KAUFMANN, Jonas
Cantante lirico tedesco, nato a Monaco di Baviera il 10 luglio 1969. Con la scomparsa di Luciano Pavarotti e la metamorfosi in baritono di Placido Domingo, si è imposto come tenore di massimo riferimento dell’inizio del 21° sec., al contempo cantante e attore, con un particolare carisma personale, cui non è estranea la figura prestante.
Dopo gli studi musicali alla Hochschule für Musik und Theater nella sua città natale, ha iniziato la carriera nel 1994 in diversi teatri minori tedeschi (specialmente a Saarbrücken), affrontando spesso ruoli di comprimario, senza emergere in modo particolare come tenore leggero, tanto che, quando nel 1998 a Milano prese parte al Così fan tutte con cui Giorgio Strehler inaugurava la nuova sala del Piccolo Teatro, era un nome sconosciuto, e ottenne un successo solo relativo (pur ritornandovi l’anno dopo come Jaquino in Fidelio alla Scala).
Ingaggiato a Stoccarda (dove ha cantato il rossiniano conte Almaviva del Barbiere di Siviglia insieme ad Alfredo in Traviata), dal 2002 ha fatto parte della compagnia dell’Opera di Zurigo, dove ha approfondito e perfezionato la sua tecnica, realizzando personaggi via via più compiuti, nei quali la parte scenica ha assunto un’importanza sempre maggiore e rifinita, al pari di una dizione che si è rivelata esemplare non solo nella madrelingua, ma anche in italiano e in francese: è passato così attraverso tutti i ruoli mozartiani, Claudio Monteverdi (Nerone nell’Incoronazione di Poppea con la regia di Jürgen Flimm), Giovanni Paisiello (Nina, ossia la pazza per amore), fino a Franz Schubert (Fierrabras), Charles Gounod (Faust) e Giuseppe Verdi (Falstaff e Rigoletto) e a personaggi assai complessi, destinati a divenire suoi cavalli di battaglia, come Florestan in Fidelio di Ludwig van Beethoven e Don José in Carmen di Georges Bizet (in cui il si bemolle conclusivo dell’‘aria del fiore’ è smorzato fino al soffio e la psicologia del personaggio si evolve fino alla scena finale dove la patetica impotenza di chi è nato vinto si colora di umana disperazione).
Tuttavia, è nel 2006 che la sua carriera ha avuto una svolta decisiva con La traviata al Metropolitan di New York diffusa live nei cinema di tutto il mondo. Da allora l’artista ha raggiunto una maturità vocale tale che tutte le sue interpretazioni sfruttano la suggestione di una voce piena e di colore timbrico bronzeo, emessa con morbidezze che enfatizzano la capacità di smorzare la voce fino al sussurro o di rinforzarla con proiezioni all’acuto senza alcuna frattura nella continuità della linea vocale, impiegando a fondo tutta la tavolozza cromatica. Così, affrontando un repertorio sempre più vasto, lo ha saputo rinnovare nel profondo con una cifra personale inconfondibile: di levatura storica sono i personaggi wagneriani (i protagonisti di Lohengrin e Parsifal, Siegmung in Die Walküre, Walther in Die Meistersinger von Nürnberg), ma non meno rilevanti sono altre prove nel repertorio tedesco (come in Ariadne auf Naxos di Richard Strauss e in Königskinder di Engelbert Humperdinck) e le incursioni nel repertorio francese (con un apice nel Werther di Jules Massenet) e italiano (Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, Tosca di Giacomo Puccini, Don Carlo di Verdi).
Ha poi affrontato in anni più recenti tessiture più spinte, mantenendo immutate le sue coordinate espressive: Trovatore, Forza del destino e Aida in ambito verdiano (ed è già programmato Otello a Londra nel 2017), Fanciulla del West e Manon Lescaut in quello pucciniano, fino al debutto in Andrea Chénier di Umberto Giordano (dove la sensibilità del personaggio è evidenziata da un impiego di mezzevoci e chiaroscuri inusuali) e nel temibile doppio ruolo nell’accoppiata Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo.