PERÓN, Juan Domingo (App. II, 11, p. 521)
Nel proseguire la politica di accentramento del potere nelle sue mani, P. fece modificare la costituzione (16 marzo 1949) e poté essere rieletto l'11 novembre 1951 per il periodo 1952-1958. Sostenuto dai fedeli descamisados, le masse dei lavoratori organizzati nella Confederazione generale del lavoro, P. svolse una politica antitradizionale che, ispirata al corporativismo, al produttivismo e all'autarchia, tentò di dare un nuovo assetto al paese mediante una rapida industrializzazione a scapito però dell'agricoltura e dell'allevamento, ricchezze fondamentali del paese. In politica estera instaurò un sistema di nazionalizzazioni forzate, che lo misero in urto soprattutto con gli S. U. A. e l'Inghilterra, e cercò di imporre i suoi sistemi ai paesi vicini rafforzando i vincoli col Cile, il Paraguay, la Bolivia e l'Ecuador. Le misure sociali, che vanno sotto il nome di justicialismo, anche se dettero indubbiamente ai lavoratori una nuova coscienza di classe, sfociarono però in forme demagogiche che si rivelarono deleterie agli stessi interessi del proletariato. Il malcontento suscitato dallo sconvolgimento dell'economia del paese crebbe col peggiorare della situazione, resa più precaria da alcuni raccolti deficitarî e dalla disastrosa inflazione che misero a nudo le pecche della dittatura. Nelle elezioni del 1954 l'opposizione dei radicali, nonostante la mancanza di libertà, ottenne più di due milioni di voti. Una violenta campagna contro la Chiesa cattolica, che non aveva mancato di manifestare la sua preoccupazione, culminò con l'espulsione del vescovo ausiliario e del decano dell'arcidiocesi di Buenos Aires. Pochi giorni dopo (16 giugno 1955) il Vaticano scomunicò P. Nella stessa data, marina e aviazione si ribellarono; il governo riuscì ancora a dominare la situazione, ma la crescente opposizione ai metodi del regime costrinse P. ad abbandonare il potere (19 settembre 1956) e il paese; vive attualmente in Spagna. P., che al momento delle sue dimissioni rivestiva il grado di generale, lasciò l'Argentina in pieno caos economico e in gravi difficoltà politiche. La moglie Eva Duarte, cui P. doveva molto della sua popolarità, era morta a Buenos Ayres il 26 luglio 1952.