LYLY, John
Scrittore inglese, nipote dell'umanista William Lyly, nato nel 1554 (?) a Weald di Kent, sepolto a Londra il 30 novembre 1606. Educato a Oxford e a Cambridge, divenne presto celebre con il romanzo Euphues (1578) che creò la moda letteraria dell'eufuismo. Protetto dal genero di Burleigh, ottenne un posto nell'ufficio dei "Revels", che preparava le rappresentazioni teatrali alla corte di Elisabetta. Egli ambiva diventare titolare di quell'ufficio, cioè Master of the Revels, e per una diecina d'anni, durante la vacanza del posto (1590-1603), egli ne tenne probabilmente la supplenza: certo è che durante il 1580-1592 egli svolse la sua attività di drammaturgo, scrivendo una serie di commedie mitologiche e facendole rappresentare a corte dai ragazzi del coro della cattedrale di San Paolo. Fu così che le scholae cantorum, alle quali era stata affidata quasi esclusivamente la recitazione teatrale negl'inizî del dramma elisabettiano (1558-1576) riacquistarono il prestigio perduto e tornarono ad avere un posto importante nel teatro, grazie alla celebrità letteraria del Lyly. Sennonché le sue aspettative furono deluse; egli fu eletto deputato al parlamento nel 1589, ma non ebbe mai il posto ambito. Dopo qualche anno di splendore, la compagnia dei ragazzi venne nuovamente oscurata dalle compagnie professionali, che avevano attirato a sé quei nuovi elementi che dovevano poi costituire gli "University Wits" e scrivere un teatro letterario per le compagnie popolari, risollevandone il prestigio. Così L., che per primo aveva elevato la commedia inglese a dignità artistica, morì povero e dimenticato, eclissato da un movimento a cui egli stesso aveva dato impulso.
L. è anche il primo scrittore che abbia coscientemente coltivato uno stile artistico. Il romanzo Euphues, or the Anatomie of wit, è in fondo uno dei tanti trattati d'amore del Cinquecento, d'ispirazione italiana. La trama ne è abbastanza tenue. Eufue (il bennato) è un giovane ateniese (s'intenda, uno studente di Oxford) che si reca a Napoli (s'intenda Londra), ove si lascia corrompere dalla licenza della grande città, ruba a un amico l'affetto d'una donna, è a sua volta tradito da questa, e ritorna alfine disgustato ad Atene. La satira trasparente di ambienti e costumi britannici suscitò vive proteste: allora L. scrisse un seguito Euphues and his England (1580), dove sono esaltate alle stelle l'Inghilterra, Elisabetta, la bellezza e la virtù delle donne inglesi, le università inglesi, la società inglese, ecc. Perfino Dio diventa inglese.
Lo stile eufuistico, che rese celebre il romanzo, consiste essenzialzialmente: in clausole equilibrate, simmetriche, a parallelismo e antitesi; in paragoni e comparazioni con le proprietà fantastiche attribuite a pietre, piante e animali dalla scienza e superstizione antica (Plinio) e medievale; infine in gran copia di esemplificazioni tratte dalla storia antica e dal mondo classico. Classico lo stile eufuistico vuole essere, sebbene nasca da un bisogno di rinnovamento e dal desiderio di ravvivare lo stile. A questo scopo il L. introdusse nel linguaggio letterario non pochi elementi dialettali. Quanto più ricca di antitesi la frase, quanto più bizzarre e bislacche le nozioni di storia naturale, tanto più eufuistico lo stile. L'eufuismo venne caricaturato da Shakespeare nella prima parte dell'Enrico IV (II, IV, 445) e, più tardi, da sir W. Scott nel personaggio di sir Pierce Shafton nel Monastero (1820). Tuttavia, pur riconoscendo ciò che in esso vi è di orpello, bisogna notare che nella prosa inglese agl'inizî del regno d'Elisabetta, piatta e noiosa quale l'avevano lasciata un Asham e un Wilson, il L. portò un arricchimento innegabile. Nato da un bisogno chiaramente avvertito, l'eufuismo fu quindi soprattutto un modo, coscientemente applicato, di suscitare meraviglia nei lettori.
Nelle sue otto commedie (titoli con data di pubblicazione: Alexander and Campaspe, 1584; Sapho and Phao, 1584; Endimion, 1591; Gallathea, 1592; Mydas, 1592; Mother Bombie, 1594; The Woman in the Moone, 1597; Love's Metamorphosis, 1601) egli tratta storie e leggende elleniche derivate da Luciano, Apuleio o Ovidio. Lo stile eufuistico è fortunatamente limitato quasi sempre ai monologhi: i dialoghi sono rapidi, arguti, spiritosi, e costituiscono una serie di conversazioni raffinate (più che di scene drammatiche) piene di felici battute. Egli trasse la commedia dalle goffaggini burlesche e dai metri zoppicanti, e ne fece un'opera d'arte delicata e riflessa, instaurando una prosa che aspira anzitutto ad esser bella (solo The Woman in the Moone è in versi). Lo spirito che anima queste commedie è anch'esso cavalleresco e cortigiano: i motivi più frequenti sono la nobiltà degli affetti, l'amore che conosce l'abnegazione. Non mancano le allusioni a fatti contemporanei: Elisabetta è celebrata sotto le spoglie di Saffo, e di Cintia (in Endimion); Mydas è un'allegoria satirica contro il re di Spagna e l'invincibile Armada. Il difetto principale di queste commedie è che mancano di movimento drammatico; non avvincono. Sono creazioni delicate, ma artificiali.
Inserite in molte di esse sono delle graziosissime liriche (Cupid and Campaspe played...; What bird so sings... in Campaspe, ecc.), la cui autenticità, una volta discussa, ora torna a essere riconosciuta.
L. ha influito su Shakespeare col suo talento per la commedia raffinata e con l'arguzia del dialogo. Le schermaglie verbali di sir Tophas e del suo paggio Epitheton nell'Endimion vengono riprese e ravvivate nei dialoghi di don Armado e del paggio Moth nelle Pene d'amor perdute, e anche l'inserzione delle liriche in questa commedia deve risalire al modello di L. Inoltre, il L. è stato il primo a portare sulla scena il soprannaturale favoloso trattandolo con quella grazia eterea che splenderà poi nel Sogno di una notte di mezza estate.
Edizioni: Complete works, ed. R. W. Bond, Oxford 1902, voll. 3. Testi singoli: Endimion, nelle raccolte di drammi a cura di W. A. Neilson (1911), di commedie a cura di G. M. Gayley (1903-14) e nella Everyman's Library (1910). Campaspe, nel Gayley cit. e nella raccolta di J. M. Manly (1897). Euphues, and Euphues and his England, ed. E. Arber, Londra 1868; ed. F. Landmann, Heilbronn, 1887. La Maid's Metamorphosis, commedia pastorale attribuita a L., venne edita nei Tudor Reprints, Londra 1908.
Bibl.: A. Feuillerat, J. L., Cambridge 1910 (con ampia bibliografia); V. M. Jeffery, J. L. and the italian Renaissance, Parigi 1929 (mette in luce le derivazioni, troppo a lungo negate, dall'italia). Per la biografia: B. M. Ward, J. L. and the office of the Revels, in Review of English Studies, gennaio 1929. Per il teatro v. le storie del teatro elisabettiano, elencate in E. Eckhardt, Das engl. Drama..., Berlino 1928. Per la Maid's Metamorphosis, v. S. R. Golding, in Review of Engl. Studies, luglio 1926. Per l'autenticità delle liriche, R. W. Bond, ibidem, luglio 1930 e ottobre 1931. Per il romanzo, E. A. Baker, History of the Engl. Novel, Elizabethan age, Londra 1929. Per l'eufuismo e Shakespeare, Love's Labour's Lost, ediz. Arden, introduz. di H. C. Hart, Londra 1906. Per le fonti classiche, v. anche le ricerche di W. P. Mustard, in Modern Language Notes (1919, 1920, 1925, 1928, per l'Euphues) e Studies in Phylology (1925, per le commedie); M. P. Tilley, Elizabethan Proverb-Lore in L.'s Euphues (University of Michigan Publications), New York 1926.