CARO, José Eusebio
Scrittore colombiano nato in Ocaña nel 1817 e miorto a Santamarta nel 1853. La serietà puritana a cui ispirò tutta la vita e la nobiltà della sua opera politica e letteraria ne fecero un educatore. Temprò il suo carattere nella severità degli studî e nelle lotte civili. Rimasto orfano nel '30, privo di mezzi, conobbe ben presto il tormento della miseria e del lavoro assiduo. A Bogotá frequentò gli studî filosofici e giuridici, in cui ottenne il titolo di dottore nel '36. Nello stesso anno pubblicava insieme con José Yoquín Ortiz La Estrella Nacional, la prima rassegna letteraria del suo paese. Le guerre politiche del '41 e '42 lo trovarono in prima linea, giornalista e soldato. Con la fondazione di El Granadino e con la collaborazione a La civilización svolse opera di fede politica e di educazione sociale. Nel '45 fu deputato e ministro delle finanze. Dopo il '49, con l'avvento al potere della dittatura socialista, emigrò negli Stati Uniti, dove continuò la sua opposizione aperta ed efficace. È dell'esilio l'ode La libertad y el socialismo, ardente ribellione alla tirannia democratica. Nel gennaio del 1853, quando gli fu consentito il ritorno, fu spento dalla febbre gialla mentre toccava le rive della patria. Nella sua sensibilità appassionata e sempre generosa si potenziano tutte le voci che gli provengono dalla vita. Dal romanticismo attinse il vigore sentimentale, il senso della fede e la dignità della vita; ma rimase intimamente classico per la compostezza della sua lirica concettosa e per la rotondità oratoria dell'espressione. L'amore veemente, gli affetti coniugali e familiari, l'ardore patriottico, l'ideale liberale e il sentimento religioso risuonano nella sua musa con aristocratica profondità intellettuale e con misurata pensosità. Attraverso al poema Lara ó los Bucaneros (1834), abbondante ed epico, alle composizioni più musicali (Mi Juventud, El Ciprés, El huérfano sobre el cadaver), alla lirica nutrita d'interessi umani, civili e cristiani (Bendición nupcial, A su primogénito, El bautismo), fino alle magistrali strofe di En bora del Ultimo Inca e di La libertad, l'ultimo suo canto, si dispiega una fantasia irruente, ora vigorosa ora declamatoria. Dalla sua interiore solitudine il C. educava all'arte e alla vita: questo carattere, più riflessivo e ideologico, appesantisce spesso la schiettezza del verso. Egli sopravvive nella coscienza dei suoi concittadini come artista, ma anche come il primo grande maestro.
Bibl.: Obras escogidas en prosa y verso de don J. E. C., Madrid 1873, con ampia biografia a cura del figlio Miguel Antonio. Cfr. M. Menéndez y Pelayo, in Historia de la poesía hisp.-amer., Madrid 1913, II, pp. 45-54.