SCHIFF, Joseph Hugo.
– Nacque a Francoforte sul Meno da Joseph Moses (1784-1852) e da Henriette Trier (1798-1888) il 26 aprile 1834.
Appartenente a una antica famiglia ebraica, di origine spagnola, Schiff fu l’ottavo di dieci fratelli, ma solo altri tre raggiunsero l’età adulta, le sorelle Bertha e Clementine e il celebre fisiologo Moritz (il secondogenito), di undici anni più anziano, la cui vicende scientifiche e intellettuali influenzarono in maniera decisiva la carriera del fratello (v. la voce in questo Dizionario).
Dopo la formazione primaria e liceale, Hugo si iscrisse all’Università di Gottinga, dove studiò con Friedrich Wöhler, noto per aver effettuato nel 1828 la prima sintesi di un composto organico da materia inorganica, l’urea.
Pare che Schiff fosse solito ripetere ai suoi allievi: «Si ricordi che lei discende da Berzelius, perché Berzelius insegnava la chimica al vecchio Wöhler e il Wöhler la insegnava a me» (Gelsomini, 1988, p. 192).
Nel 1856 Schiff lasciò la Germania; vi sarebbe rientrato soltanto per conseguire la laurea, il 30 gennaio 1857, con una tesi sui derivati della naftilamina. Si trasferì a Berna, dove già si trovava il fratello Moritz, il quale aveva abbandonato la patria a causa delle idee politiche di matrice socialista e marxista. A tali idee aderì convintamente anche Hugo, che nel corso della sua carriera non mancò mai di testimoniare l’apprezzamento per il socialismo, di cui seguì gli sviluppi anche in Italia, risultando uno dei fondatori dell’Avanti nel 1894.
A Berna Schiff iniziò a insegnare con la qualifica di libero docente presso la locale università. Come membro della delegazione svizzera, partecipò nel 1860 al Congresso internazionale di chimica che si svolse dal 3 al 5 settembre a Karlsruhe, dove Stanislao Cannizzaro (che due anni prima aveva pubblicato il Sunto di un corso di filosofia chimica) riuscì a imporre a livello mondiale la validità dell’ipotesi di Avogadro, stimolando Dmitrij Ivanoviĉ Mendeleev (presente anch’egli al Congresso) a realizzare la Tavola periodica degli elementi, la cui prima versione risale al 1869.
Questo il ricordo dello stesso Schiff: «la gloria dell’assemblea appartenne senza dubbio al Cannizzaro che tenne il suo discorso in francese, lo vedo ancora a passo concitato e dietro di lui Angelo Pavesi a distribuire il Sunto, il suo discorso fu chiaro e conciso, senza florilegio oratorio, fece un’impressione immensa e pochi soltanto, allora sapevano distinguere fra atomo e molecola» (A cent’anni dalla scomparsa di Ugo Schiff, 2017, p. 91).
Negli ultimi mesi del 1862 il fisico Carlo Matteucci, in quel momento ministro della Pubblica Istruzione, conferì a Moritz Schiff, che aveva avuto modo di conoscere a Parigi, l’insegnamento di fisiologia presso l’Istituto di studi superiori, pratici e di perfezionamento di Firenze, la cui sezione scientifica era collocata nei locali del Museo di fisica e storia naturale, istituito nel 1775 dal granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena. Hugo, che nel maggio del 1862 aveva cessato la sua attività di insegnante all’Università di Berna per carenza di fondi da parte delle autorità cantonali, seguì il fratello in Italia, subentrando al posto di Giuseppe Favilli (trasferitosi a Napoli nel marzo del 1863) come ‘aiuto provvisorio’ di Paolo Tassinari presso l’Università di Pisa. Si presentò con un curriculum di cinquantanove lavori pubblicati tra il 1854 e il 1863 e sei inediti.
La sistemazione pisana non era però gradita a Schiff, il quale cercò rapidamente di cambiare sede. Le sue aspirazioni sono testimoniate dalla corrispondenza fra Cannizzaro e Michele Amari, ministro della Pubblica Istruzione dal dicembre del 1862 al settembre del 1864. In una lettera del 2 aprile 1864, che ci mostra uno spaccato della vita accademica di quegli anni, Amari chiese referenze su Schiff a Cannizzaro: «Il dott. Ugo Schiff, fratello del prof. di Fisiologia, è attualmente assistente di chimica in Pisa e dal giorno che andai in quella città per la festa di Galileo mi perseguita domandando una cattedra a Napoli o a Firenze. Allega le sue operette una delle quali mi ha mandata non è guari. Quel ch’è peggio or ha presa la facile via del Marchese Ridolfi, il quale non sapendo dire di no a nessuno popolò l’istituto di Firenze di quella plebe che voi sapete ed or mi propone lo Schiff per professore Straordinario di Chimica al Museo Fiorentino. Ditemi di grazia chi sia questo piccolo Schiff nell’aristocrazia della vostra scienza». La risposta di Cannizzaro dovette essere abbastanza positiva, perché in una successiva lettera Amari scrisse: «poiché non è una celebrità che si abbia a ritenere ad ogni costo, lo terrò presente quando ne avremo bisogno» (Cannizzaro, 1993, pp. 102-105). L’anno seguente Hugo ottenne la cattedra di chimica presso l’Istituto di studi superiori di Firenze, in particolare grazie a Carlo Matteucci, che nel maggio del 1865 era stato nominato direttore del Museo di fisica e storia naturale, diventando anche presidente della Sezione di scienze fisiche e naturali dell’Istituto. Raggiunse così nella città toscana il fratello Moritz, il quale nel 1876 si sarebbe tuttavia trasferito all’Università di Ginevra, a causa di una polemica relativa alle pratiche di vivisezione da lui esercitate.
Nel corso dei primi anni di permanenza in Italia, Schiff effettuò una serie di studi destinati a rendere celebre il suo nome. Tra il 1864 e il 1866 scoprì le cosiddette basi di Schiff (prodotti di condensazione delle aldeidi con le ammine), che avrebbero avuto un’applicazione straordinaria in campo sia medico sia biologico. Inoltre mise a punto il ‘reattivo di Schiff’ (leucofucsina o fucsina bianca), nome tradizionale dato all’acido bis-N-aminosolfonico responsabile della colorazione in rosso dei gruppi aldeidici liberati dall’acido periodico nella reazione PAS (acido periodico – reattivo di Schiff). Schiff effettuò numerose altre ricerche di alto livello sugli eteri borici, sui glucosidi e l’arbutina, sul tannino e sull’acido gallico, sugli ossiacidi aromatici e l’asparagina, sui derivati dell’urea. Il suo nome è inoltre legato a uno strumento, l’azotometro, di cui furono costruite decine di migliaia di esemplari a partire dal 1868.
Nel 1870 Schiff fu tra i fondatori della Gazzetta chimica italiana, che nacque proprio a Firenze, a dimostrazione del ruolo ormai assunto dal chimico di origine tedesca all’interno del panorama italiano, anche se non mancarono i momenti di difficoltà.
Dopo la morte di Raffaele Piria, nel luglio del 1865, a Torino venne bandito un concorso per la sostituzione del fondatore della scuola chimica italiana. Tra i candidati ci fu anche Schiff, il quale sicuramente primeggiava sugli altri partecipanti per quanto riguardava il profilo scientifico. La commissione, tuttavia, non trovò un accordo e il concorso si concluse senza un vincitore. La cattedra venne assegnata l’anno successivo all’austriaco Adolf Lieben, dal 1863 assistente di Cannizzaro a Palermo. Schiff non partecipò al nuovo concorso, ma quando Lieben si trasferì all’Università di Vienna, nel 1871, egli chiese di essere spostato a Torino (dopo aver avuto anche dei contatti con l’Università di Roma). L’Università di Torino preferì bandire un altro concorso, nel 1873, che si concluse soltanto dopo tre anni: questa volta Schiff risultò vincitore.
La necessità di lasciare Firenze fu probabilmente dovuta alle difficili condizioni in cui egli si trovava a operare, condizioni che, peraltro, erano comuni alla maggior parte dei laboratori chimici (e non solo) esistenti nella penisola: «L’insegnamento cattedratico ed i lavori del laboratorio», si può leggere in alcuni appunti che descrivono le attività svolte nel 1868, «incontrano molte difficoltà per via della mancanza di prodotti chimici e di molti strumenti necessari, i quali colla attuale dote del laboratorio possono essere acquistati soltanto nel corso di più anni. Mancano p.e. gli apparecchi per i metodi analitici più esatti, quelli per le analisi volumetriche e gasometriche, e persino il mercurio, vasi di platino, fornelli, ecc. Oltre a queste, l’istituzione di un corso pratico, trova fin ad ora altre difficoltà nelle condizioni del locale del laboratorio; le stanze sono basse e mancano di ventilazione, cosa di prima necessità per un laboratorio, alcuni posti mancano di luce, altri (essendo il laboratorio la parte più bassa del Museo ed al livello della strada) sono umidi a segno tale che devono essere sgomberati» (Gelsomini, 1988, pp. 190 s.). La morte di Matteucci, proprio nel 1868, impedì lo sviluppo di progetti di riforma volti alla creazione di spazi di ricerca e di insegnamento idonei all’interno del museo fiorentino.
Schiff era in rapporti con Torino soprattutto sotto il profilo editoriale, visto che da tempo aveva iniziato a collaborare con l’Enciclopedia di chimica scientifica e industriale, diretta da Francesco Selmi ed edita dalla UTET, per la quale scrisse numerosi articoli. Il chimico tedesco, inoltre, ormai a tutti gli effetti italiano (cambiò il suo nome in Ugo), pubblicò nell’anno del suo arrivo nella città piemontese, per i tipi della casa editrice Loescher, una Introduzione allo studio della chimica, secondo le lezioni fatte nel Museo di scienze naturali in Firenze, «testo interessantissimo dal punto di vista dell’epistemologia chimica» (Cerruti, 1999, p. 189).
Schiff non riuscì ad ambientarsi a Torino e dopo due anni, nel 1879, decise di tornare a Firenze, dove rimase fino alla morte. Fu così che egli ebbe modo di dare vita, con il suo insegnamento e le sue ricerche, a una delle grandi scuole di chimica italiana, quella fiorentina. Schiff fu presente nella vita universitaria in tutti i suoi aspetti, da quello della ricerca a quello organizzativo. Si impegnò a fondo su un progetto che prevedeva lo spostamento della sezione chimica dell’Istituto di studi superiori presso una nuova sede, che venne inaugurata nel 1887 (nell’attuale via Gino Capponi), unitamente alla costruzione di una grande aula per le lezioni, notevole anche sotto il profilo architettonico e artistico, in seguito a lui intitolata. Schiff pose grande attenzione anche alle questioni di didattica della chimica, che a suo avviso doveva essere largamente riformata. Pretendeva l’eccellenza e fu un docente severissimo, come è documentato non solo dalle testimonianze dei suoi allievi, ma anche da alcune proteste eclatanti da parte degli studenti, che talvolta contestarono duramente il suo operato.
Ormai cinquantenne sposò Ida Feistmann, vedova Merzbacher, dalla quale però non ebbe eredi (la moglie aveva comunque già quattro figlie).
Schiff era convinto che anche Firenze dovesse avere la sua Università degli studi, come avrebbe dichiarato in uno scritto del 1887, L’Università degli studi di Firenze. Notizie storiche raccolte dal prof. Ugo Schiff, che metteva in evidenza anche la sua passione per la storia, nonché una completa identificazione con la cultura italiana e, ancor di più, toscana: «Le gare tra Pisa e Firenze sono sepolte nei secoli; le catene nel Porto di Pisa sono restituite da lungo tempo, e gli occhi dei fiorentini non sono più offesi della vita dalla vista del tetto detto dei Pisani. Perché lasciare tuttora sussistere una differenza di grado fra le Università, mentre che d’or innanzi dovrebbero appoggiarsi mutuamente come sorelle, e gareggiare fra di loro soltanto nel tenere alta la gloria scientifica delle antiche università toscane ed italiane?» (Castellucci - Papini, 1999, p. 177). Il riconoscimento dell’Università fiorentina, tuttavia, sarebbe arrivato solo nel 1924. L’interesse di Schiff per la storia è riscontrabile anche nei suoi studi dedicati alla ricostruzione delle vicende scientifiche a Firenze, in particolare quelle relative al Museo di fisica e storia naturale, e nella sua attenzione a oggetti scientifici della massima importanza come la Tabula affinitatum inter differentes substantias e il Banco chimico del granduca Pietro Leopoldo, oggi conservati presso il Museo Galileo.
Fu socio di numerose accademie e società scientifiche nazionali e internazionali. Nel 1871 fu nominato cavaliere della Corona d’Italia.
Morì a Firenze l’8 settembre 1915.
Fonti e Bibl.: N. Gelsomini, H. S. e l’insegnamento della chimica a Firenze nella seconda metà dell’Ottocento, in Atti del II Convegno nazionale di storia e fondamenti della chimica... 1987, a cura di F. Calascibetta - E. Torracca, Roma 1988, pp. 189-192; S. Cannizzaro, Lettere, 1863-1868, a cura di L. Paoloni, Palermo 1993; E. Garin, La cultura a Firenze al tempo di Ugo Schiff, in Atti e memorie dell’Accademia fiorentina di scienze morali La Colombaria, 1994, vol. 59, pp. 201-216; E. Castellucci - P. Papini, L’impegno culturale e scientifico di Ugo Schiff per il prestigio dell’Università di Firenze, in Atti dell’ VIII Convegno nazionale di storia e fondamenti della chimica..., Arezzo... 1999, a cura di F. Abbri - M. Ciardi, Roma 1999, pp. 171-178; L. Cerruti, Ugo Schiff, in La facoltà di scienze matematiche, fisiche, naturali di Torino, 1848-1998, II, I docenti, a cura di C.S. Roero, Torino 1999, pp. 189 s.; Id., “Concordia discors”. I chimici italiani dell’Ottocento, fra politica e scienza, in La chimica e le tecnologie chimiche nel Veneto dell’Ottocento, a cura di A. Bassani, Venezia 2001, pp. 11-72; M. Ciardi, Reazioni tricolori. Aspetti della chimica italiana nell’età del Risorgimento, Milano 2010; Id., Fortune e sfortune della chimica italiana, in Storia d’Italia. Annali 26. Scienze e cultura dell’Italia unita, a cura di F. Cassata - C. Pogliano, Torino 2011, pp. 441-464; A cent’anni dalla scomparsa di Ugo Schiff. Un protagonista del sogno di Bettino Ricasoli per Firenze “Atene d’Italia”, a cura di S. Selleri - M. Fontani, Firenze 2017.