TOEPLITZ, Józef Leopold (nomi poi italianizzati in Giuseppe Leopoldo). – Nacque il 10 dicembre 1866 a Żychlin (a circa 100 km da Varsavia)
, da Bonawentura e da Regina Konic, entrambi di religione ebraica.
Era il quintogenito di una famiglia numerosa (undici figli, il cui primogenito morì ad appena un anno di vita).
Al momento della nascita di Toeplitz, la Polonia era divisa fra tre diversi Stati (Regno di Prussia, Impero austro-ungarico e Impero russo); la parte in cui si trova Żychlin apparteneva alla Russia, e pertanto Toeplitz era un suddito dello zar.
Le più lontane radici della famiglia Toeplitz si trovano in Boemia (allora facente parte dell’Impero d’Austria), e precisamente a Teplice (in tedesco Teplitz, da cui il cognome). Negli anni Sessanta del Settecento, il capostipite, il rabbino Jehuda Lejb (1740-1806), mosse da Teplice per trasferirsi a Leszno, nella parte di Polonia appartenente alla Prussia. Il suo figlio maggiore, Szymon Samuel (1766-1834), alla fine del secolo si trasferì a Varsavia, cioè nella Polonia russa.
Il ramo della famiglia di cui faceva parte Józef vantava una lunga esperienza nel mondo dei commerci, dell’industria e della finanza. Szymon aveva avviato a Varsavia un’attività mercantile, proseguita poi dal suo figlio maggiore, Teodor (1793-1838). Da parte sua, Bonawentura (1831-1905) – ultimo dei nove figli di Teodor e padre di Józef – oltre a occuparsi della propria tenuta presso Żychlin (dove produceva barbabietole da zucchero), era amministratore delle proprietà di nobili polacchi e direttore dell’industria meccanica LRL (Lilpop, Rau i Loewenstein), la più grande fabbrica di Varsavia. Un altro figlio di Teodor, Henryk (1822-1891), proprietario terriero e direttore di una ditta di spedizioni, fu tra i fondatori della principale banca di Varsavia, la BHW (Bank Handlowy w Warszawie). Diversi parenti di Józef furono ardenti patrioti e parteciparono alle rivolte contro i russi (1830 e 1863) che avevano come obiettivo la rifondazione dello Stato polacco; questa tradizione fu all’origine del forte patriottismo polacco che animò sempre Toeplitz, anche quando assunse la cittadinanza italiana.
Poco si sa della giovinezza di Józef. Secondo suo figlio Ludovico (Toeplitz, 1963, p. 24), egli (insieme con il fratello Zygmunt, di due anni maggiore) venne istruito privatamente da un precettore per la preparazione dell’esame di maturità classica. Secondo altre fonti (una lettera del suo successore alla Banca commerciale italiana, BCI, Raffaele Mattioli; Archivio storico Intesa San Paolo, BCI, Copialettere Mattioli, vol. 4, ff. 404-405, Mattioli a Eber, 19 febbraio 1931), ultimò gli studi superiori presso la scuola «balto-tedesca di Mitau» (oggi Jelgava, in Lettonia).
Ottenuta la licenza liceale, nell’ottobre del 1884 Toeplitz si trasferì in Belgio, a Gand, presso l’École préparatoire des arts et manufactures dell’Università. Superò gli esami del primo anno, necessari per l’ammissione alla scuola di ingegneria elettrotecnica. Non si presentò, però, agli esami del secondo anno e abbandonò Gand. Secondo il figlio Ludovico (Toeplitz, 1963, p. 28), il giovane Józef non seppe resistere alle tentazioni, finendo per coprirsi di debiti. Questi furono saldati dal cognato Jerzy Meyer, titolare di una rinomata ditta commerciale di Varsavia.
Dopo un forzato ma temporaneo rientro a Varsavia, Toeplitz – secondo il figlio (p. 26) – s’iscrisse al Politecnico di Aquisgrana (la notizia non ha tuttavia trovato conferme nell’archivio di tale istituzione). In quella città conobbe Anne de Grand Ry (una nobile di origine nederlandese e di fede cattolica), che sposò ad Aquisgrana nel 1892, tra molte critiche e perplessità da parte di entrambe le famiglie, soprattutto per motivi di carattere religioso: Toeplitz, infatti, in vista del matrimonio si convertì al cattolicesimo (il battesimo era avvenuto due anni prima, in Polonia), una scelta che gli costò l’ostracismo della propria famiglia e che non fu sufficiente a mantenere buoni rapporti con quella della moglie, per la quale evidentemente egli, nonostante la conversione, restava un ebreo.
Già dal 1890 Toeplitz viveva a Genova, dove lavorava presso la Banca generale, in quel momento la più importante azienda finanziaria italiana. Direttore di questa banca era Otto Joel. Fu a quest’ultimo (v. Toeplitz, 1963, pp. 26 e 30) che, per trovare un posto al figlio, si rivolse il padre di Józef, Bonawentura, il quale ne conosceva bene la famiglia (Joel, nato nel 1856 a Danzica e giunto in Italia appena quindicenne, poteva essere considerato un lontano parente dei Toeplitz, dato che una delle sue zie aveva sposato Benedyk, uno dei fratelli di Bonawentura). Nel 1893, a Genova, nacque il figlio di Józef e Anna, cui venne dato il nome di Ludovico.
All’origine, la fase di formazione di Toeplitz doveva essere propedeutica a un successivo ritorno in Polonia. Non fu così, a causa della grave crisi che nei primi anni Novanta colpì il sistema bancario italiano e che portò alla riorganizzazione dell’intero comparto.
I due maggiori istituti, la Banca generale e il Credito mobiliare, furono coinvolti nella crisi, nata nel settore immobiliare. Lo scandalo della Banca romana, che nel dicembre del 1893 costò il posto di presidente del Consiglio a Giovanni Giolitti, fu solo l’ultima scossa di un terremoto che obbligò il sistema politico-istituzionale a una serie di interventi. Il governo Crispi chiese aiuto a quello di Berlino e, suo tramite, al solido sistema bancario tedesco per rimettere in sesto quello italiano; inoltre, a questo fine nel 1893 fu creata la Banca d’Italia, pietra miliare per una riforma del settore.
Le maggiori banche tedesche accolsero i pressanti inviti del governo italiano, e nell’ottobre del 1894 diedero vita, insieme a primari istituti bancari svizzeri e austriaci, alla Banca commerciale italiana (BCI, detta anche Comit). Il nuovo istituto avrebbe avuto in comune con quelli tedeschi un modo di fare banca che implicava la creazione di una vasta rete di sportelli per raggiungere le diverse tipologie di clientela (dalla grande impresa industriale al piccolo commerciante, dal libero professionista a chi aveva solo da gestire una rendita).
I fondatori della BCI affidarono a Joel il compito di dirigere il nuovo istituto, che aveva sede a Milano, già allora il centro economico del Paese. Toeplitz, che nel 1891 aveva visto sfumare la possibilità di assumere un incarico di rilievo nella filiale di Odessa della banca francese Crédit lyonnais, aveva proseguito la sua formazione presso la Banca generale fino a raggiungere il grado di procuratore. La crisi di questa banca lo spinse ad accettare nel 1894, restando a Genova, il ruolo di vicedirettore dell’unica filiale italiana della Banca russa per il commercio estero, che aveva la sua sede centrale a San Pietroburgo, ma era controllata dalla Deutsche Bank e dal Wiener Bankverein. Presentato dalla stampa locale (che aveva accolto con favore l’apertura della filiale della banca, auspicando una crescita delle relazioni commerciali con la Russia, specie per il commercio del grano) come un «giovane colto, distintissimo, molto pratico di banca» (Montanari, 1995, p. VII), Toeplitz lasciò la Banca russa dopo pochi mesi, all’inizio del 1895: dimissionario o licenziato, la cosa non appare chiara.
Già nel giugno dello stesso anno entrò alla BCI, con la qualifica di procuratore della sede centrale. Gli anni della formazione, a stretto contatto con Joel, dovettero giocare un ruolo decisivo per il quasi immediato passaggio alla neonata BCI. Del resto, che la stima di Joel nei suoi confronti fosse molto elevata lo si evince dagli incarichi che Toeplitz ebbe nel periodo immediatamente successivo al suo approdo alla BCI: nell’agosto del 1895 seguì la vicenda del fallimento della casa bancaria Bingen di Genova, e tra il 1896 e il 1897 lavorò con Joel all’operazione che portò alla realizzazione di un grosso impianto di raffinazione dello zucchero a Ravenna. Sempre nel 1897, si occupò delle diverse fasi che avrebbero condotto alla nascita di una nuova impresa tessile (un lanificio situato a Pianceri di Pray, in provincia di Biella), alla quale era direttamente interessato Eugenio Pollone, uno dei consiglieri d’amministrazione della banca.
Joel affidò a Toeplitz anche l’apertura di due filiali molto importanti della BCI: la prima a Napoli, alla fine del 1898; la seconda a Venezia, nel 1900. In entrambe le occasioni la moglie e il figlio lo accompagnarono. I due periodi rappresentarono per Toeplitz l’occasione per proseguire la sua personale scalata nelle gerarchie della BCI. Dal 1° marzo 1897 era diventato vicedirettore della sede milanese; l’arrivo a Napoli significò la promozione a direttore centrale, posizione che mantenne durante i due anni che trascorse a Venezia. Rientrato a Milano, fu nominato condirettore nel dicembre del 1903 e direttore centrale nel novembre del 1906.
I periodi trascorsi lontano da Milano furono anche l’occasione per contatti e conoscenze di carattere personale e professionale che sarebbero durati tutta una vita: si pensi all’amicizia, a Napoli, con il finanziere statunitense Dannie N. Heineman – dal 1905 direttore generale della SOFINA (SOciété FINAncière de transports et d’entreprises industrielles), che avrebbe trasformato da piccola società finanziaria belgo-tedesca a grande multinazionale dell’elettricità – e a quella con l’imprenditore veneziano Giuseppe Volpi, anche lui incontrato per la prima volta a Napoli, ma con il quale l’amicizia si consolidò nei due anni che Toeplitz trascorse a Venezia.
Pur non rinnegando mai il fatto che le sue radici si trovavano in Polonia – un Paese che, dopo essere stato smembrato tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, sino alla fine del 1918 non ebbe un suo Stato – acquisì la cittadinanza italiana nel marzo del 1906. L’atto venne registrato alla Corte dei conti il 14 marzo, ma decadde, non essendosi provveduto alla registrazione del decreto entro i termini previsti. La procedura andò invece a buon fine nel 1912, quando Toeplitz ottenne infine «la cittadinanza italiana comprendente l’acquisto e l’esercizio dei diritti politici» (Archivio di Stato di Milano, Gabinetto di Prefettura, b. 632, Prefetto a Luigi Canzi, 6 febbraio 1918).
Vicinissimo a Joel – che peraltro aveva al suo fianco un secondo amministratore delegato, Federico Weil – Toeplitz venne progressivamente coinvolto nelle scelte strategiche della BCI, assumendo compiti sempre più rilevanti negli affari condotti da piazza della Scala (dove si trovava la sede centrale), sia in Italia sia all’estero. Tra questi ultimi, vanno ricordate le iniziative, spesso prese insieme a Volpi, nei Balcani e nell’Impero ottomano; attività svolte – ha scritto Marcello De Cecco (1999, p. 108) – con «orgoglio forse un po’ prometeico», forse nell’illusione, che sarebbe emersa più avanti, «di essere il maggior banchiere dell’Europa continentale».
Fin da allora Toeplitz mostrava un fine intuito, coniugato con un senso pratico degli affari che talvolta però rischiava di sconfinare in pratiche non propriamente ortodosse. Lo fece notare nel 1904 a Joel l’avvocato Luigi Rossi, il legale della BCI, sottolineando qualche leggerezza compiuta in occasione dell’emissione di obbligazioni da parte della Terni, l’impresa siderurgica appoggiata dalla BCI: «Pare che non vi sia esatta corrispondenza tra il testo dell’obbligazione e la deliberazione con cui venne creata [...]. Il buon Toeplitz (buono per modo di dire) è serenissimo e sorride placidamente alle sgrammaticature di Terni» (Archivio storico Intesa Sanpaolo, BCI, Carte Joel, Rossi a Joel, 13 agosto 1904; Confalonieri, 1980, p. 318). Qualche anno dopo, nel 1907, lo stesso legale disse di lui: «L’uomo [è] ricco d’ingegno, d’attività e di zelo, e fa tutto il possibile per il buon andamento della banca. Non ha bisogno che di calmare i suoi entusiasmi, e d’aggiungere la calma al vigore per diventare un quasi Joel» (Montanari, 1995, p. XVIII). Ma le opinioni di Joel dovevano essere diverse, se Toeplitz nel 1907 divenne capo del Servizio controllo sedi.
Per raggiungere il livello del suo grande mentore, almeno sul piano degli incarichi, Toeplitz dovette attendere la guerra. Tra l’estate del 1914 e la primavera del 1915 – cioè nel periodo della non belligeranza dell’Italia – si scatenò una feroce campagna di stampa contro la BCI da parte degli ambienti nazionalistici, che la consideravano come il più importante rappresentante degli interessi tedeschi in Italia, anche alla luce dell’anomala situazione rappresentata da un consiglio d’amministrazione nel quale figuravano tutti i rappresentanti delle banche tedesche fondatrici, oltre che degli azionisti austriaci, svizzeri e francesi, mentre il peso azionario del capitale straniero e soprattutto tedesco era ormai sceso a livelli minimi. La BCI divenne una sorta di terreno di battaglia politico e finanziario, a livello sia nazionale sia internazionale. Weil si dimise da amministratore delegato nel giugno del 1914, Joel lo fece nel giugno del 1915, facendosi successivamente eleggere vicepresidente, prima di morire nel 1916. Nel frattempo vennero fatti dimettere tutti i consiglieri d’amministrazione dei Paesi belligeranti (il numero dei consiglieri scese da trentacinque a ventidue, di cui tre soli stranieri, i rappresentanti delle banche svizzere), operazione che diede a Toeplitz la possibilità di emergere anche nei confronti dei banchieri esteri come il successore in pectore di Joel. Tra il 1914 e il 1916, la Francia e la Gran Bretagna diedero avvio a complesse operazioni volte a modificare non solo gli assetti proprietari, ma soprattutto gli orientamenti presenti e futuri della BCI. Fondamentale fu l’impegno di Toeplitz verso l’ambasciatore britannico a Roma, James Rennell Rodd, per accreditare l’immagine di una BCI allineata agli interessi dell’Intesa e per lasciare aperta la porta a nuovi e più intensi rapporti con la finanza britannica.
Tra le dimissioni di Joel e la nomina di Toeplitz al suo posto, passarono quasi due anni, durante i quali il lavoro svolto dagli amministratori delegati venne sostituito da una più stretta collaborazione tra i due direttori centrali (Toeplitz e Pietro Fenoglio) e il presidente (Cesare Mangili). La scelta aveva motivi prettamente politici: si trattava di fare decantare una situazione resa difficile dalla guerra e incandescente dalle trame britanniche e francesi, volte a modificare gli assetti di governo della BCI. In realtà, il gruppo dirigente e i maggiori azionisti italiani della banca mostrarono una coesione che – sebbene nel marzo del 1916 non riuscisse a fare eleggere un nuovo presidente e a nominare Toeplitz amministratore delegato – fu capace di resistere alle forti pressioni interne e internazionali, obbligando sia i britannici sia i francesi a modificare le loro strategie, i primi indirizzandosi verso più stretti legami con il Credito italiano, i secondi impegnandosi nella costituzione di un consorzio di interessi industriali italo-francesi.
Tra il 1916 e il 1918 per Toeplitz due eventi di natura privata si inserirono in un panorama professionale già molto complesso. All’inizio del settembre 1916, il figlio Ludovico si sposò con Gabriella, secondogenita del generale Carlo Porro, dal 1915 vicepresidente della Società geografica italiana, ma soprattutto sottocapo di stato maggiore dell’Esercito, in pratica il secondo nella gerarchia miliare dopo Luigi Cadorna. Alla fine dello stesso settembre, al termine di una lunga malattia, si spense Anne de Grand Ry, la moglie di Toeplitz. Nel luglio del 1918 quest’ultimo si risposò con un’attrice polacca molto popolare nel suo Paese, Jadwiga Stanisława Mrozowska (nata nel 1880 in una famiglia di proprietari terrieri, si era sposata nel 1903 con il connazionale Leonciusz Wybranowski e aveva divorziato nel 1906). Nel caso del matrimonio di Ludovico, negli ambienti militari francesi corse la voce che, poiché questi da tre anni cercava di sposare una qualunque delle figlie del generale, si trattava di un matrimonio celebrato perché Toeplitz voleva conoscere in anteprima le strategie del Comando supremo italiano. Ludovico aveva ottenuto la mano della «più brutta» – scrissero con scarsa eleganza a Parigi – una donna che aveva passato la trentina, non ricca, che sposava un «bel ragazzo» di appena ventritré anni, per di più «molto ricco» (Service historique de l’Armée de Terre, Chateau de Vincennes, Italie, 1916, Mariage de la fille du Général Porro avec fils de Toeplitz).
Nel marzo del 1917 Toeplitz assunse infine, insieme a Fenoglio, la carica di amministratore delegato (Fenoglio avrebbe poi lasciato nel 1920, senza essere sostituito).
Nel corso di quello stesso anno, il ministero degli Interni cercò a più riprese di espellere dall’Italia Jadwiga Mrozowska, accusata di essere una spia austriaca (forse perché veniva da Janowice Poduszowskie, città situata nella parte della Polonia allora appartenente all’Impero d’Austria). Secondo alcune ricostruzioni, Toeplitz la sposò proprio per evitarle questo destino. Secondo altre, invece, i due avevano una relazione, che risaliva almeno al 1910. Tuttavia, le accuse di intelligenza con il nemico sfiorarono anche Toeplitz, e la sua villa di Sant’Ambrogio Olona (presso Varese) – che aveva acquistato nel 1914 e che sarebbe diventato il suo buen retiro – venne perquisita su richiesta della magistratura di Como, a seguito di denunce anonime.
Tra il 1917 e il 1920 Toeplitz fu in prima fila per respingere l’attacco dei fratelli Pio e Mario Perrone – proprietari dell’Ansaldo e influenti azionisti della Banca italiana di sconto – volto a definire nuovi equilibri nella governance della BCI. Dopo una battaglia molto dura, che in certi momenti rischiò di compromettere il suo futuro (nel febbraio del 1918 venne prospettata l’ipotesi di un decreto legge che impedisse di essere amministratori di società ai cittadini che erano ‘nati in terra nemica’ o addirittura che non erano ‘nati in terra italiana’), Toeplitz uscì rafforzato dallo scontro, divenendo di fatto l’uomo che controllava la BCI attraverso il suo maggiore azionista, il Consorzio mobiliare finanziario, società di cui divenne presidente e che poteva contare sull’appoggio di altri grandi azionisti.
Nel corso degli anni Venti, Toeplitz dovette affrontare diversi momenti difficili a causa delle crescenti debolezze strutturali del rapporto banca-industria. Il sistema bancario era infatti chiamato a soccorrere tutte le esigenze finanziarie delle maggiori imprese. In diverse occasioni le principali società finanziate dalla BCI dovettero convertire i loro debiti in azioni, che appesantirono il portafoglio titoli della banca, lasciando poche speranze per uno smobilizzo, in assenza di un autentico mercato dei capitali.
Toeplitz ebbe diversi scontri con il nuovo potere politico. Benito Mussolini lo considerava un ostacolo per le sue politiche, un rappresentante della «sporcaccissima democrazia plutocratica», come scrisse Il popolo d’Italia il 22 ottobre 1922, il giorno della ‘marcia su Roma’ (cit. in Telesca, 2010, p. 188). Il banchiere, pur essendo sicuramente anticomunista, non riuscì mai a stabilire un dialogo con il capo del regime, finendo quasi per assumere una posizione da antifascista «preterintenzionale» (p. 164). Neanche la nomina al ministero delle Finanze dell’amico Volpi nel 1925 permise di migliorare sensibilmente i rapporti di Toeplitz con Roma. Inoltre, non dovette fare piacere al governo vedere il suo nome – insieme ad altri centottanta banchieri e imprenditori (tra gli italiani figuravano Giovanni Agnelli, Ettore Conti, Riccardo Gualino, Alberto e Piero Pirelli) – nella lista dei firmatari di un «manifesto per il disarmo economico» (Un manifesto per il disarmo economico firmato da 180 banchieri e industriali, in Corriere della sera, 19 ottobre 1926). La contrarietà della BCI alla politica di ‘quota 90’ – il progetto, portato avanti dal governo nel 1926-27, di raggiungere un cambio di 90 lire per una sterlina – raffreddò persino i rapporti con Volpi, mentre da alcuni anni nemmeno quelli con il direttore della Banca d’Italia, Bonaldo Stringher, erano solidi, tanto che nel 1925 Toeplitz avanzò la proposta di farlo nominare consigliere della BCI per liberare il suo posto alla Banca d’Italia, probabilmente allo scopo di destinarlo ad Alberto Beneduce. Progressivamente, Toeplitz si trovò asserragliato nel fortino di piazza della Scala, ma con minori appoggi nell’establishment economico e con nemici molto agguerriti nel mondo politico, il che gli fu fatale al momento della crisi economica dei primi anni Trenta.
In campo internazionale, l’unica occasione in cui egli sembrò marciare sulla stessa linea del potere politico fu nella strategia di espansione nell’Europa centro-rientale, e in particolare nella natia Polonia. Di un certo rilievo fu anche l’iniziativa, fortemente voluta da Toeplitz, di sbarcare in Nord America, nel 1924, attraverso la BCI Trust company.
La crisi del 1929 e le sue conseguenze in Italia provocarono il crollo del sistema bancario imperniato sulla banca mista. Tra il 1930 e il 1933, la BCI, che in quel momento controllava almeno il 20% del capitale di tutte le anonime italiane, venne completamente ridisegnata. La separazione degli affari industriali e del credito a lungo termine dalle altre attività trasformò la BCI in una semplice banca commerciale per il credito a breve, senza la possibilità di detenere azioni. L’operazione fu molto complessa e venne guidata da una parte da Beneduce, dall’altra dai giovani dirigenti della BCI, Mattioli in testa, che si erano formati sotto la vigile guida di Toeplitz. Le partecipazioni industriali vennero riunite dapprima, nel 1930, nella SOFINDIT (SOcietà Finanziaria INDustriale ITaliana) e poi, nel 1933, nell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale).
Questo segnò in sostanza la fine del potere di Toeplitz, che così scrisse: «I miei collaboratori si sono schierati con Beneduce rinnegando me, il mio lavoro e tutto quello che abbiamo fatto perché la banca potesse portare l’industria italiana ad un livello internazionale» (in Toeplitz, 1963, pp. 191 s.). Era ormai «un uomo finito», come gli disse Beneduce con inusuale durezza (cit. in Franzinelli - Magnani, 2009, p. 204). Lo stesso stato di salute di Toeplitz ne risentì pesantemente, come egli stesso scrisse a Volpi: salvare la banca gli era costato personalmente molto, «una specie di trasfusione di sangue» (Archivio storico Intesa Sanpaolo, BIC, Copialettere Toeplitz, 75, Toeplitz a Volpi, 5 gennaio 1931).
Il 25 marzo 1933 Toeplitz si dimise da amministratore delegato della BCI (venne sostituito da Mattioli e da Michelangelo Facconi) e fu eletto vicepresidente. Il 31 marzo 1934 si dimise da vicepresidente e da consigliere. Negli anni successivi, trascorsi per la gran parte nella sua villa di Sant’Ambrogio Olona, conservò le cariche di consigliere di varie aziende (Italian super power corporation, SIP, Montecatini, Sudaméris, Compagnie internationale des wagons-lits). Poi le lasciò tutte, conservando solo quelle di consigliere della Società per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia e della sua società-madre, la SADE (Società Adriatica Di Elettricità) dell’amico Volpi.
Morì il 27 gennaio 1938 nella sua villa. Il figlio informò il re, il papa, il capo del governo e gli amici; l’unico che non rispose fu Mussolini (Toeplitz, 1963, p. 222).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Gabinetto di Prefettura, b. 632; Archivio storico Intesa Sanpaolo, Banca commerciale italiana (BCI), Servizio del personale, fascicolo matricola, Giuseppe Toeplitz, Segreteria dell’amministratore delegato Giuseppe Toeplitz e Toeplitz Giuseppe, Lodovico e loro familiari, 1860-1990; Service historique de l’Armée de terre, Château de Vincennes, Italie, 1916, Mariage de la fille du Général Porro avec fils de Toeplitz.
L. Toeplitz, Il banchiere, al tempo in cui nacque, crebbe e fiori la Banca commerciale italiana, Milano 1963; G. Montanari, Introduzione, in Segreteria dell’amministratore delegato Giuseppe Toeplitz (1916-1934), a cura di A. Gottarelli - G. Montanari, Milano 1995, pp. I-LIX; K.T. Toeplitz, Rodzina Toeplitzów. Książka mojego ojca (Famiglia Toeplitz. Libro di mio padre), Warszawa 2004, ad nomen; D. Ivone, Banca, finanza e industria in Italia in una corrispondenza tra Bonaldo Stringher e Giuseppe Toeplitz (1919-1930), Soveria Mannelli 2005; G. Telesca, Il mercante di Varsavia. Giuseppe Toeplitz: un cosmopolita alla guida della Banca commerciale italiana, tesi di dottorato, Università di Firenze, 2010. Notizie su Toeplitz sono reperibili nelle seguenti opere (ad nomen): E. Galli Della Loggia, Problemi di sviluppo industriale e nuovi equilibri politici alla vigilia della Prima guerra mondiale: la fondazione della Banca italiana di sconto, in Rivista storica italiana, 1970, 4, pp. 824-886; S. Romano, Giuseppe Volpi. Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini, Milano 1979; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia, 1894-1906, III, L’esperienza della Banca commerciale italiana, Bologna 1980; Id., Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907 al 1914, I-II, Milano 1982; P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla Prima guerra mondiale, Bologna 1983; E. Conti, Dal taccuino di un borghese, Bologna 1986; A.M. Falchero, La Banca italiana di sconto (1914-1921). Sette anni di guerra, Milano 1990; L. Segreto, Gli assetti proprietari, in Storia dell’industria elettrica in Italia, III, Espansione e oligopolio, 1926-1945, a cura di G. Galasso, I, Roma-Bari 1993, pp. 89-173; A. Confalonieri, Banche miste e grande industria in Italia, 1914-1933, I-II, Milano 1994-1997; G. Piluso, Per una storia della cultura economica dei banchieri ‘milanesi’: formazione, culture e istituzioni (1890-1914), in Milano e la cultura economica del XX secolo, I, Gli anni 1890-1920, a cura di P.L. Porta, Milano 1998, pp. 425-463; M. De Cecco, Raffaele Mattioli e l’economia italiana negli anni della Repubblica, in La figura e l’opera di Raffaele Mattioli, Atti dei Convegni, ... Vasto, ... 1989 e, ... 1996, Milano-Napoli 1999, pp. 103-120; M. Franzineli - M. Magnani, Beneduce: il finanziere di Mussolini, Milano 2009.