SARAMAGO, José
Narratore, poeta e drammaturgo portoghese, nato ad Azinhaga (Ribatejo) il 16 novembre 1922. Trasferitosi con la famiglia a Lisbona, fu costretto a interrompere gli studi secondari per motivi economici, passando attraverso varie esperienze lavorative − impiegato statale, correttore di bozze, traduttore, direttore editoriale degli Estúdios Cor - per approdare, infine, al giornalismo, dapprima in qualità di responsabile del supplemento letterario del Diário de Lisboa, poi in veste di direttore aggiunto del Diário de Notícias. Strenuo oppositore della dittatura salazarista, nel 1974, alla vigilia della rivoluzione militare del 25 aprile, dovette abbandonare l'attività giornalistica, decidendo di dedicarsi a tempo pieno alla produzione letteraria. Aveva, peraltro, già esordito in letteratura con il romanzo Terra do pecado (1947), cui avevano fatto seguito, a distanza di alcuni anni, due libri di poesia: Os poemas possíveis (1966) e Provavelmente alegria (1970). È comunque proprio a partire dalla metà degli anni Settanta che la sua scrittura va assumendo quei caratteri peculiari che sono il prodotto di una ricerca laboriosa sul linguaggio nonché di una selezione tematica assolutamente originale. Tra i numerosissimi riconoscimenti civili, accademici e letterari conferiti a S., si possono ricordare le lauree honoris causa conferitegli dalle università di Torino e di Siviglia, l'Ordine militare di Santiago de la Espada attribuitogli dal Portogallo e il cavalierato francese dell'Ordine delle Arti e delle Lettere, nonché − per limitarsi ai soli premi assegnati all'insieme della sua opera − il premio portoghese Vida literária, in Italia il premio internazionale Mondello e il premio Brancati.
La sua cifra stilistica si presenta già ben riconoscibile nel romanzo che gli dette una, seppur tardiva, notorietà in patria: Levantado do chão, pubblicato nel 1980 (trad. it., Una terra chiamata Alentejo, 1992), saga rurale che narra le vicende di varie generazioni di una famiglia di braccianti del Meridione portoghese, mantenendosi sempre in bilico tra realtà e finzione, fra la cronaca e il suo trascendimento. Tale esitazione si fa ancor più evidente, radicalizzandosi infine in un impasto personalissimo di storia effettiva e storie eventuali, nel romanzo che ha dato a S. fama internazionale: quel Memorial do convento che, pubblicato nel 1982, è stato tradotto in molte lingue (trad. it., 1984), incontrando ovunque un ampio consenso di critica e di pubblico. Ambientato nel Settecento, racconta l'incontro, l'amore, il tragico destino di Blimunda e Baltasar, umili pedine sullo scacchiere di una storia che finisce per travolgerli e che ruota attorno alla costruzione ciclopica del convento di Mafra, nei pressi di Lisbona, voluta dal re Giovanni iv per assolvere a un voto. Nella cupa scenografia di un Portogallo dominato dalla superstizione, dalla repressione inquisitoriale e dalla miseria, sia materiale che morale, intervengono, come fasci improvvisi di luce a fendere la notte della ragione, solo gli slanci generosi e utopistici di alcuni personaggi. Il romanzo si alimenta, coerentemente, di uno stile compatto e insieme aereo, che iconicamente si specchia nella gravezza architettonica del convento, cui si contrappongono i primi, visionari progetti di costruzione di una macchina volante in terra portoghese.
Affermatosi, ormai, come inventore di storie virtuali confuse dentro la Storia, S. ha confermato tale scelta poetica anche nelle opere successive: O ano da morte de Ricardo Reis (1984; trad. it., 1985), ambientato nella Lisbona degli anni Trenta, protagonista − in un progetto magistrale di dar vita a una finzione di secondo grado − uno degli eteronimi inventati dal poeta F. Pessoa; fino a O Evangelho segundo Jesus Cristo (1991; trad. it., 1993), riscrittura, in chiave soggettiva e ancora una volta apocrifa, della parabola evangelica, che ha suscitato fragorose polemiche in ambito cattolico. Tra l'uno e l'altro, si collocano il romanzo ''a tesi'' A jangada de pedra (1986; trad. it., 1988), tentativo di volgere al futuro l'ispirazione storica dei romanzi precedenti, ipotizzando un distacco della penisola iberica dall'Europa e una sua nuova collocazione geografica a metà strada fra Africa e America Meridionale; e la História do cerco de Lisboa (1989; trad. it., 1990), nella quale il rifiuto, da parte di un moderno correttore di bozze, di avallare l'evidenza cronachistica prospettata in un saggio storico − negando l'intervento decisivo dei crociati a fianco dei Portoghesi nell'assedio di Lisbona del 1147 − irrealizza sia il passato che il presente, in un'ipotesi estrema di revisione del rapporto tra il fattuale e il virtuale che conserva, peraltro, una forte valenza ermeneutica nei confronti sia di un passato possibile che del presente reale. Sorretta da una passione ideologica mai sopita, e mai neanche irrigidita in schemi concettuali o estetici prestabiliti, la ferace scrittura di S. ha d'altronde continuato a diramarsi in varie direzioni, invadendo e cimentandosi con tutti i generi letterari. Oltre alla narrativa (da ricordare, al di là dei testi già menzionati, il romanzo velatamente autobiografico e denso di riflessioni sulla funzione e sul destino dell'arte Manual de pintura e caligrafía - 1977; trad. it., 1994 −, nonché il volume di racconti Objecto quase, del 1978) e alla poesia (genere al quale può anche annettersi la singolare raccolta di ''poemi in prosa'' O ano de 1993- 1975; trad. it., 1993 −, in cui il discorso letterario resta pur sempre sospeso fra realtà e fantasia, fra cronaca e utopia, facendosi però anche percorso euristico, ai limiti fra espressione lirica e svolgimento narrativo, in un'epoca, per l'appunto, nella quale l'autore stava maturando la decisione di abbandonare la poesia a vantaggio della prosa), merita almeno una segnalazione la sua attività in campo teatrale, con le opere A noite (1979), Que farei com este livro? (1980), A segunda vida de Francisco de Assis (1987; trad. it., 1991) e, da ultimo, con In nomine Dei (1993), nella quale si narra un tragico episodio della lotta fra anabattisti e cattolici nella Germania del Cinquecento (il testo è stato subito tradotto in opera lirica − rappresentata a Münster nello stesso anno della sua pubblicazione in veste drammaturgica − da A. Corghi, il quale aveva, peraltro, già volto in musica il Memorial do convento nell'opera intitolata Blimunda, messa in scena per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel 1990).
A testimoniare l'ampiezza dell'impegno artistico e la profondità della passione civile di S. restano, infine, le sue cronache, a metà strada fra giornalismo e letteratura: Deste mundo e do outro (1971), A bagagem do viajante (1973; trad. it., Il perfetto viaggio, 1994), As opiniões que o DL teve (1974), Os apontamentos (1976); e si potranno aggiungere il saggio O ouvido, compreso nell'opera collettiva Poética dos cinco sentidos (1979), i testi che accompagnano la ricca documentazione fotografica di Viagem a Portugal (1981) e, infine, il suo debutto nella diaristica con i Cadernos de Lanzarote. Diário - I, pubblicato nel 1994, dopo il trasferimento dello scrittore nelle isole Canarie.
Bibl.: L. de Souza Rebelo, Os rumos da ficção de José Saramago, in J. Saramago, Manual de pintura e caligrafía, Lisbona 19832, pp. 7-38; O. Lopes, José Saramago: "Memorial do convento", in Os sinàis e os sentidos, ivi 1986, pp. 201-08; M.A. Seixo, O essencial sobre José Saramago, ivi 1987; Id., "História do cerco de Lisboa" ou à respiração da sombra, in Colóquio/Letras, 109 (maggio-giugno 1989), pp. 33-40; H. Costa, Sobre a pós-modernidade em Portugal: Saramago revisita Pessoa, ibid., pp. 41-48; T.C. Cerdeira da Silva, José Saramago entre a história e a ficção: uma saga de portugueses, Lisbona 1989; AA.VV., Viaggio intorno al convento di Mafra: dal "Memoriale del convento" di José Saramago alla "Blimunda" di Azio Corghi, Atti del seminario italo-portoghese di Milano, 17-18 maggio 1990, a cura di P. Ceccucci, Milano 1991; H. Kaufman, A metaficção historiográfica de José Saramago, in Colóquio/Letras, 120 (aprile-giugno 1991), pp. 124-36; AA.VV., in Vértice, 52 (gennaio-febbraio 1993), pp. 5-38; L. Stegagno Picchio, Esule alle Canarie, in La Repubblica, 28 agosto 1994.