WESLEY, John
Fondatore della Chiesa metodista, nato a Epworth il 17 giugno 1705, morto a Londra il 2 marzo 1791. Figlio di pastore e vissuto nell'infanzia in un ambiente di tradizione puritana, rivelò subito una spiccata tendenza alla vita spirituale. Durante gli studî a Oxford (Christ Church e Lincoln College) fu lettore assiduo dell'Imitazione di Cristo e organizzò con un gruppo di compagni, tra cui il fratello Carlo (v. sotto) una ristretta società (Holy Club) di giovani dediti alla lettura del Nuovo Testamento e dei classici, al digiuno il mercoledì e venerdì e alla comunione settimanale; da questa metodica regola di vita venne loro il nome, rimasto poi alla comunità, di "metodisti". Morto il padre, i due fratelli nel 1735 si recarono in America, nella Georgia, a fondarvi una missione, ma ne ritornarono dopo due anni. Nel 1738 Giovanni visitò le comunità morave di Herrnhut, delle quali ammirò da principio la fede, ma da cui poi si staccò giudicandole troppo pietistiche e passive di fronte all'azione della grazia e dei mezzi per coltivarla. Il 24 maggio 1738 alle ore 8 e tre quarti di sera egli sperimentò la sua conversione al Vangelo e da questo momento fino alla morte la sua vita fu un infaticabile ministero di predicazione per diffondere la verità quale si era a lui rivelata. Quartieri generali della sua irradiazione missionaria furono Londra, Bristol e Newcastle-on-Tyne per l'Inghilterra, Dublino per l'Irlanda; inviò anche missionarî in America. L' insegnamento di J. W. è consegnato nel suo Giornale e nei Sermoni, scritti in varie circostanze, i quali costituiscono per la comunità wesleyana un criterio d'interpretazione del deposito rivelato (v. Bibliografia).
Nel 1741 avvenne la sua separazione dall'antico compagno "metodista" George Whitefield (v.), come troppo intransigentemente calvinista nella dottrina della predestinazione. Questo grandioso movimento di risveglio di carattere ecclesiastico e missionario, che voleva essere una reazione religiosa all'indifferentismo dilagato in seguito alla filosofia deistica, suscitò la diffidenza e l'ostilità della Chiesa anglicana ufficiale, alla quale tuttavia W. dichiarava di sentirsi unito in nome di una suprema fratellanza cristiana e della quale accettava i 39 articoli. La separazione avvenne nel 1784 quando J. W. ordinò il dott. Thomas Coke, e alcuni altri, quali soprintendenti (pari a vescovi) delle missioni fondate in America. Nel 1751 J. W. aveva sposato la vedova M. Vazeille, ma il loro non fu matrimonio felice e i due dovettero separarsi.
La morte lo colse nel fervore inesausto del suo apostolato, compiuto sempre con gioia e amabilità di spirito, che gli attirò ognora le simpatie di tutti.
La dottrina. - W. parte dal presupposto protestante dell'assoluta depravazione dell'uomo dopo il peccato originale, ma ammette - seguendo in ciò le dottrine dei Rimostranti, formulate da Jacobus Arminius (v.) - una certa libertà dell'arbitrio e sostiene che la Fede che giustifica e salva è quella prodotta dall'amore, e cioè produttrice di opere buone, e non soltanto quella che ci applica dall'esterno, senza nostra collaborazione, la giustizia di Cristo. Questa teoria gli procacciò l'ostilità del protestantesimo ortodosso e determinò la sua separazione del metodismo whitefieldiano essenzialmente calvinistico. La collaborazione attiva dell'uomo nell'opera della propria salvazione si fa presente in due momenti. Il primo è una testimonianza dello Spirito che fa sentíre all'individuo di aver raggiunto la propria giustificazione e di essere divenuto figlio di Dio; il secondo è un'istantanea rivelazione per cui l'uomo sente di aver distrutto in sé la radice del peccato e di aver raggiunto la grande salvezza; e di questo W. affermava di aver avuto esperienza, come si è detto, il 24 maggio 1738.
L'esperienza mistica che sta alla base della psicologia e della dottrina di W. fece pullulare da principio in seno ai wesleyani una quantità di "santi", talora esaltati talora ipocriti, che tuttavia finirono per essere eliminati dalla comunità.
La comunità wesleyana (W. l'aveva concepita in origine come una chiesa invisibile, presente là dove Cristo, suo unico capo, vive nelle anime), ufficialmente individuatasi dopo la separazione dalla Chiesa anglicana, ammette la Bibbia come unica f0nte della fede e della morale; professa l'unità e trinità di Dio, l'incarnazione, morte, risurrezione e ascensione di Cristo e i doni dello Spirito Santo. I suoi pastori non debbono tanto predicare la parola di Dio o amministrare i Sacramenti, quanto far sperimentare ai fedeli la loro comunione nell'amore, che è il modo precipuo di attuare e riconoscere la loro "santità". La santità dei fedeli, mantenendo la loro comunione, garantisce - secondo W. - la continuità della Chiesa fuori della materiale trasmissione dei poteri apostolici e la fa una cosa vivente, identica nella sostanza alla Chiesa degli apostoli e capace di sentirsi unita a tutte le altre chiese separatesi nel corso del tempo, purché tutte seguitino a roteare intorno al nucleo del sistema cristiano che è Cristo. Questo aspetto tollerante, fiducioso ed entusiastico della dottrina wesleyana può spiegare la sua rapida e imponente diffusione, intorno alla quale v. metodismo.
Charles, fratello minore di J., nato a Epworth il 18 dicembre 1707, morto a Londra il 29 marzo 1788, discepolo di suo fratello in Oxford e con lui missionario in Georgia, fu il poeta della comunità wesleyana per la quale compose oltre 6500 inni. Sposò Sara Gwynn che gli donò sette figli di cui cinque premorirono e due non contrassero matrimonio.
Cfr. J. Wesley, Prose Works (ed. Th. Jackson), Londra 1829-31 in 14 voll.; J. e Ch. W., Poetical Works (ed. G. Osborn), ivi 1868-72, voll. 13.
Bibl.: L. Tyerman, Life and times of J. W., volumi 2, 1877; A. Léger, L'Angleterre religieuse et les origines du méthodisme au XVIIIe siècle; la jeunesse de W., Parigi 1910.