HAUTEVILLE, Joseph-François-Jerôme Perret conte di
Nacque a Rumilly, nel Genevese (Alta Savoia), il 17 ott. 1731, da Joseph-Michel (morto il 29 giugno 1763) e Marie Ignace Bouvier d'Yvoire (morta il 29 marzo 1777).
I Perret erano una famiglia della piccola nobiltà savoiarda, il cui inserimento nel secondo stato era stato confermato da Carlo Emanuele I il 1° apr. 1626, con patenti di nobiltà emanate in favore dei fratelli Jean, François, Pierre e Antoine Perret, figli d'una nutrice del duca, che avevano "toujours veçu noblement et continué à notre service environ trente-cinq ans en ça tant dans la compagnie de nos gardes qu'en l'exercise de plusieurs charges honorables". Alla fine del Seicento la famiglia era divisa in due linee principali: i Perret de Molard (il cui ultimo esponente sarebbe stato l'H.) e i Perret d'Angloz. Joseph Michel era stato il primo a non seguire la carriera militare: dopo essersi laureato, infatti, aveva ricoperto diversi ruoli del magistrato della Riforma sabaudo (sorta di ministero della Pubblica Istruzione); poi, tornato a Rumilly, ne era stato nominato riformatore agli studi. Il 24 marzo 1724 aveva acquistato la signoria di Hauteville (un piccolo borgo alla periferia di Rumilly) dal marchese J.-J. Chabod de Saint-Maurice e, vedovo d'un primo matrimonio, il 5 nov. 1725 aveva sposato la Bouvier d'Yvoire.
Unico figlio maschio, l'H. studiò all'Università di Torino, dove fu compagno di studi di Carlo Denina e conobbe anche Francesco Maria Bogino, figlio di Giovanni Battista, potente ministro di Carlo Emanuele III. Conseguito il baccalaureato nel 1748 e la licenza nel 1750, si laureò il 5 giugno 1751. Impiegatosi come volontario nelle segreterie di Stato, nel 1756 fu scelto da Bogino per una delicata missione a Milano: avrebbe dovuto ottenere dalle autorità austriache la consegna delle carte conservate negli archivi lombardi riguardanti le terre del Ducato di Milano conquistate dai Savoia nella prima metà del secolo. Nella sua prima missione, durata poco più d'un anno (agosto 1756 - settembre 1757), l'H. si rivelò efficiente e capace, tanto da generare l'invidia di altri funzionari che cercarono di metterlo in cattiva luce presso il sovrano accusandolo di subire eccessivamente il fascino del governo asburgico (accusa che poi gli sarebbe stata mossa più volte). Rientrato a Torino, comunque, l'H. scrisse alcune ampie relazioni che soddisfecero il sovrano e misero a tacere le critiche.
Fra le più rilevanti meritano d'esser ricordate la Relazione del conte d'Hauteville circa il suo operato relativo alla missione a Milano per reperire documenti e notizie riguardo ai Paesi smembrati dallo Stato di Milano ed incorporati nei domini sardi (1757; poi in Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi in genere, m. 1 bis); il Supplemento di relazione… del suo primo viaggio a Milano… per la ricerca delle scritture ed opportune notizie concernenti i paesi di nuovo acquisto (1758; ibid., Paesi in genere, m. 4, f. 3); la Relazione generale… nella quale riferisce tutti i documenti e notizie da esso raccolte (1758, in tre tomi; ibid., Materie economiche, Gabellasale ne'paesi di nuovo acquisto, m. 2 d'add., f. 1); nonché la Relazione… delle scritture… riportate dagli archivi di Milano e del riparto di esse alli rispettivi regi uffici (terminata nel 1760; ibid., Paesi di nuovo acquisto, Miscellanea, m. 1, f. 1)
All'inizio degli anni Sessanta l'H. era probabilmente il funzionario sabaudo più competente sul Ducato di Milano. Bogino convinse quindi Carlo Emanuele III a sfruttare tale competenza: il 25 ag. 1759 il ventottenne H. fu nominato intendente di Voghera e dell'Oltrepò pavese, carica che mantenne per diciotto anni (ma in realtà Voghera fu, almeno per i primi anni, solo una base per missioni più impegnative svolte a Milano, vero teatro della sua azione).
La nomina dell'H. a intendente era di poco successiva all'istituzione, da parte di Carlo Emanuele III, della Giunta del censimento, una commissione creata per effettuare il censimento delle province "di nuovo acquisto". Diretta inizialmente dal barone J.-J. Foncet, poi dal conte V.S. Beraudo di Pralormo, la giunta intendeva uniformarsi il più possibile ai metodi seguiti da Pompeo Neri per il catasto lombardo, iniziato nel 1750 e allora in fase d'ultimazione. Nell'agosto 1761, quindi, l'H. fu inviato a Milano sia per ottenere le carte relative al catasto lombardo del 1733, sia per studiare come applicare gli indirizzi di Neri allo Stato sabaudo. Accompagnato da F. Marino, segretario nei Regi Archivi di corte, egli doveva anche raccogliere documenti relativi alle province "di nuovo acquisto" e ai feudi imperiali delle Langhe. Suo interlocutore ufficiale a Milano fu il senatore Giovanni Verri, ma il giovane funzionario stabilì una corrispondenza non ufficiale con Pompeo Neri, ormai trasferitosi in Toscana dopo la stipula, nel 1757, del concordato fra Vienna e Roma. Neri gli inviò "osservazioni sopra il concordato di Milano sopra le osservazioni ecclesiastiche" (Neri all'H., Firenze, 17 dic. 1761, in Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi in genere, m. 4, f. 4) e si offrì di collaborare con Torino. L'H. fu incaricato di tenere i rapporti col riformatore toscano (destinati a proseguire almeno sino al 1763), a patto però che restassero segreti e che il governo di Torino non vi risultasse impegnato ufficialmente.
Oltre alle questioni del censimento egli ebbe anche altri incarichi, fra i quali quello di creare una seconda staffetta postale settimanale fra Torino e Milano (marzo-aprile 1763). L'H. era ormai divenuto il delegato cui il governo sabaudo ricorreva abitualmente per tutte le questioni inerenti i rapporti con lo Stato di Milano. Negli ultimi mesi del 1763 si ammalò gravemente, e durante la convalescenza ricevette la notizia della morte del padre. La cattiva salute non gli permise di tornare subito in Savoia; vi si portò solo l'anno successivo, restandovi per diversi mesi. Poco dopo il ritorno a Voghera fu posto nella commissione incaricata di definire i confini tra lo Stato sabaudo e il Ducato di Parma e Piacenza, che concluse i lavori nel 1766. Il 1° maggio 1775 l'H. fu promosso intendente del Novarese: un segno di fiducia da parte del nuovo sovrano, Vittorio Amedeo III, che intendeva metterlo alla prova e che, pochi mesi dopo, accettò di erigere il feudo di Hauteville in comitato. Egli si trovò, quindi, a gestire l'applicazione del censimento nella provincia più restia a inserirsi nello Stato sabaudo. D'intesa con A. Botton di Castellamonte, generale delle Finanze, si occupò di seguire i numerosissimi ricorsi per le esenzioni, mossi soprattutto dalle autorità ecclesiastiche. In particolare si adoperò perché fosse ridotta, se non abolita, l'immunità per i padri di dodici figli. I Comuni della provincia di Pallanza, in particolare, erano fra i più riottosi ad accettare il nuovo sistema censuario e le più rigorose imposizioni fiscali che ne derivavano. Nel 1778 l'H. fu incaricato dal governo di compiere un'indagine sulla situazione della provincia. Giunse in luglio a Pallanza insieme con alcuni "periti estimatori" che dovevano verificare le stime approntate negli anni precedenti; la missione durò quasi un anno, fino alla primavera del 1779. L'H. consegnò allora all'azienda delle Finanze un'accurata Relazione generale dello stato della provincia del Lago Maggiore, o sia Pallanza (Ibid., Corte, Paesi in genere per province, Prov. di Pallanza, m. 78, f. 6). In essa mostrò l'importanza politica della provincia di confine, invitando il governo ad accordarle alcune fra le agevolazioni richieste per evitare che il confronto con la vicina Lombardia (dove le esenzioni, laiche e religiose, erano più numerose) portasse a una frattura le cui conseguenza politiche potevano rivelarsi gravi, almeno sul lungo periodo.
La missione a Pallanza convinse Vittorio Amedeo III delle competenze dell'H. che, dopo oltre vent'anni, fu richiamato a Torino per ricoprire l'incarico di "intendente generale delle regie gabelle", affidatogli con regie patenti del 12 ott. 1779. Nonostante sembrasse il coronamento della sua attività d'intendente, l'amministrazione delle finanze non era però il settore cui Vittorio Amedeo III intendeva destinarlo. Infatti un anno dopo, il 12 dic. 1780, lo nominò "primo ufficiale" della segreteria di Stato agli Affari esteri, facendone il numero due del ministro, il conte C.B. Perrone di San Martino (1718-1802). Inoltre l'H. venne gratificato del titolo di consigliere di Stato. John Stuart, barone di Cardiff (detto visconte Mountstuart), ambasciatore inglese a Torino, in un dispaccio a Londra del 20 dic. 1780 lo diceva "uncommonly clever", sottolineandone la forza di carattere e il "great turn for business" (London, Public Record Office, State Papers, cat. 92, Sardinia, reg. 83). Fine conoscitore del mondo asburgico, l'H. gestì le trattative per il matrimonio fra il duca d'Aosta Vittorio Emanuele (il futuro re Vittorio Emanuele I) e Maria Teresa d'Asburgo Lorena, celebrato in Novara il 23 apr. 1789. Nel frattempo l'aggravarsi delle condizioni di Perrone (costretto da ricorrenti crisi di nervi a sempre più lunghi periodi d'inattività) aveva di fatto posto la segreteria agli Esteri nelle sue mani. Il 25 sett. 1789, infine, Perrone fu giubilato e la reggenza della segreteria agli Esteri fu affidata all'H., che così si trovò a dirigere il ministero durante la crisi seguita alla Rivoluzione e a gestire la guerra con la Francia fra 1792 e 1796.
Per la condotta tenuta in quei frangenti egli è stato solitamente rappresentato come un "devoto, ma inetto consigliere" (N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese dal 1773 sino al 1861, I, Roma 1877, p. 50). Tale giudizio è in realtà ingeneroso, giacché dal 1790 la gestione della politica estera dello Stato fu assunta direttamente da Vittorio Amedeo III. I dispacci dell'ambasciatore inglese John Trevor restituiscono, invece, l'immagine d'un funzionario abile e disinteressato, costretto ad attuare scelte non sempre condivise. Anche l'alleanza fra Stato sabaudo e Austria non può esser vista come una mera conseguenza delle sue personali predilezioni. Fra l'altro fu l'H., nel 1791, a commissionare a G.F. Galeani Napione di Cocconato e a presentare al sovrano l'Idea d'una confederazione delle potenze d'Italia, in cui il progetto d'una grande alleanza fra gli Stati italiani era tanto antifrancese quanto, implicitamente, antiaustriaco (l'H. svolse un'intensa attività a favore del Galeani Napione, di cui era parente: sua sorella Thérèse-Catherine, infatti, aveva sposato il conte Giovan Michele Crotti di Costigliole e la loro figlia, Luisa Maddalena, nel 1786, aveva sposato Galeani Napione).
La stipula dell'armistizio di Cherasco (28 apr. 1796) segnò la fine della carriera dell'Hauteville. Da un lato l'esito drammatico della guerra rendeva necessario un cambio alla guida del dicastero; dall'altro egli era savoiardo e, come tale, il governo francese, che aveva conquistato e annesso la Savoia, lo considerava un "émigré". La sua permanenza nel governo sabaudo non era più possibile e, il 6 giugno 1796, Vittorio Amedeo III lo rimosse dal ministero, nominandolo "gran cancelliere in seconda" dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Durante la prima occupazione francese (dicembre 1798 - maggio 1799) l'H. subì il sequestro dei suoi beni piemontesi. Arrestato nell'aprile del 1799, nel mese successivo fu compreso fra gli ostaggi che i Francesi portarono a Grenoble, in seguito alla conquista del paese a opera degli Austro-Russi. Fu liberato e rientrò in Piemonte quando questo, dopo la battaglia di Marengo, tornò in mano francese (maggio 1801); nella primavera del 1804, il prefetto di Torino La Ville (l'ex conte F. Villa di Villastellone, leader dei collaborazionisti), lo indicò al governo di Parigi come individuo sospetto e pericoloso. Tali accuse, dirette a un ultrasettantenne ormai quasi del tutto privo di risorse, furono prese sul serio: nel 1806, infatti, fu arrestato e deportato in Francia.
L'H. morì il 24 febbr. 1810 (non si conosce il luogo esatto di morte) e fu sepolto nella chiesa di S. Agata a Rumilly.
Suo erede fu il nipote ex sorore Piero Crotti di Costigliole (1775-1848) che, nel 1815, consegnò ai Regi Archivi (di cui era direttore Galeani Napione) l'archivio politico del ministro: lascito di grande importanza poiché comprendeva sia le carte degli anni trascorsi in Lombardia sia la corrispondenza degli anni Novanta con gli ambasciatori sabaudi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Materie politiche in rapporto all'interno, Lettere di particolari, "H", m. 1, Hauteville (1764); Londra, Public Record Office, State Papers, cat. 92, Sardinia, reg. 83; Foreign Office, cat. 67, Sardinia, regg. 6, 21. Molte delle lettere inviate dall'H. durante la missione a Milano del 1761-62 sono in Arch. di Stato di Torino, Corte, Milanese, Lettere diverse, m. 12, f. 2 e ibid., Paesi di nuovo acquisto, Tortonese, Marchesato di Pregola, m. 5, ff. 1 (1761) e 2 (1762). La corrispondenza con l'archivista Ambel e con Mazè in merito alle carte degli archivi milanesi è in Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi di nuovo acquisto, Miscellanea, m. 1, f. 3 (1761-63); quella con Ossorio e Raiberti, sui lavori per la convenzione del 1763 in Corte,Materie economiche, Poste, m. 3 di sec. add., f. 18 (1763); per la convenzione con Parma del 1766, Corte, Materie politiche per rapporto all'estero, Trattati, Trattati diversi, m. 34, f. 2; per la sua attività a Novara, Corte, Materie economiche, Censimento paesi di nuovo acquisto, m. 6 di sec. add., ff. 11 (1777), 12 (1776), 13 (1777), 19 (1778), 22 (1778-79); Corte, Paesi per A e B, "B", m. 39, Borgomanero, f. 4 (1778); per quella all'ufficio delle gabelle, Corte, Materie economiche, Gabelle in generale, m. 2 di sec. add., f. 18 (1779); l'elenco delle carte dell'H. giunte ai Regi Archivi nel 1815 è in Corte, Regi archivi, cat. II, m. 11, f. 11. G. Casalis, Diz. storico-statistico-commerciale degli Stati di sua maestà il re di Sardegna, VIII, Torino 1841, p. 313; XVI, ibid. 1847, pp. 664 s.; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la Rivoluzione e l'Impero francese, Torino 1892, I, pp. 88, 350; II, p. 20; E.-A. de Foras, Armorial et nobiliaire de l'ancien Duché de Savoie, IV, Grenoble 1900 [finito di stampare nel 1910], pp. 372 s.; G.P. Romagnani, Prospero Balbo intellettuale e uomo di Stato (1762-1837), Torino 1988-90, I, pp. 182 s.; II, p. 32; G. Ricuperati, Gli strumenti dell'assolutismo sabaudo: Segreterie di Stato e Consiglio delle Finanze nel XVIII secolo, in Id., Le avventure di uno Stato "ben amministrato". Rappresentazioni e realtà nello spazio sabaudo tra Ancien régime e Rivoluzione, Torino 1994, pp. 87, 95, 111, 116; Id., Lo Stato sabaudo nel Settecento. Dal trionfo delle burocrazie alla crisi d'antico regime, Torino 2001, pp. 171, 247, 249, 253 s., 317, 320-322.