LEMAÎTRE, Jules
Letterato francese, nato a Vennecy (Loiret), nel giugno 1853, morto a Parigi il 5 agosto 1914. Figlio di un maestro cattolico e conservatore, fu avviato al seminario d'Orléans, e poi all'École normale, e all'insegnamento. Nel 1875 era professore a Le Havre e passò quindi a varie cattedre, fino a quando gli articoli della Revue Bleue non gli diedero larga rinomanza, ed egli non si volse al giornalismo letterario. Accademico dal 1895, s'era già schierato nei ranghi della destra nazionalista, che lo ebbe presidente della "Patrie française", prima che corifeo dell'Action française. Ma se la politica finì per distrarre il L. dalla letteratura, o per fargli fare della letteratura politica, gli esordî dello scrittore, le qualità che determinarono la sua fama, furono di un dilettante, scolaro di Renan e dei parnassiani decadenti.
Les médaillons (1880) sono di un epigono di Hérédia, Sérénus (1886), Myrrha (1894) e gli En marge des vieux livres (1905-1907), sanno di France, e più ancora di Renan: "J'ai été possédé par lui, je l'avoue" (Souvenirs, cit.). I saggi migliori dei Contemporains (1885-1899, voll. 8) e delle Impressions de théâtre (voll. 10, 1888-98) sono costituiti da capricci e virtuosismi critici: il giudizio, anziché basato sulla dottrina, sulla storia, sull'indagine, deriva dall'umore stilistico, tanto che il L. è giustamente contrapposto al Brunetière come il capo della "critica impressionistica" contro quella "dogmatico-scientifica". Grande giornalista letterario, fu mediocrissimo e falso romanziere (Les Rois, 1893), fecondo ma sbiadito autore drammatico. Le monografie: Rousseau (1907), Racine (1908), Fénelon (1910), Chateaubriand (1912) sono costituite da conferenze polemiche, brillanti, ingegnose, parzialmente utili, ma la piacevole presentazione non basta a far dimenticare la tendenziosità delle tesi, gli scopi politici che ispirano il giudizio critico. Cosicché il meglio del L. è da cercarsi nelle pagine schiettamente "livresques", nei marginalia ai classici, nelle astuzie, malizie ed eleganze un po' facili dei Contemporains. La sua influenza critica è stata nulla; e nella letteratura dottrinaria degli ultimi trent'anni Barrès e Maurras lo hanno oscurato completamente.
Opere: Ha scritto per il teatro: Révoltée (1889), Le député Leveau (1891), Mariage blanc (1895), Flipote (1895), Les Rois (1893), L'âge difficile (1895), Le pardon (1895), La bonne Hélène (1896), L'ainée (1898), La Massière (1905), Bertrade (1905). Per il pensiero politico cfr. le Opinions à répandre (1900).
Bibl.: H. Bordeaux, J. L., Parigi 1920; H. Morice, J. L., Parigi 1924. Cfr. A. Beaunier, Critiques et romanciers, Parigi 1924, pp. 59-76.