EICHENDORFF, Joseph Karl Benedickt von
Poeta romantico tedesco, nato nel castello di Lubowitz il 10 marzo 1788, morto a Neisse il 26 novembre 1857. È il più tipico rappresentante in Germania del secondo romanticismo, quando quello che in origine era stato un movimento rivoluzionario di idee, con quasi improvviso mutamento, si risolvette in un semplice stato d'animo scopo a sé stesso, con una malinconia dolce di disillusioni rassegnatamente accettate senza amarezza, con una interiorità estatica in perenne dolce ascolto di sé medesima, con una incontrastata predilezione per tutto ciò che è vago, indistinto, lontano: quel contenuto spirituale, che da tanti poeti del tempo venne considerato come modo poetico di sentire in contrasto con la prosa della vita e perciò scambiato senz'altro per poesia; ma che in E. diventò poesia veramente. Discendente da un'antica famiglia patrizia, stabilita nella Slesia dal sec. XVII, trascorse la giovinezza col fratello Wilhelm, fra gli studî e la libera vita nei possedimenti paterni, in quegli stati d'animo che la poesia di Goethe, di Novalis, di Tieck aveva creato in quel tempo in tutte le anime sensibili. Scolaro di Steffens a Halle; scolaro di Creuzer e di Görres a Heidelberg; in comunanza di vita e di "Schwärmerei" con Otto Heinrich von Loeben, Isidorus Orientalis; raccoglitore di canti popolari tedeschi per il secondo volume del Wunderhorn di Arnim e Brentano; unito a questi in vita comune a Berlino; entrato a Vienna in intimità e consuetudini di esistenza con Friedrich e con Dorothea Schlegel; arruolato volontario a Breslavia, nelle "nere falangi" di Lützow, si può dire che non ci fu personalità, né avvenimento, nel mondo romantico, con cui non sia vissuto a contatto. Tramontata invece fra le vicende della guerra la ricchezza della famiglia, dopo la pace di Vienna, dovette adattarsi ad entrare in un impiego: fu in varie città, finché, andato a riposo, dopo un paio d'anni passati a Danzica in casa di sua figlia e a Vienna, si stabilì definitivamente a Niesse, ma dappertutto, visse - "zu weinen und zu freuen sich" - nel dolce romantico mondo che era ormai una cosa sola con la sua natura. Romantiche evocazioni della sua infanzia e giovinezza, dei paesaggi di Lubowitz e degli uomini che li avevano popolati in quel tempo, costituiscono la sostanza più viva del romanzo Ahnung und Gegenwart, 1815, caotico-poetica espressione della nostalgia romantica nel suo disagio a contatto della realtà. Romantico teatro, nella sciolta forma lirico-musicale, per cui gli era sembrato, in giovinezza, ampliarsi e trasformarsi il mondo della scena in una manifestazione di religiose poetiche verità, è sempre rimasto tutto il suo teatro (v. i drammi: Ezelin von Romano, 1828; Der letzte Held von Marienburg, 1838; le commedie: Meyerbeths Glück und Ende, 1828; Krieg den Philistern, 1828; Die Freier 1830). Coltivò fedelmente in sé il romantico amore per le letterature romanze; e quando si volse a fare opera di traduzione, fu precisamente Calderón che prescelse, e in quegli autos in cui il teatro è realmente ancora sacro mistero (v. Geistliche Schauspiele von Calderon, 2 voll., 1846-53). Tanto vasta vicenda di movimenti politici si era venuta via via susseguendo intorno a lui, fino alla metà del secolo, ma per lui come per tutti i romantici la politica è l'arte con cui l'uomo deve far sì che il regno di Dio si attui sopra la terra (v. Viel Lärmen um nichts, 1832; Auch Ich war in Arkadien; Libertas und ihre Freier). Né minore era stato il rivolgimento nel mondo letterario, nella poesia come nella critica, da Novalis a Heine, da F. Schlegel a Jacob Grimm: egli continuò invece ad essere sempre lo stesso immutabile interprete della poesia come rivelazione del divino mistero, lo stesso esaltatore del cattolicesimo come sorgente prima della moderna poesia, come sola vera moderna forza d'ispirazione creatrice (Über die ethische und religiöse Bedeutung der neueren romantischen Poesie in Deutschland, 1847; Der deutsche Roman des 18. Jahrh.s in seinem Verhältnis zum Christentum, 1851; Zur Geschichte des Dramas, 1854; Geschichte der poetischen Literatur Deutschlands, 1857).
Al di là e al disopra di ogni concreta esperienza, era quello un atteggiamento congenito alla sua natura, in cui egli sempre nuovamente si ritrovava, con un'istintiva certezza di sé medesimo come in uno stato di grazia. La realtà, qual ch'essa fosse, non vi poteva portare turbamenti. Perciò anche la sua poesia è tutta così eguale nello stile, e di materia così lieve. La vita vi è contemplata, tutta, con distacco e lontananza, da un'interiorità assorta e fantasticante. La superiorità del romantico idillio Aus dem Leben eines Taugenichts (1826) - e anche del Marmorbild (1819), sebbene in minor misura, e sebbene in quest'ultimo la vitalità della narrazione sia essenzialmente nel libero gioco della fantasia - sopra gli altri racconti (Der Glücksritter, 1841; Der Dichter und ihre Gesellen, 1834; Schloss Dürande, 1837); - così come sopra le romanze e i poemi (Julian, 1853; Robert und Guiscard, 1833; Lucius, 1857) - ha la sua spiegazione precisamente nel fatto che "tutti i rumori del mondo ne sono lontani": l'E. vi si è semplicemente deliziato a vagabondare per il suo paesaggio interiore, indugiando negli stati d'animo che gli erano cari, come sempre ha fatto anche in quella che è la sua opera più viva: nella sua lirica. Impressioni di paesaggi lunari, squilli di corni di postiglione, visioni d'albe nascenti, apparizioni di romantiche rovine, e canti d'uccelli a ogni passo, lungo la via, in mezzo alla campagna verde. Sospinta dalla nostalgia, l'anima va vagando per il mondo; e la natura è tutta in fiore, e il mondo è luminoso, quieto, chiaro. La vita ha tutta la levità del sogno, e la legge della vita è melodia. Dolcemente l'anima intesse a sé medesima la trama aerea di una vita che non è che un iridescente riflesso della sua "Sehnsucht". Ma nella limpidezza e purità del canto, quel mondo, che parrebbe di fiaba, diventa un mondo di interna umana verità. Di molte liriche sembra veramente che portino nascendo, già in sé latente, la melodia che il genio musicale di Schubert ha donato loro più tardi.
Ediz.: Una prima ediz. delle opere uscì già vivente il poeta: Werke, 4 voll., Lipsia 1841. Ora si sta pubblicando un'ediz. critica in 25 voll. a cura di W. Kosch: Werke, Ratisbona 1908 e segg.: il 22° vol. contiene una ricca bibliografia a cura di K. v. Eichendorff. Buone edizioni scelte sono quelle curate da R. Gottschall, 4 voll., Lipsia 1907; L. Krähe, Berlino 1908; F. Schulz, Lipsia 1910; P. Ernst e H. Amelung, 6 voll., Monaco 1909-13; L. H. Wegener, 6 voll., Lipsia 1923.
Bibl.: H. v. Eichendorff, J. v. E., sein Leben und seine Schriften, 3ª ed. a cura di W. Kosch e K. v. Eichendorf, Lipsia 1923; H. Brandenburg, J. v. E., sein Leben und sein Werk, Monaco 1922; K. Jakubczyk, E.s. Weltbild, Habelschwerdt 1923. Sulla lirica v. J. Nadler, E.s Lyrik, Praga 1908; F. Fassbinder, E.s Lyrik, in Vereinsschrift der Görres Gesellschaft, 1911; E. Reinhard, Eichendorff-Studien, Münster 1908. Numerosi studî su singoli problemi sono pubblicati nelle Prager Deutsche Studien, XX, e segg. e nello Eichendorff-Kalender, pubblicato a cura di W. Kosch (Monaco 1909 segg.) con esaurienti indicazioni bibliografiche.