UPDIKE, John
Romanziere americano, nato a Shillington, Pennsylvania, il 18 marzo 1932. U., che per "temperamento ironico e agilità lessicale" si avvicina cosi a Barth come a Nabokov, ha attirato su di sé l'attenzione della critica anche se essa non è stata sempre di lode inqualificata. Collaboratore fisso del New Yorker dal 1955 al 1957 per una delle rubriche più note e popolari, Talk of the town, U. ha assunto anche, parzialmente, il tipico tono e stile caustico, svagato ed elegante di questo settimanale. C'era stato del resto un tempo in cui le sue maggiori ambizioni puntavano a divenire cartoonist del New Yorker, ed è a questo fine che, dopo aver completato con successo gli studi universitari all'Harvard College, egli frequentò in Inghilterra, a Oxford, corsi di disegno e belle arti. Ancor oggi, U. si considera romanziere per ripiego più che per vocazione. Le doti "affascinanti ma limitate" che gli sono state riconosciute dai critici meno benevoli si riferiscono fondamentalmente ai primi volumi di racconti: The same door, del 1959, Pigeon feathers, del 1962, e al primo romanzo The poorhouse fair (trad. it. Festa all'ospizio, Milano 1961), anch'esso del 1959. A tutte queste opere possono in effetti imputarsi promesse e mancanze analoghe. Se tutti i testi potevano essere definiti più ancora che brillanti, vibratili e suggestivi, quel che ad essi veniva rimproverato era un certo manifesto solipsismo, un certo vezzo nello sfuggire i grandi temi per limitarsi a ciò che egli stesso definiva "la disperazione del quotidiano". Fu del resto lo stesso U. a indicare così le sue scelte: "La stessa idea di un eroe è idea aristocratica. Infatti o nessuno è un eroe o lo sono tutti. Io voto per tutti. Argomento della mia opera è la piccola borghesia protestante delle cittadine americane. È, infatti, nelle zone medie che esplodono i conflitti, lì dove regna incontrollata l'ambiguità".
Rabbit, run, del 1960 (trad. it. Corri coniglio, Milano 1961), si eleva peraltro al di là di questi limiti autoimpostisi. Rabbit è, in effetti, un eroe anti-eroe che muovendo da un fallimento all'altro e liberandosi progressivamente dall'appesantimento di sesso, famiglia e società, "sfugge a tutte le corruzioni tranne la propria". L'eroe tornerà molti anni più tardi (1971) in Rabbit redux (trad. it. Il ritorno di coniglio, Milano 1972) e l'autore affiancherà molta compassione all'originaria ironia nella rappresentazione di un'odissea personale in cui ai fallimenti privati si affianca la lotta della storia contro l'illusione del protagonista sulla fondamentale giustizia e invincibilità dell'America. Vi compaiono il Vietnam e lo sbarco sulla luna l'urto generazionale, le droghe e l'irrequietezza della controcultura.
Ma anche nelle altre opere, apparse tra i due Rabbit, U. mostra le sue doti e i suoi difetti, il suo cerebralismo, i suoi timori ma anche la straordinaria capacità di satira con cui scopre e rappresenta la vacuità spirituale del mondo da cui è circondato. Altre opere di U.: The Centaur, New York 1963 (trad. it. Il centauro, Milano 1964); Of the Farm, ivi 1965 (trad. it. Nella fattoria ed altre storie, Milano 1970): Couples, ivi 1968 (trad. it. Coppie, Milano 1969-71); Museums and women, ivi 1972.
Bibl.: R. Detweiler, Four spiritual crises in Mid-century American fiction, Univ. of Florida Monographs, n. 14, 1963; Contemporary American novelists, a cura di H.T. Moor, Souther III Univ. Press, 1964; J.W. Aldridge, Time to murder and create, New York 1966; J. Hassan, Contemporary American literature: 1945-72, ivi 1973.