CAMBON, Joseph
Uomo politico francese, nato a Montpellier nel 1754 o 1756, morto a Bruxelles nel 1820. Commerciante della sua città nativa, portò nelle assemblee rivoluzionarie, di cui fu parte (l'Assemblea Legislativa e la Convenzione), insieme con una rigida fede democratica, quella spiccata attitudine allo studio e alla risoluzione dei problemi finanziarî che lo rese più volte prezioso al governo della repubblica: la ristrettezza mentale propria del dommatismo settario e la passione egualitaria si fondevano singolarmente in lui col buon senso pratico dell'uomo d'affari. La sua azione politica fu di scarso rilievo, malgrado qualche tentativo, specialmente fra il marzo e l'aprile del 1793, di esercitare opera moderatrice fra la Gironda e la Montagna, della quale ultima fu quasi sempre seguace. Più proficua fu la sua attività tecnica nel campo finanziario, sia come membro del comitato di Salute pubblica, di cui fu tra i primi a far parte, pure uscendone assai presto, sia in seno al comitato di finanza, cui appartenne quasi sempre. Basti ricordare un suo rapporto del 15 dicembre 1792, destinato a fare epoca nella storia della politica estera della Francia rivoluzionaria, che determinò il celebre decreto della Convenzione, con cui, correggendo gli effetti del precedente decreto del 29 novembre proclamante la guerra di liberazione o di affrancamento dei popoli oppressi, si dichiarava doversi, d'ora in poi, pagare dai nemici, e quindi a spese dei popoli conquistati, gli oneri della guerra di liberazione. Nell'agosto del 1793, propose per primo la creazione del gran libro del debito pubblico. Tassatore feroce e senza riguardi, avversario inesorabile dei fornitori e di ogni disordine amministrativo, sembrava nato per fare il commissario di guerra della Rivoluzione e il procuratore fiscale della repubblica. La sua influenza cominciò a declinare con la caduta di Robespierre, alla quale contribuì, non tanto per mettere fine al Terrore, quanto per difendere sé stesso, sapendosi minacciato da Robespierre e da Couthon. Durante la giornata del 9 termidoro, fu anzi tra i primissimi a osare d'interrompere Robespierre e ad accusarlo di tirannide. Ma la reazione seguitane lo ebbe irriducibile avversario, per un'insuperabile incompatibilità di tendenza fra lui e i Termidoriani, e specialmente il Tallien, dalle cui accuse, durante l'ottobre del 1794, si difese energicamente contrattaccandolo. Nel marzo del 1795 si oppose invano al richiamo nel seno della convenzione dei Girondini superstiti alla proscrizione del giugno 1792. Accusato, forse a torto, di complicità nel moto insurrezionale giacobino del 12 germinale, anno III (1° aprile 1795), fuggì all'estero, dove rimase fino alla morte, tranne un breve ritorno in patria nel 1815, durante i Cento giorni, quando fu deputato alla Camera dei rappresentanti. Waterloo gli riaprì le vie dell'esilio.
Bibl.: F. Bornarel, Cambon et la Révolution française, Parigi 1905; R. Arnaud, Cambon, Parigi 1926.