Epstein, Julius J.
Sceneggiatore statunitense, nato a New York il 22 agosto 1909 e morto a Los Angeles il 30 dicembre 2000. Negli anni Quaranta, lavorando sotto contratto alla Warner Bros. insieme al fratello gemello Philip G. (m. 1952), si distinse per l'efficienza, il pragmatismo e l'intelligenza, privilegiando l'adattamento di romanzi e testi teatrali alla scrittura di opere originali, esposte agli interventi della censura o alle interferenze di produttori e registi (McGilligan 1986, p. 194). Dotato di humour, attento all'espressività dei dialoghi e alla costruzione dei personaggi, si specializzò nella commedia, sperimentando però anche il dramma e il musical. Quasi sconosciuto al di fuori di Hollywood, fu considerato dall'industria cinematografica una figura di grande rilievo ed estremamente emblematica (fu uno dei primi a ricevere nel 1955 il Laurel Award Achievement, massimo riconoscimento dato dallo Screen Writers Guild, il sindacato degli sceneggiatori statunitensi, sebbene la sua carriera fosse tutt'altro che conclusa); nel 1943 ottenne l'Oscar, insieme al fratello e a Howard Koch, per l'intramontabile classico Casablanca (1942) diretto da Michael Curtiz.
Dopo la laurea alla Pennsylvania State University (1931), E. fu per breve tempo agente pubblicitario e pugile professionista, prima di giungere nel 1933 a Hollywood, dove lavorò in genere per b-movies, e talvolta come ghost-writer. Ottenne la prima nomination con Four daughters (1938; Quattro figlie) di Curtiz, film basato su una commedia di F. Hurst e scritto con Lenore J. Coffee. La popolare vicenda degli intrecci amorosi di quattro sorelle ispirò altri tre film prodotti dalla Warner Bros. il primo dei quali, Daughters courageous (1939; Profughi dell'amore) di Curtiz, basato su una commedia di D. Bennett e I. White, segnò l'avvio del sodalizio professionale di E. con il fratello Philip. Insieme si sarebbero anche dedicati all'attività di drammaturghi, senza peraltro ottenere pieno successo neppure con il loro lavoro migliore, il musical Saturday night. Gli anni Quaranta furono decisivi per gli Epstein, che scrissero per la Warner Bros. numerosi film: No time for comedy (1940; Non è tempo di commedia) di William Keighley, da una commedia di S.N. Behrman che aveva trionfato a Broadway; The strawberry blonde (1941; Bionda fragola) di Raoul Walsh, da una commedia di J. Hagan; The bride came C.O.D. (1941; Sposa contro assegno), su un soggetto di K. Earl e M.M. Musselman, e The man who came to dinner (1942; Il signore resta a pranzo), da una commedia di G.S. Kaufman e M. Hart, entrambi diretti da Keighley; The male animal (1942) di Elliott Nugent, satira del mondo accademico basata su una pièce di J. Thurber ed E. Nugent. Dopo aver adattato l'opera teatrale Everybody come to Rick's di M. Burnett e J. Alison per Casablanca, divenuto in seguito un cult movie, nel 1944 i fratelli Epstein scrissero Mr. Skeffington (La signora Skeffington) di Vincent Sherman, tratto da un romanzo di E. von Arnim e da loro anche prodotto, e lo stesso anno fu distribuita la loro commedia nera Arsenic and old lace (Arsenico e vecchi merletti) di Frank Capra, trasposizione della pièce di J. Kesselring. Dopo il musical Romance on the high seas (1948; Amore sotto coperta) di Curtiz, da un racconto di C.A. Olivari e S.P. Ríos (ai cui dialoghi collaborò I.A.L. Diamond), E. lasciò la Warner Bros. e passò alla RKO, per la quale, sem-pre insieme al fratello, scrisse My foolish heart (1949; Questo mio folle cuore), tratto da un racconto di J.D. Salinger e diretto da Mark Robson, e Take care of my little girl (1951) di Jean Negulesco, da un romanzo di P. Goodin. Ancora con Philip scrisse Forever female (1953; Eternamente femmina) di Irving Rapper, tratto da una commedia di J.M. Barry, The last time I saw Paris (1954; L'ultima volta che vidi Parigi), da un racconto, pubblicato postumo, di F.S. Fitzgerald, e The brothers Karamazov (1958; Karamazov), dal romanzo di F.M. Dostoevskij, entrambi diretti da Richard Brooks, film che sarebbero usciti tutti dopo la morte del fratello.E. continuò, quindi, a lavorare da solo: adattò la pièce di M. Shulman e R.P. Smith per la divertente commedia The tender trap (1955; Il fidanzato di tutte) di Charles Walters; scrisse Take a giant step (1959; L'orma del gigante) per Philip Leacock, un onesto dramma a sfondo razziale e prima sua sceneggiatura prodotta da lui stesso; una storia d'amore ambientata in un college, Tall story (1960; In punta di piedi), da una commedia di R. Crouse e H. Lindsay derivata a sua volta da un romanzo di H. Nemerov, e il sentimentale Fanny (1961), basato sulla trilogia di M. Pagnol, entrambi diretti da Joshua Logan; e infine l'inconsueto e commovente Light in the Piazza (1962) di Guy Green, da un racconto di E. Spencer. Nonostante gli anni Sessanta segnassero la scomparsa dalla scena di molti veterani del mestiere per il mutare dei valori nella società e nel cinema e per la crisi dello studio system, E. riuscì a stare al passo con i tempi e continuò a scrivere sceneggiature fino all'inizio degli anni Ottanta. Dopo aver adattato una pièce di N. Barasch e C. Moore per Send me no flowers (1964; Non mandarmi fiori) di Norman Jewison, E. sceneggiò e produsse Any wednesday (1966; Tutti i mercoledì), tratto dalla divertente commedia di M. Resnick e diretto da Robert Ellis Miller. Seguì il gradevole Pete 'n' Tillie (1972; Un marito per Tillie) di Martin Ritt, che gli valse la seconda nomination; il film, di cui fu anche coproduttore, è l'adattamento di un romanzo di P. DeVries combinato con una delle sue commedie che non aveva avuto successo. In seguito trasse dall'omonimo romanzo di J. Susann il drammatico Once is not enough (1975; Una volta non basta) di Green, per poi collaborare a un film di guerra, caso anomalo nella produzione di E., Cross of iron (1977; La croce di ferro), basato su un romanzo di W. Heinrich e diretto da Sam Peckinpah. Dopo il sottovalutato House calls (1978; Visite a domicilio) diretto da Howard Zieff, scritto in collaborazione e ispirato a un romanzo di H.-P. Roché, ebbe un'ulteriore nomination per Reuben, Reuben (1983), di cui fu anche coproduttore, una stravagante e caustica commedia, ispirata a un romanzo di DeVries e a un lavoro teatrale di H. Shumlin e diretta da R.E. Miller, che segnò la felice conclusione di una carriera lunga quasi mezzo secolo.
D. Kilbourne, Julius Epstein and Philip Epstein, in Dictionary of literary biography, 26° vol., Detroit 1984, ad vocem; P. McGilligan, A king of comedy, in Backstory: interviews with screenwriters of Hollywood's golden age, Berkeley 1986, pp. 170-95; A. Harmetz, Round up the usual suspects. The making of Casablanca. Bogart, Bergman, and World War II, New York 1992.