JUANA INÉS de la Cruz, Sor
Poetessa messicana, nata a San Miguel de Nepantla il 12 novembre 1651, morta a Messico il 17 aprile 1695. Si chiamava al secolo Juana Inés de Asbaje y Ramírez de Santillana. A 13 anni fu assunta come dama d'onore della viceregina; e tre anni dopo entrò nel convento di San Giuseppe delle carmelitane scalze, donde uscì, tre mesi dopo, inferma, per ritornare al palazzo vicereale. Ma presto entrò nel convento di San Gerolamo, dove visse 27 anni fino alla sua morte, e dove ebbe l'incarico di curare l'archivio e l'amministrazione. Eletta due volte badessa, rifiutò per umiltà l'alta carica.
Al vescovo di Puebla, Manuel Fernández de Santa Cruz, che, ammirandola senza comprenderla, la esortava a leggere "qualche volta la vita di Gesù", la suora scrisse il 1° marzo 1691 una lettera importantissima per il carattere autobiografico e per la forte umanità con cui si rivelano la sua fede e la sua vita interiore: il grande spirito religioso che l'animava, l'amore per la scienza, le sue profonde letture - specie del Vecchio e Nuovo Testamento, delle opere di S. Gerolamo e delle pagine etiche di Seneca - la schietta umiltà del suo animo, vi si riflettono con incisiva verità. Nel 1694 confermò i suoi voti: inviò poi all'arcivescovo di Messico i 4000 volumi che formavano la sua biblioteca, i suoi strumenti scientifici e quelli musicali, con la preghiera di venderli e dividerne il provento tra i poveri. Durante l'epidemia che nei primi del 1695 si sviluppò nel suo convento, si dedicò all'assistenza delle inferme, con tanta abnegazione che rimase vittima del contagio.
Fu l'espressione più genuina della vita letteraria della sua epoca; a lei si chiedevano composizioni di tutti i generi: dalle commedie, rappresentate nei collegi e a Palazzo, agli autos, destinati a rappresentarsi nelle cattedrali; dalle poesie occasionali ed encomiastiche ai poemetti amorosi e classicheggianti. Formatasi in mezzo al dilagante gusto secentista, ne risentiva la maniera; ma spesso se ne sapeva liberare per una più semplice e più vera umanità. La lirica spirituale dell'auto: El divino Narciso, molti romances d'indole sentimentale, le redondillas di carattere psicologico e didattico, qualche strofa di villancico, rivelano una schiettezza stilistica che contrasta con il gongorismo del Sueño e del Neptuno alegórico. Nelle commedie di "cappa e spada" d'ispirazione calderoniana, alterna la semplicità de Los empeños de una casa e di Amor es mas laberinto con l'artificiosa ricchezza di San Hermenegildo e di El cerco de José. Ma in questa varietà di atteggiamenti la suora ha riecheggiato le migliori note dell'arte contemporanea e vi ha espresso potentemente la sua personalità.
Edizioni: Il 1° volume d'una raccolta completa apparve dopo alcune ediz. parziali: Inundación Castálida de la única poetisa, Musa décima, Sor J. I. de la C., Madrid 1689, a cui seguì una ristampa: Poemas de J. I. de la C., Madrid 1690; il 2° vol.: Segundo tomo de las obras de Sor J. I. de la C., Siviglia 1691, Barcellona 1693; il 3° vol. postumo: Fama y obras posthumas del Fénix de Méjico, Sor J. I. de la C. (Madrid 1700) con un'importante biografia dl D. Calleja.
Bibl.: M. Serrano y Sanz, Apuntes para una bibl. de escritoras españolas, Madrid 1905; P. Henríquez Ureña, Bibl. de Sor J. I. de la C., in Revue Hispanique, XL (1907), pp. 161-214; M. Menéndez y Pelayo, Historia de la poesía hispano-americana, I, Madrid 1911, pp. 73-82; A. Nervo, J. de Asbaje, Madrid 1912; González Blanco, S. J. I. de la C., in Nuestro Tiempo, XIII (1913), pp. 2-310.