VARELA, Juan Cruz
Scrittore argentino, nato a Buenos Aires il 24 novembre 1794, da famiglia gallega di ricchi commercianti; morto a Montevideo il 13 gennaio 1839. Destinato alla carriera ecclesiastica, il V. ne seguì gli studî teologici, ma serbò per la sua esperienza soltanto una viva ed esuberante cultura umanistica.
Ritornato dal collegio, nel 1817, portava con sé un poema Elvira, che narrava un'esile storia amorosa, con vaghe aspirazioni a un romanticismo sentimentale, ma col peso d'una puerile erudizione mitologica. Ma tuffatosi nella vita della sua città e della sua storia, l'ispirazione di V. esce dall'astrattezza autobiografica e passionale per concretarsi in un contenuto di carattere civile, politico, guerresco: soprattutto quando il governo del Rosas lo costrinse all'esilio. Tuttavia i motivi più forti della sua sensibilità poetica rimasero quelli dell'eredità classica, che nella cultura argentina erano i più radicati: Ovidio, Orazio, Virgilio furono sempre i suoi autori, ch'egli si provò a tradurre con un ritmo più superficiale ma anche più oratorio e decorativo. Dall'Eneide derivò una tragedia Dido, ancora astratta nella tecnica stilistica e scenica, a cui seguì Argía, più esperta della struttura drammatica, ma sonora di echi alfierani: anche la disposizione linguistica è più sobria, volutamente nervosa e aspra, tanto da riuscire a una certa vigoria teatrale. Ma il V. era poeta di brevi e conclusivi componimenti, in cui l'evocazione lirica fosse lineare, continua, piuttosto lirico-narrativa, anziché drammatica; e infatti nelle sue molte e belle odi, il V. è riuscito a tradurre alcuni aspetti e alcuni avvenimenti tra i più importami del volto e della storia dell'Argentina: fra le tante si ricorda il Triunfo de Ituzaingó, di andamento epico e visionario.
Bibl.: R. Rojas, La literatura argentina, IV, Buenos Aires 1925, pagine 945-985.