HERNANDEZ, José
Poeta argentino, autore del poema Martín Fierro, nato il 10 novembre 1834 a San Martín presso Buenos Aires, morto in questa città nel 1886. Di genitori argentini, da anni acclimatisi alla terra americana, di cui rappresentavano la nobiltà terriera, l'H. conobbe nell'adolescenza la forte esistenza dei campi, dove rinnovò in sé stesso l'esperienza del gaucho. A Caseros s'iniziò alla vita della città, a cui si adeguò con quella sua pronta adattabilità spirituale: fu soldato, politico, giornalista; militò nell'esercito, in gran parte formato da gauchos; fu funzionario con incarichi autorevoli; deputato costituzionalista, s'educò agl'ideali della patria e della tradizione; scrittore di problemi politici e sociali, propugnò, poco dopo il 1880, nella Instrucción del estanciero, la progressiva assimilazione dell'elemento indigeno, contro la violenta e radicale democratizzazione. Così la sua vita, un po' irregolare ma diritta e onesta, s'orientò sempre più decisamente - per l'educazione giovanile, per la cultura degli anni maturi, per le predilezioni politiche - verso quel mondo gaucesco che celebrava nel Martín Fierro.
Il poema, scritto nel popolare verso ottosillabico, apparve in due parti: la prima, volgarmente nota con il sottotitolo La ida, del 1872, consta di 2325 versi in XIII canti; la seconda, ch'egli stesso designò come La vuelta de Martín Fierro, è del 1878, divisa in XXXIII canti di 4893 versi. In forma autobiografica, il protagonista, Martín Fierro, intesse la trama della sua vita, triste ed eroica, che sta a rappresentare l'esistenza del gaucho, giunto ormai al tramonto della sua indipendenza, assorbito e travolto dalla civiltà. Strappato alla sua terra, distaccato dalla moglie e dai figli, incorporato nell'esercito, il gaucho sogna con infinita nostalgia l'amica solitudine delle pampas, finché lo riprende violentemente il desiderio della libertà, della natura vergine, dell'esistenza individualistica. Si pone così contro l'ordine sociale, di fronte all'incalzare della democrazia cittadina, in un disperato sforzo di resistenza e di ribellione: ritorna allora, con spirito reso più consapevole ma più trepidante per l'amara esperienza, al vivere di una volta, realizzandolo in tutta la sua libera e generosa primitività. In questa prima parte protagonista è l'ambiente, più che l'uomo: su quello egli si modella e misura la propria psicologia, che dei deserti risente la solitudine sconfinata, la libertà degli orizzonti, l'indomita fierezza della natura, la pura semplicità di un'esistenza al di fuori d'ogni sovrastruttura sociale e culturale. In questa realtà fatta di nostalgia e d'audacia, di rinunzia e d'esilio, le vicende non hanno nessuna raffinata complicatezza e si svolgono secondo i più elementari - e perciò eterni - sentimenti umani: il senso innato della propria terra, della propria autonomia, del proprio onore. La seconda parte, invece, che dalla giovinezza non mai stanca decade alla maturità saggia e prudente, ha una fisonomia diversa, dove si delineano le ombre del tramonto. Martín Fierro ritorna nella società cristiana, sempre con l'animo dell'eterno transfuga, ma temprato dai ricordi che si tramutano in filosofica sapienza, tutta massime e proverbi, di sapore popolano. E infatti l'eroismo di Martín Fierro non è soltanto guerresco, ma si misura nelle fatiche d'ogni giorno, nel vigore morale con cui sostiene la sua sorte, nella prudenza istintiva a cui impronta ogni sua azione, in quell'umano equilibrio che gli deriva dalla lunga sofferenza. Nella sua sensibilità limitata ma tenace, individualistica ma priva di egoismo, appassionata e sognante ma non inerte, travagliata e giammai pessimistica, s'esercita un lirismo temperato, che ha la facilità festosa, tenera, umoristica del canto popolare e le movenze serie, cadenzate, vigorose del poema ciclico. Cantore di sé stesso, rapsodo d'un'epopea popolaresca, Martín Fierro è il payador argentino, poeta d'ispirazione elementare e di tecnica primitiva, ma di contenuto schietto e attuale. Nella tradizione della letteratura gaucesca, il poema dell'H. ne è l'ultima grande esperienza, che raccoglie le voci anteriori e ne tonifica il significato, superando l'idealizzamento romantico, un po' dotto e astratto, e organizzando i motivi frammentarî e generici della poesia folkloristica.
Bibl.: R. Rojas, J. H., último Payador, in La liter. argentina, II, Buenos Aires 1924, pp. 757-840.