Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel panorama dell’arte concettuale Beuys impone una visione fortemente etica del fare artistico, che muove dalla sua drammatica esperienza di guerra, per valorizzare al massimo le potenzialità della creatività individuale, vera forza creatrice da condividere con la comunità e con una idea di pubblico del tutto rinnovata nelle sue Aktionen.
Il contesto concettuale
L’artista tedesco Joseph Beuys è uno dei rappresentanti emblematici delle correnti dell’arte concettuale della seconda metà del Novecento.
Con il termine “concettuale” in ambito artistico si intende il progressivo allontanamento dall’oggetto a favore di una dimensione mentale dell’opera espressa tramite un’idea. L’oggetto artistico passa quindi in secondo piano rispetto alla capacità di comunicare il messaggio intellettuale elaborato dall’artista. Per questo anche un “evento”, di cui rimane traccia solo nella testimonianza fotografica o filmica, può diventare “artistico”. Obiettivo dell’arte concettuale è quindi quello di stimolare nello spettatore un pensiero critico, e spesso conflittuale, riguardo alla realtà che lo circonda.
Alla fine degli anni Cinquanta i movimenti neodadaisti e minimal art delinenano già un approccio di tipo concettuale. Ma è solo a partire dagli anni Sessanta, e lungo tutta la decade successiva, che si viene a definire pienamente una linea concettuale nell’arte: l’arte povera di Mario Merz, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Luciano Fabro (1936-2007), Michelangelo Pistoletto, e il concettuale di Joseph Kosuth, Bruce Nauman (1941-), Lawrence Weiner e Giulio Paolini.
Il percorso di Beuys
Nel diversificato panorama dell’arte concettuale, l’artista tedesco Joseph Beuys riesce a caratterizzare il suo lavoro grazie a un approccio originale che ne fa uno dei rappresentanti più significativi e carismatici. Nato nel 1921 a Krefeld, in Germania, nel 1931 frequenta la Hindenburg-Oberschule di Kleve. Entra a far parte della Hitler-Jugend, e nel 1940 è arruolato come pilota da caccia nella Luftwaffe. Nel 1943, durante una missione, l’aereo di Beuys viene abbattuto in Crimea. Pur non essendo mai stata accertata la veridicità di questo episodio, Beuys sostenne che fu salvato da una tribù di nomadi tartari, che lo guarirono cospargendogli sul corpo del grasso e avvolgendolo nel feltro, due materiali che negli anni successivi saranno posti al centro della sua ricerca. L’esperienza della guerra, fonte di ispirazione lungo tutta la sua attività artistica, sarà intesa da Beuys come possibilità di rinascita spirituale tesa al raggiungimento di una completa armonia tra uomo e natura.
Nel 1947 si iscrive alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf e nel 1953 inizia a realizzare disegni e piccole sculture che espone in una prima mostra personale. Superata una violenta crisi esistenziale, che lo colpisce alla metà degli anni Cinquanta, nel 1961 gli è data l’opportunità di insegnare scultura monumentale alla Kunstakademie di Düsseldorf. In questa circostanza entra in rapporto con George Maciunas e Nam June Paik, con i quali prende parte ai primi events di Fluxus a Copenaghen, Londra e Wiesbaden.
Nel 1962 è tra i principali organizzatori di Festum Festorum Fluxus, durante la quale presenta la prima importante azione pubblica dal titolo Sinfonia Siberiana, I movimento, in cui si possono già riconoscere i temi più importanti del suo lavoro artistico successivo: rifacendosi ai principi dell’antroposofia di Rudolf Steiner, Beuys mette al centro della sua idea di arte l’uomo, che con la sua energia e seguendo principi morali ed estetici ha la possibilità di trasformare il mondo che lo circonda.
Aktionen e Objekten
Beuys considera questo processo creativo l’essenza dell’atto artistico, e quindi se l’uomo libero è l’uomo che agisce creativamente, ogni uomo libero può considerarsi un artista. Questa visione dell’“azione” artistica viene esplicitata dallo slogan “La rivoluzione siamo noi”, con cui Beuys intende sottolineare il potere dell’arte nel responsabilizzare l’uomo rispetto ai suoi comportamenti. A differenza di Marcel Duchamp, che aveva decontestualizzato l’oggetto d’uso comune allo scopo di dargli un’entità artistica, Beuys considera l’oggetto artistico come esito di un processo creativo ed esistenziale, caratterizzato da una determinata realtà storica da cui acquista senso e valore. Durante le performance, definite da Beuys Aktionen (“azioni”), si ha la possibilità di rendere concreta l’idea che sta alla base del processo creativo: modificando e scombinando le normali relazioni che caratterizzano gli oggetti, l’artista riesce a fare emergere la loro energia intrinseca.
Passaggio successivo è il coinvolgimento del pubblico riguardo all’evento prodotto. Lo scopo delle Aktionen non è quindi ciò che si produce, ma il discuterne insieme. I materiali e gli oggetti usati nelle Aktionen sono spesso poveri o di uso comune (feltro, miele, grasso, juta, torce elettriche, slitte, telefoni, bidoni, motori, ecc.), ma scelti proprio perché particolarmente adatti a sviluppare energie simboliche e autobiografiche.
Scenari delle Aktionen sono le Installationen, che, secondo Beuys, può essere qualsiasi luogo capace di produrre la massima energia nella connessione tra i gesti compiuti dall’artista e le nuove relazioni tra gli elementi. Alla fine delle Aktionen rimangono degli Objekten, oggetti che per l’artista tedesco sono fondamentali testimonianze dei processi creativi messi in moto dalle Aktionen. Tra le Aktionen più importanti concepite da Beuys durante gli anni Sessanta e Settanta si possono ricordare Der Chef a Berlino (1964), Wie man einem toten Hasen Bilder erklärt a Düsseldorf (1965), Manresa, Hauptstrom, Der Stahltisch/Handaktion a Düsseldorf e Iphigenie/Titus Andronicus a Francoforte (1969). Del 1974 è la performance dal titolo Coyote. Amo l’America e l’America ama me. L’artista tedesco, avvolto in un rotolo di feltro, si fa trasportare in aereo da Düsseldorf a New York, dove si rinchiude con un coyote selvatico per un mese dentro la René Block Gallery. Durante questa prolungata e inizialmente conflittuale convivenza, lentamente si instaura un rapporto tra l’artista e l’animale. Il significato simbolico dell’azione rituale, in cui Beuys si pone come sciamano pacificatore, tende a evidenziare lo scontro tra natura e civiltà capitalistica.
Arte per la società
Nel 1982, chiamato a partecipare alla settima edizione della mostra tedesca Documenta, Beuys dispone 7000 pietre di basalto sulla Friedrichsplatz di Kassel. Ciascuna delle pietre poteva essere comprata dal pubblico e il denaro raccolto serviva a piantare una quercia per ogni pietra acquistata. A conclusione dell’Aktion in circa 300 anni l’insieme degli alberi sarebbe diventato un bosco. Il progetto Stadtverwaldung statt Stadtverwaltung (Alberare anziché dirigere la Città), riscuote grande interesse e apre un vasto dibattito, soprattutto per il fatto che l’opera realizzata non può essere acquistata, venduta né esposta. Quello che interessa Beuys è costruire un rito collettivo, capace di stimolare l’opinione pubblica riguardo alle tematiche ecologiste, che in quegli anni iniziavano ad affermarsi.
Ed è proprio alla dimensione politica che Beuys guarda con interesse, organizzando conferenze, dibattiti e documenti intesi come vere e proprie forme di espressione creativa. Promuove la Conferenza sulla democrazia diretta e sulla libera creatività, e soprattutto i manifesti della Free International University (1977), nei quali si auspica l’avvento di una nuova realtà sociale, priva delle logiche di profitto che caratterizzano il sistema capitalistico. L’impegno politico di Beuys si attua inoltre nella creazione della Freie internationale Hochschule für Kreativität (1973), dopo che gli viene stato revocato l’incarico alla Kunstakademie di Düsseldorf per aver appoggiato le rivendicazioni degli studenti, e attraverso la fondazione di nuove forze politiche in grado di rinnovare l’idea di democrazia e uguaglianza: il Deutsche Studentenpartei (Partito studentesco tedesco) nel 1967 e la Organisation für direkte Demokratie durch Volksabstimmung (Organizzazione per la democrazia diretta) nel 1972.
Per l’artista tedesco, quindi, il superamento dell’arte vista in termini musealizzati, si compie in quella che Beuys definisce “Soziale Plastik”, una nuova dimensione antropologica realizzabile in qualsiasi campo delle attività umane. L’artista tedesco in questo modo riesce a introdurre nel dibattito il centrale e delicato problema del ruolo dell’artista inserito nella società contemporanea e la sua responsabilità nell’indicare significati e valori che vanno al di là del puro fatto estetico.