Wayne, John
Nome d'arte di Marion Michael Morrison, attore e regista cinematografico statunitense, nato a Winterset (Iowa) il 26 maggio 1907 e morto a Los Angeles l'11 giugno 1979. Nella sua straordinaria carriera, durata più di quarant'anni, che lo rese l'attore simbolo del cinema americano, pur interpretando parti diverse, riuscì a creare una figura inconfondibile, quella dell'eroe rude, ma leale e coraggioso, destinata ad assurgere a una dimensione quasi mitica nell'immaginario collettivo. La personalità dell'attore nella realtà non corrispondeva alla rozzezza e all'egocentricità propria di molti personaggi da lui interpretati, e con l'aiuto di registi di talento come John Ford e Howard Hawks poté uscire dallo stereotipo dell'eroe 'tutto d'un pezzo', lasciando affiorare a tratti una certa vulnerabilità celata dietro la maschera di uomo rude, cosicché nelle sue più riuscite caratterizzazioni l'interprete fu nettamente superiore al divo. Le posizioni politiche di W., ispirate al più deciso conservatorismo e alla difesa degli ideali tradizionali degli Stati Uniti, contribuirono ad amplificarne la fama, anche in modo ambiguo, sia politicamente sia artisticamente. Malgrado tanto successo ottenne un unico Oscar nel 1970 come miglior attore protagonista con il film True grit (1969; Il Grinta) di Henry Hathaway, che gli valse anche un Golden Globe.
Figlio di Clyde Morrison, farmacista, e di Mary Brow, di origine irlandese, nel 1916 si stabilì con la famiglia a Glendale, in California. Aitante e atletico, durante gli studi secondari si distinse nel football americano e nel 1925 ottenne una borsa di studio per meriti sportivi alla University of Southern California. Grazie al suo allenatore H. Jones, che era in contatto con l'industria del cinema, trovò lavoro come trovarobe e occasionale comparsa alla Fox Film Corporation (la prima apparizione risale al 1926 in Brown of Harvard di Jack Conway). Negli studi della casa di produzione incontrò Ford, che gli offrì il ruolo di guardiano delle oche in Mother Machree (1928; La canzone della mamma). Durante le riprese del successivo film del regista, Four sons (1928; L'ultima gioia), l'attore provocò un piccolo incidente entrando goffamente in campo durante una ripresa: l'episodio suscitò l'ilarità di Ford che prese in simpatia il giovane e iniziò ad affidargli piccole parti. Apparve così nei film Hangman's house (1928; La casa del boia) e Salute (1929; La grande sfida). Contemporaneamente fu scritturato anche da altri registi e nel 1929 figurò per la prima volta nei titoli di testa in Words and music di James Tinling, con il soprannome 'Duke' con cui fu poi universalmente conosciuto nell'ambiente cinematografico. Nel 1930 il regista Raoul Walsh gli affidò la prima parte da protagonista nel western The big trail (Il grande sentiero): in quell'occasione l'attore, ispirandosi alla figura del generale A. Wayne, un eroe della guerra di indipendenza americana, assunse il definitivo nome d'arte. Dopo l'insuccesso del film girò molti western di minore importanza, mantenendo comunque sempre ottimi rapporti con Ford, che nel 1939 lo scelse come protagonista di Stagecoach (Ombre rosse), una produzione a basso costo osteggiata dai produttori. Ford era alla ricerca di un volto nuovo paragonabile a quello di Jean Gabin (di cui aveva ammirato l'interpretazione in La grande illusion, 1937, di Jean Renoir) e fu conquistato dall'innocenza e dalla spontaneità del giovane attore autodidatta, ignaro delle malizie e dei trucchi dei professionisti del palcoscenico. Il film ebbe un successo straordinario e lanciò definitivamente W. nel mondo dello spettacolo.Grazie alla sua versatilità e alla vigorosa presenza l'attore riuscì a creare una galleria di personaggi memorabili, rendendo credibili ruoli che altrimenti sarebbero risultati schematici o stereotipi come, in tre film di Ford, il risentito tenente Rusty Ryan di They were expend-able (1946; I sacrificati di Bataan), incapace di sottrarsi alla battaglia ma capace di danzare con leggerezza tra le braccia di una bellissima fanciulla (Donna Reed); il capitano York di Fort Apache (1948; Il massacro di Fort Apache), ufficiale anticonvenzionale, ma ligio al dovere fino all'estremo; l'anziano, scostante e inflessibile, ma nobile d'animo e amante della pace, capitano Nathan Brittle di She wore a yellow ribbon (1949; I cavalieri del Nord-Ovest); il ruvido Tom Dunson di Red river (1948; Il fiume rosso) di Howard Hawks, che non sa distinguere tra ragione e torto ma sa compiere imprese epiche; il duro sergente Stryke di Sands of Iwo Jima (1949; Iwo Jima, deserto di fuoco) di Allan Dwan, che si fa odiare da tutti pur di far rispettare la disciplina militare, ma sa morire con dignità, riscattandosi agli occhi dei suoi commilitoni, personaggio che gli valse una nomination all'Oscar. Numerosi gli altri film significativi interpretati da W. tra il 1940 e il 1950, tra i quali 3 Godfathers (1948; In nome di Dio) e Rio Grande (1950; Rio Bravo) di Ford; Flying leathernecks (1951; I diavoli alati) di Nicholas Ray.Con l'età e l'esperienza W. affinò la tecnica interpretativa: così nel 1952 interpretò in The quiet man (Un uomo tranquillo) di Ford un indimenticabile americano di origine irlandese, Sean Thorton, che torna nella terra dei propri avi e ritrova infine sé stesso; nel 1956 in The searchers (Sentieri selvaggi) ancora di Ford tratteggiò con maestria il ritratto di un uomo lacerato da violente passioni che lo spingono al limite della pazzia, ma in grado di ritrovare la sua umanità; nel 1959 diede vita a uno sceriffo scontroso e testardo, che può resistere a tutto, tranne che alla grazia maliziosa di una seducente avventuriera (Angie Dickinson) in Rio Bravo (1959; Un dollaro d'onore) di Hawks. Nel 1962 toccò le corde della malinconia nel delineare l'amaro Tom Doniphon, defraudato della gloria di aver ucciso il bandito più temuto del West in The man who shot Liberty Valance (L'uomo che uccise Liberty Valance) di Ford. Negli stessi anni aveva interpretato molti altri film, meno riusciti ma popolari, come Hondo (1953) e The sea chase (1955; Gli amanti dei cinque mari), entrambi di John Farrow; The high and the mighty (1954; Prigionieri del cielo) e Blood alley (1955; Oceano rosso) di William A. Wellman; The wings of eagles (1957; Le ali delle aquile) di Ford; Jet pilot (1957; Il pilota razzo e la bella siberiana) di Josef von Sternberg; Legend of the lost (1957; Timbuctù) di Hathaway; The Barbarian and the geisha (1958; Il barbaro e la geisha) di John Huston.
L'enorme popolarità raggiunta gli permise di esordire nella regia nel 1960 con il retorico The Alamo (La battaglia di Alamo), che ebbe successo e ottenne anche una nomination all'Oscar e il cui dichiarato nazionalismo gli assicurò il favore indiscusso dei conservatori, ai quali del resto W. era stato politicamente vicino già dall'epoca della guerra (pur non avendo mai fatto il servizio militare) e del maccartismo con la sua militanza nella Motion Picture Alliance for the Preservation of American Ideals. Di tali tendenze politiche l'attore si fece interprete nella vita pubblica, partecipando alle iniziative del Partito repubblicano e girando nel 1968, con Ray Kellogg, un secondo film, The green berets (I berretti verdi), a favore dei militari americani e della guerra nel Vietnam. Il trascorrere degli anni e l'evidente invecchiamento non avevano fermato l'impetuoso W., che aveva continuato ad affrontare interpretazioni vigorose in film come Hatari di Hawks, The longest day (Il giorno più lungo) di Ken Annakin, Andrew Marton, Gerd Oswald e Bernhard Wicki, e nell'episodio girato da John Ford di How the West was won (La conquista del West), tutti del 1962; o come Donovan's reef (1963; I tre della Croce del Sud) di Ford, Circus world (1964; Il circo e la sua grande avventura) di Hathaway; nei film del 1965 The greatest story ever told (La più grande storia mai raccontata) di George Stevens, In harm's way (Prima vittoria) di Otto Preminger, e The sons of Katie Elder (I quattro figli di Katie Elder) di Hathaway, ma soprattutto nello splendido El Dorado (1967) di Hawks. Invecchiando, l'attore si trovò a suo agio in ruoli di vecchie canaglie vigorose e vitali, come lo sceriffo 'Rooster' Cogburn di True grit. Il personaggio sarebbe ricomparso in un secondo film, Rooster Cogburn (1975; Torna El Grinta) di Stuart Millar, nel quale W. tiene testa validamente ai suoi nemici, ma non all'indomabile figlia di un predicatore (Katharine Hepburn).
L'attore, gravemente malato dal 1963, caratterizzò infine con tutta la forza del suo corpo segnato dalla malattia il personaggio del suo ultimo film, The shootist (1976; Il pistolero) di Don Siegel, un pistolero condannato da un male incurabile che riesce ad affrontare e vincere i suoi nemici poco prima di morire.
M. Zolotow, Shooting star. A biography of John Wayne, New York 1974; M. Ricci, B. Zmijewsky, S. Zmijewsky, John Wayne, Roma 1980; J.M. Riggin, True Grit. John Wayne a bio-bibliography, New York 1992.