è ben presto rivelato tra le figure più vivaci e interessanti del cinema americano degli anni Settanta e Ottanta, capace di proporre una propria idea di cinema, pur facendo spesso ricorso alla citazione o al remake o alla tecnica del 'cinema nel cinema'. L. ha scelto modelli ‒ anche extracinematografici ‒ innovativi per l'epoca, muovendosi dapprima nell'ambito del cinema demenziale, di cui è stato il maggior esponente, poi verso il recupero e la rilettura di molteplici generi codificati dalla cinematografia statunitense, dalla commedia al noir al film d'avventura.Cresciuto a Los Angeles, abbandonò la scuola a diciassette anni per impiegarsi come fattorino alla 20th Century-Fox. Divenuto regista della seconda unità in Messico per Catch-22 (1970; Comma 22) di Mike Nichols, trascorse poi due anni in Europa, in Iugoslavia, come assistente di produzione in Kelly's heroes (1970; I guerrieri) di Brian G. Hutton, e successivamente in Spagna, come dialoghista, stuntman e attore in western all'italiana di varie nazionalità. Tornato in patria, nel 1971 esordì nella regia con un'opera a basso costo, Schlock (Slok), uscita solo nel 1973, nella quale compare uno scimmione che evoca King Kong, figura ricorrente nel cinema di Landis. Il film riprende la storia classica della bella e la bestia, e introduce un altro tema tipico dell'opera del regista, quello del 'doppio', che assumerà varie configurazioni. Ma fin dall'inizio è il cinema stesso a rappresentare un doppio di sé, messo in scena, citato e parodiato. La comicità del primo L. è legata alla rivista di fumetti "National lampoon", ma anche a quella di una trasmissione televisiva quale Saturday night live, e risulta espressa, tra l'altro, anche come satira della logica televisiva, allorché in Kentucky fried movie (1977; Ridere per ridere) la struttura narrativa imita quella di una giornata-tipo della televisione americana, parodiandola e rappresentandola come doppio ingombrante. Il successivo National lampoon's animal house (1978; Animal house), di ambientazione studentesca, invece è un diretto riferimento allo spirito goliardico e al segno iconico della rivista. è stato con questo film, campione d'incassi, che L. si è affermato, lanciando anche importanti figure di nuovi comici come John Belushi. Con questo attore e con Dan Aykroyd L. ha realizzato nel 1980 un film di culto quale The Blues Brothers, impasto di road movie e film musicale, irriverente e divertente spaccato della realtà americana, non privo di un'amara riflessione sul confine tra legalità e illegalità, tra ordine e disordine. The Blues Brothers è stato uno dei grandi eventi del cinema contemporaneo, a cui L. ha fatto seguire altri due notevoli film: An American werewolf in London (1981; Un lupo mannaro americano a Londra) e Trading places (1983; Una poltrona per due). L'uno, omaggio al film horror, 'riletto' con grande sapienza visiva e narrativa e in stretto legame con il mito europeo dei licantropi, che L. aveva scoperto nel corso del suo soggiorno giovanile in Iugoslavia; l'altro, una commedia di 'doppi' e di ribaltamenti (il nero povero che prende il posto del bianco ricco), che evoca la screwball comedy ma anche la poetica di uno scrittore spesso di riferimento per L., M. Twain, con il suo costante ricorso alla parodia.
In quegli anni L. ha offerto il meglio di sé anche nella forma del video musicale, realizzando con Thriller (1983), capolavoro del genere, un vero e proprio cortometraggio cinematografico incentrato sull'omonimo brano di Michael Jackson, di forte impatto visivo e con una serie di numeri da grande musical d'epoca. Così è stato anche nell'episodio da lui firmato nel film collettivo Twilight zone ‒ The movie (1983; Ai confini della realtà), viaggio 'fantastico' (e 'alla Twain') nello spazio e nel tempo, nel quale ritorna un'altra presenza tipica nel cinema di L., quella del nazismo, quale emblema massimo della follia umana. Se ancora un segno di notevole vena può considerarsi un bel noir quale Into the night (1985; Tutto in una notte), storia rocambolesca di un nottambulo, successivamente la sua ispirazione si è indebolita, e spesso il regista ha riproposto forme e temi giunti già a eccellente compimento nella prima fase della sua carriera. Inimicatasi la grande produzione hollywoodiana, L. non ha più trovato nemmeno il seguito di pubblico prima per lui consueto, né l'apprezzamento critico che, specialmente in Europa, lo aveva consacrato uno dei cineasti di maggior valore nel cinema americano delle ultime generazioni. Brani efficaci si riscontrano tuttavia anche in Spies like us (1985; Spie come noi), omaggio al film d'avventura, in Three amigos! (1986; I tre amigos), che evoca il film d'animazione, in Coming to America (1988; Il principe cerca moglie), e soprattutto nello sfortunato e sottovalutato Innocent blood (1992; Amore all'ultimo morso), nuovo e originale omaggio al film horror e in particolare alla figura di Dracula, e in Susan's plan (1998; Delitto imperfetto), thriller volutamente sottotono, ma con tempi narrativi e umori di non trascurabile interesse, che negli Stati Uniti è stato però distribuito soltanto in televisione. Mentre Blues Brothers 2000 (1998; Blues Brothers ‒ Il mito continua) rappresenta solo un pallido riflesso del film di cui è il sequel.
Deux cinéastes chez Universal, éd. O. Assayas, in "Cahiers du cinéma", 1982, 337, pp. 50-57.
Y. Tobin, Trading places (Un fauteuil pour deux), in "Positif", 1984, 275, pp. 60-62.
G. Turroni, Una doppia riflessione, in "Filmcritica", 1984, 342, pp. 72-74.
M. Pistoia, Two of a kind. Il doppio nel cinema di John Landis, in "Cinema & cinema", 1990, 59, pp. 79-85.
F. Borin, John Landis (Circuito cinema, Quaderno 46), Venezia 1993.
A. Farina, John Landis, Milano 1995.