Austin, John Langshaw
Filosofo inglese (Lancaster 1911 - Oxford 1960). Fu professore di filosofia morale al Corpus Christi College di Oxford dal 1952 al 1960. Ha elaborato una forma peculiare di filosofia linguistica, per molti versi originale rispetto agli analoghi tentativi di Moore e Wittgenstein. L’analisi del linguaggio ordinario, secondo A., deve essere condotta in forma sistematica con lo scopo di recuperare attraverso essa le più profonde e significative distinzioni radicate nella concezione del mondo dell’uomo comune. Dopo aver raccolto dati sull’uso di una determinata area linguistica e averli confrontati con l’uso che si riscontra nella tradizione filosofica, A. procede alla costruzione di situazioni fittizie, nelle quali immagina le occasioni in cui si farebbe ricorso a specifiche espressioni linguistiche, chiarendone in tal modo le diverse sfumature di significato. Secondo A., infatti, il linguaggio ordinario, configurandosi come il risultato di lunghissime esperienze stratificate, presenta vaste e molteplici espressioni per descrivere una stessa area concettuale. Pertanto, la filosofia, nella sua indagine in tale area, non soltanto dovrebbe tener conto di tutto ciò, ma dovrebbe altresì assumere il linguaggio ordinario come il punto di partenza nella ricerca, al fine di epurarlo da errori e integrarlo. A. giunge così a distinguere i vari enunciati linguistici in constativi, ossia descrittivi, tali da poter essere veri o falsi, e performativi, enunciati che si risolvono in un’azione o che ne determinano in qualche modo il compimento, e che, pertanto, non essendo descrittivi, non possono essere veri o falsi, ma, dal momento che compiono un’azione, possono essere «invalidi» nelle circostanze o nelle condizioni non adatte e non appropriate all’enunciato. In tal modo, superando una visione puramente formale, A. evidenzia e attribuisce grande rilievo agli aspetti pragmatici del linguaggio, considerato in primo luogo come attività sociale razionale. A. specifica inoltre che le espressioni linguistiche si distinguono non tenendo conto esclusivamente delle informazioni che con esse si comunicano (atto locutivo), ma considerando anche le particolari azioni che con esse si realizzano (atto illocutivo; per es., l’asserire, il comandare, il prescrivere, ecc.) e i diversi effetti che esse producono negli ascoltatori (atto perlocutivo). A. procede anche a un’ulteriore classificazione degli atti illocutivi, distinguendoli in cinque categorie: verdittivi, attraverso i quali si giudica su questioni di fatto o di valore; esercitivi, con cui si comunica una decisione; commissivi, funzionali a prendere un impegno con l’interlocutore; comportativi, che generalmente esprimono comportamenti; espositivi, ossia le affermazioni. Tra le sue opere, la maggior parte delle quali sono state pubblicate dopo la sua morte, si ricordano: Philosophical papers (1961; trad. it. Saggi filosofici), Sense and sensibilia (1962; trad. it. Senso e sensibilità), How to do things with words (1962; trad. it. Come fare cose con le parole).