Stahl, John Malcolm
Regista e produttore cinematografico statunitense, nato a New York il 21 gennaio 1886 e morto a Hollywood il 12 gennaio 1950. Tra gli anni Trenta e Quaranta si affermò come uno dei più importanti autori di melodrammi, genere che aveva già affrontato nel periodo del muto, caratterizzandolo con uno sguardo acuto e a tratti crudele, volto ad analizzare con estrema lucidità le passioni umane, e dotato di particolare sensibilità nell'esplorare le psicologie femminili, le morbosità e le ossessioni amorose. Nel 1927 S. era stato uno dei fondatori dell'Academy of Motion Pictures Arts and Sciences (AMPAS).
Dopo una breve esperienza come attore di prosa e di vaudeville, esordì come regista, secondo alcune fonti, nel 1914 con il film A boy and the law, mentre il primo titolo che gli viene ufficialmente accreditato è The Lincoln cycle, del 1917. Scritturato da Louis B. Mayer nel 1920, S. si specializzò nei cosiddetti women's pictures, film sentimentali ispirati a romanzi di scrittrici come F.I. Reels, F. Hurst, G. Lehman, E.T. Schauffer. I soggetti dei suoi film muti, inediti in Italia, appaiono incentrati sui problemi della coppia, affrontati anche da un'inconsueta prospettiva femminile nel narrare di donne lasciate dai loro uomini con i quali però riescono alla fine a ottenere un rapporto equilibrato. Gli stessi titoli dei film sono espliciti in tal senso: Women men forget (1920), The woman in his house (1920), Why men leave home (1924), Husbands and lovers (1924). Tra il 1927 e il 1929 produsse una decina di film diretti da altri registi per la Tiffany-Stahl Productions, mentre venti sono i suoi film sonori realizzati nei decenni successivi (da A lady surrenders, 1930, a Oh, you beautiful doll, 1949, Dora, bambola bionda!).
Il suo primo celebre film fu Back street (1932; La donna proibita) e si distinse dai precedenti perché mostrava la storia di un amore impossibile per la passività quasi masochista di un uomo incapace di vivere l'amore vero: è il primo grande melodramma di S., ripreso altre due volte nel 1941 e nel 1961 da Robert Stevenson e David Miller. In quest'opera lo stile del regista appare già compiutamente in tutta la sua purezza e la sua sobrietà che si concentrano in un'implacabile osservazione dei sentimenti, in direzione opposta rispetto agli slanci lirici di Frank Borzage, l'altro maestro del melodramma dell'epoca. Nel 1933 S. realizzò Only yesterday (Solo una notte) che segnò il debutto sullo schermo di Margaret Sullavan, destinata a divenire un'eroina del genere. Sviluppando il tema del film precedente ‒ il sacrificio femminile per amore ‒ Only yesterday definì uno dei personaggi più coinvolgenti del cinema di Stahl. Pur non essendo uno dei suoi sette titoli oggetto di remake, il film presenta un soggetto per molti aspetti coincidente con quello del successivo Letter from an unknown woman (1948; Lettera da una sconosciuta) di Max Ophuls, dal quale peraltro si distingue per l'andamento piano, privo di romanticismo. Ancora degli anni Trenta sono tre importanti melodrammi, Imitation of life (1934; Lo specchio della vita), Magnificent obsession (1935; Al di là delle tenebre) e When tomorrow comes (1939; Vigilia d'amore), che i rifacimenti di Douglas Sirk (rispettivamente i due dai titoli omonimi, realizzati nel 1959 e nel 1954 e circolati in Italia come Lo specchio della vita e Magnifica ossessione, e Interlude, 1957, Interludio) hanno poi come offuscato: grandi successi anche per l'originale equilibrio tra il tono disteso al limite della commedia e gli argomenti affrontati ‒ rispettivamente il razzismo, il fatale andamento di eventi culminante nella cecità e nella sua guarigione, la dolorosa rinuncia ‒; quasi l'opposto, quindi, del compatto ed esasperato stile melodrammatico di Sirk, espresso anche mediante l'ormai irrinunciabile impiego del colore. Ma anche per S. l'accentuazione espressiva del colore è una delle caratteristiche del suo film più celebre: Leave her to heaven (1945; Femmina folle), vincitore dell'Oscar per la miglior fotografia a colori di Leon Shamroy, resta un ineguagliato esempio di incrocio tra melodramma e noir, ancora una volta incentrato su una grande figura femminile, negativa eppur affascinante nella sua patologica ricerca di un'impossibile felicità. Della rimanente produzione di S. resta da segnalare The keys of the kingdom (1944; Le chiavi del Paradiso), tratto dal romanzo omonimo di A.J. Cronin e sceneggiato da Nunnally Johnson e Joseph L. Mankiewicz, che però disperde in un andamento letterario la situazione melodrammatica di partenza. Solo mezzo secolo dopo la sua morte, nel 1999, a S. è stata dedicata una retrospettiva dal Festival Internacional de Cine de San Sebastián.
Y. Tobin, Présentation de John M. Stahl, in "Positif", 1979, 220-21, pp. 99-110.
J.-P. Coursodon, B. Tavernier, 50 ans de cinéma américain, Paris 1991, 1995², ad vocem.
Festival Internacional de Cine de San Sebastián, John M. Stahl, Madrid 1999.
G. Gariazzo, John M. Stahl: "il lato oscuro della Luna", in "Filmcritica", 2000, 505, pp. 236-42.