FAVRE, Jules
Uomo politico francese, nato a Lione il 21 marzo 1809, morto a Versailles il 22 gennaio 1880. Partecipò alla rivoluzione del luglio 1830 pubblicando nel National del 22 una lettera in cui sosteneva la necessità di abolire la monarchia e di creare una costituente. Durante la rivoluzione del febbraio 1848 il F. fu nominato segretario generale al Ministero dell'interno, ma si dimise dopo la sua elezione a deputato all'assemblea costituente. Appartenne tuttavia al comitato degli Affari esteri, nel quale esercitò per alcuni mesi le funzioni di sottosegretario di stato. Devoto al Cavaignac, avversò l'elezione presidenziale del principe Luigi Napoleone (10 dicembre 1848). Relatore del progetto di legge che accordava i fondi per la spedizione contro Roma, dopo il combattimento del 30 aprile, che segnò un grande insuccesso per l'esercito francese assalitore, protestò all'assemblea contro gli obiettivi della spedizione. Rieletto all'assemblea legislativa, il F., dopo che Ledru-Rollin esulò a Londra (13 giugno 1849), fu riconosciuto come il capo più ascoltato dell'opposizione democratica. Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 lo allontanò dalla vita politica; riprese la sua professione d'avvocato, e non poté esercitare le funzioni di membro dei Consigli generali della Loira e del Rodano, essendosi rifiutato di prestare il giuramento a cui era obbligato dalla nuova costituzione. Nel 1858 fu però eletto deputato al corpo legislativo, e nello stesso anno fu difensore di Felice Orsini, autore dell'attentato contro Napoleone III. Come deputato, militò sempre nel partito dell'opposizione, prendendo spesso la parola su questioni di politica estera e interna, specialmente in occasione dell'intervento francese a fianco del Piemonte contro l'Austria. Rieletto nel 1863 in due collegi, rimase nella nuova camera il capo del partito democratico. Protestò contro l'occupazione di Roma, specialmente dopo Mentana, ma soprattutto fu uno degli uomini politici che valsero a scardinare sempre più la compagine dell'impero napoleonico negli ultimi suoi anni di vita. Il 15 luglio 1870 si unì col Thiers per combattere apertamente i disegni di guerra contro la Prussia; e quando il conflitto parve inevitabile, chiese l'armamento immediato della guardia nazionale. Contro il regime imperiale pronunciò un discorso violento nella seduta del 4 settembre 1870, imponendo "la decadenza di Luigi Napoleone e di tutta la famiglia dal trono imperiale e la nomina d'una commissione di governo col mandato espresso di resistere a oltranza all'invasione e di scacciare il nemico dal territorio francese". Se non che, in quello stesso giorno era proclamata la repubblica e il F. era nominato membro del governo provsorio di difesa nazionale e ministro degli Affari esteri. Suo primo atto fu una circolare agli agenti diplomatici, nella quale affermava che non si sarebbe ceduto al nemico un pollice di territorio né una fortezza di Francia. Quando Parigi fu investita dagli eserciti prussiani, il F. ottenne non senza difficoltà dal Bismarck la celebre intervista di Ferrières (19 settembre), nella quale il rappresentante della Francia fu così duramente trattato. Tornato a Parigi, dovette fronteggiare le mene rivoluzionarie, specialmente quando Gambetta partì per Tours (9 ottobre), affidando al F. il Ministero dell'interno, da lui tenuto per quattro mesi. Tentò invano di negoziare un armistizio per vettovagliare Parigi; e quando ebbe luogo il bombardamento della città, lanciò una protesta all'Europa, incoraggiando a un tempo i cittadini alla resistenza. Il 24 gennaio 1871 Parigi dovette capitolare, e allora il F. andò a Versailles per discutere col Bismarck le condizioni di quella resa, firmando il 28 di quello stesso mese la convenzione della capitolazione e la stipulazione dell'armistizio, che aggiunse un nuovo disastro a quelli già patiti dagli eserciti francesi per la deficiente preparazione del delegato francese. Eletto all'assemblea nazionale (8 febbraio 1871) nell'amministrazione provvisoria che il Thiers fu incaricato di organizzare, il F. rappresentò una specie di transizione tra il governo della difesa nazionale e il nuovo ordine di cose più o meno conforme ai voti dell'assemblea. Conservò il Ministero degli affari esteri e quindi partecipò a tutti i negoziati riguardanti il trattato di pace, recandosi il 14 maggio a Francoforte, dov'era il Bismarck, per la firma del trattato definitivo. Fu costretto a dimettersi negli ultimi giorni del luglio, quando nell'assemblea prevalsero le idee politiche della destra, e gli uomini che rappresentavano la rivoluzione del 4 settembre furono oggetto d'aspre critiche. D'altra parte, al F. furono mosse accuse d'indole privata, dalle quali dovette difendersi intentando un processo che gli fu favorevole. Comunque, prese viva parte alle discussioni parlamentari, sia protestando contro il rovesciamento del governo del Thiers, contro l'adozione del settennato (novembre 1873) e dello stato d'assedio (1875), contro il regime penitenziario e contro l'organizzazione dei servizî pubblici ecc., sia opponendosi allo scioglimento della camera, chiesto dal duca di Broglie (v.), dopo l'atto del 16 maggio 1877. Oltre a essere forbito oratore, qualità che gli valse per entrare all'Accademia succedendo a V. Cousin (2 maggio 1867), il F. fu efficace scrittore politico. Sono da citare di lui il libro Gouvernement de la défense nationale (Parigi 1871-74), l'altro Rome et la République Française (Parigi 1871), ecc.
Bibl.: C. H. Castille, J. F., in Portraits historiques, I, Parigi 1859; G. D'Heilly, J. F. et le comte de Bismarck, Parigi 1874; E. Benoît, J. F., Parigi 1884; M. Reclus, J. F., essai de biographie historique et morale, Parigi 1912.