JUMIEGES
JUMIÈGES (Gemmeticum, Gemmeticense coenobium nei docc. medievali)
Villaggio dell'Alta Normandia (dip. Seine-Maritime) situato nella vallata della Senna a O di Rouen, J. prende il nome dall'abbazia benedettina, oggi in rovina, fondata nel 654 da s. Filiberto su consiglio del vescovo Audoeno di Rouen.Nei secc. 8° e 9° J. fu un cenobio assai prospero con un vasto organismo monastico comprensivo di tre chiese, di cui la più grande, Notre-Dame, fu dotata nel sec. 9° di un corpo occidentale provvisto di due torri e consacrato al Salvatore; la Vita sancti Filiberti contiene una dettagliata descrizione dell'abbazia carolingia, che, distrutta nel corso delle invasioni normanne a partire dall'844, fu abbandonata dai monaci e quindi rioccupata nel 928, ai tempi del duca di Normandia Guglielmo detto Lungaspada.La ricostruzione della chiesa di Saint-Pierre sul finire del sec. 10° e in seguito quella dell'abbaziale di Notre-Dame segnano le tappe del nuovo sviluppo di J., voluto da Guglielmo da Volpiano e dal suo discepolo Thierry, abate dal 1017 al 1027. Notre-Dame fu iniziata intorno al 1027 e, dopo un'interruzione dei lavori, eretta tra il 1040 e il 1066 e consacrata nel 1067. I ruderi dei fabbricati abbaziali attestano oggi la fase di ricostruzione del monastero nel 12° secolo.Durante i secc. 13° e 14°, epoca in cui J. raggiunse una considerevole prosperità, vennero ricostruiti il coro e il transetto di Notre-Dame, insieme con la maggior parte della chiesa di Saint-Pierre. A partire dal 1463 il regime commendatario e una cattiva gestione determinarono la decadenza di J., parzialmente arginata nel sec. 17° dalla riforma maurista. Nel 1790 i monaci furono dispersi e il monastero, venduto nel 1795 come bene nazionale, venne progressivamente demolito. Le rovine di J. furono sottoposte a vincolo dal 1824, per passare, dopo il 1852, in proprietà della famiglia Lepel-Cointet, che costituì il primo nucleo del Mus. Lapidaire, ed essere infine riacquistate dallo Stato francese nel 1947.Il blocco occidentale e le due prime campate settentrionali del corpo longitudinale di Saint-Pierre costituiscono le vestigia della fabbrica di fine 10° secolo. La facciata presenta un portico sormontato da una tribuna aperta sulla navata ed era fiancheggiata da due torri, di cui si conserva soltanto il livello inferiore. Le due campate settentrionali scandiscono verticalmente il corpo longitudinale, ai lati del quale correvano due strette navate: grandi arcate a tutto sesto ricadono su pilastri rettangolari, un registro di oculi ciechi formava un secondo livello sovrastato da una galleria che, partendo dalla tribuna occidentale, si apriva sulla navata attraverso finestre gemine; questo tipo di camminamento prefigura i passaggi in spessore di muro dei più tardi transetti di Notre-Dame a Bernay e della stessa Notre-Dame a Jumièges. Il problema della restituzione del livello superiore, con o senza finestre alte, resta ancora aperto. Tanto i caratteri architettonici, quanto la sepoltura in Saint-Pierre di Ensulberto, abate di Saint-Wandrille, nel 993, suggeriscono che a quell'epoca la chiesa fosse sostanzialmente conclusa. Appartiene invece al periodo gotico il resto dell'edificio, anch'esso in rovina: il coro, un tempo coperto da volte ogivali, l'abside poligonale e il corpo longitudinale, strutturalmente non omogeneo in quanto le campate meridionali, risalenti al sec. 13°, non sono allineate a quelle settentrionali, del 14° secolo.L'abbaziale di Notre-Dame, eretta prima del 1067, conserva il corpo occidentale con portico annesso, la navata centrale costituita da quattro doppie campate e fiancheggiata da navate laterali e il muro occidentale del transetto, che però è frutto di una sistemazione successiva. Le indagini archeologiche hanno permesso di riconoscere la pianta a deambulatorio del capocroce romanico (Lanfry, 1954), che non sembra aver avuto cappelle radiali, come accadeva nell'altra abbaziale normanna di Mont-Saint-Michel, costruita nel 1023. Il portico del corpo occidentale, voltato a botte, è sormontato da una tribuna che inizialmente si affacciava sulla navata attraverso una triplice arcata; la fronte era fiancheggiata da due alte torri, i cui piani ottagonali si impostano su livelli inferiori a pianta quadrata. L'arretramento delle torri rispetto al muro di facciata, l'esistenza di camminamenti al piano terreno e la disposizione della tribuna costituiscono altrettanti tratti arcaici che allineano il corpo occidentale di Notre-Dame alla tradizione costruttiva di origine carolingia e offrono elementi di confronto con l'architettura ottoniana (per es. con St. Pantaleon a Colonia). Le differenze di livello dell'alzato e raccordi eseguiti in maniera sommaria nell'organizzazione del primo piano del portico mettono in evidenza che l'impianto originario - progettato e impostato al tempo dell'abate Thierry - venne inglobato nella costruzione successiva. L'alternanza di pilastri, il principio del muro sottile, l'alzato decrescente su tre livelli, la tribuna e i matronei voltati a crociera, al pari delle navate laterali, caratterizzano la stessa navata centrale, che non era voltata ma possedeva un sistema a capriate forse su archi-diaframma, come per es. in Saint-Vigor di Bayeux. La parete occidentale del transetto possiede un passaggio in spessore di muro comparabile a quello di Bernay; un matroneo si sviluppava lungo ciascun braccio del transetto, secondo uno schema adottato anche nella cattedrale romanica di Bayeux.La decorazione plastica era limitata; i capitelli della tribuna occidentale, quelli dei pilastri del transetto e alcuni frammenti, oggi al Mus. Lapidaire, sono ornati da temi improntati alle miniature anglosassoni della c.d. scuola di Winchester, conosciute a J. attraverso i codici insulari donati all'abbazia da Roberto Champart, già abate di J., divenuto nel 1045 vescovo di Londra e quindi arcivescovo di Canterbury.La data di inizio della costruzione di Notre-Dame resta comunque controversa; una prima campagna di lavori, precedente il 1027, poté riguardare la parte del corpo occidentale che ospitava la cappella del Salvatore eretta dall'abate Thierry. L'edificio abbaziale fu costruito dopo il 1040, iniziando dalle due estremità: il blocco di facciata e il coro con transetto erano terminati nel 1052, allorché si diede sepoltura all'abate Roberto; il corpo longitudinale invece venne costruito per ultimo e fu innalzato per segmenti orizzontali. L'influsso esercitato dall'abbaziale è chiaramente riconoscibile nei semplificati portici normanni di fine sec. 11° - per es. nelle chiese della Trinité e di Saint-Nicolas a Caen e di Sainte-Honorine a Granville -, nell'alzato della cattedrale inglese di Durham e negli ulteriori sviluppi della tecnica del muro spesso, che nel transetto di Notre-Dame di J. è già abbozzata. Quest'ultimo conservò la tribuna anche dopo il rimaneggiamento gotico della fine del sec. 13°; le alte arcate del coro gotico, con l'alzato su due livelli tipico dell'architettura della Normandia, e il deambulatorio, dotato di cappelle radiali, appartenevano agli inizi del 14° secolo.Un'incisione del Monasticon Gallicanum offre l'immagine del monastero di J. nel 1678, dopo la ricostruzione della residenza abbaziale da parte di Francesco II di Harlay. Il chiostro, ricostruito nel 1530, è oggi scomparso insieme con la maggior parte dei fabbricati monastici, dei quali si conservano solo la grande sala della foresteria, edificata intorno al 1160 e un tempo erroneamente identificata come cellier, le rovine della sala capitolare, innalzata nel 1100 ca., con volte ogivali del 1120-1130, e, infine, la portineria duecentesca.
Benché le fonti attestino la presenza di una biblioteca e di un'intensa vita intellettuale all'interno del monastero carolingio - un antifonario di J. fu portato all'abbazia di San Gallo -, non rimangono manoscritti che testimonino direttamente l'attività a J. di uno scriptorium prima del 10° secolo. Intorno al 950 alcuni codici ornati da iniziali in stile franco-sassone (Rouen, Bibl. Mun., 141) mostrano l'inizio della rinascita dello scriptorium; inoltre una raccolta di vite di santi (Rouen, Bibl. Mun., 1378) venne realizzata a J. al tempo dell'abate Annone (942-973).Soprattutto nella prima metà del sec. 11°, al tempo dell'abate Thierry, si affermò il rinnovamento, segnato da legami stilistici assai stretti con la produzione dell'abbazia normanna di Fécamp. Tra il 1045 e il 1051 alcuni splendidi manoscritti miniati anglosassoni, tra cui un sacramentario (Rouen, Bibl. Mun., 274), un codice (Rouen, Bibl. Mun., 506) e un benedizionale (Rouen, Bibl. Mun., 369), furono donati all'abbazia da Roberto Champart.La seconda metà del sec. 11° segnò l'apogeo dello scriptorium di J.: ai tempi dell'abate Gontaldo (1078-1095) si organizzò il lavoro di copiatura e in quest'epoca si venne affermando lo stile proprio dell'abbazia, documentato intorno al 1080 dalla Bibbia di J. (Rouen, Bibl. Mun., 8). I vangeli di Abingdon, realizzati in Inghilterra e donati a J. dal monaco Reinaldo, divenuto abate di Abingdon, sembrano amalgamare lo stile proprio di J. nel periodo precedente la realizzazione della Bibbia e alcuni apporti inglesi. Il periodo di maggior splendore dello scriptorium è segnato dall'opera del celebre Hugo pictor: i sermoni superbamente miniati (Rouen, Bibl. Mun., 531), le vite di santi (Rouen, Bibl. Mun., 1408) e l'Exultet (Parigi, BN, lat. 13765). Lo scriptorium rimase assai attivo durante tutto il Medioevo, svolgendo un'importante attività di copia nel corso del Duecento - in particolare sotto l'abate Alessandro (1198-1213) - e del Trecento, con gli esemplari degli scritti di Pietro Lombardo, Pietro Comestore e Gualtiero di Châtillon, senza peraltro più raggiungere la qualità artistica dei prodotti romanici.
Bibl.:
Fonti. - Vita sancti Filiberti, in Acta Sanctorum Ordinis sancti Benedicti, II, a cura di L. d'Achery, J. Mabillon, Paris 1669, p. 819; Monasticon Gallicanum, Paris 1871, tav. 118.
Letteratura critica. - O. Pächt, Hugo Pictor, Bodleian Library Record 3, 1950, pp. 96-103; G. Lanfry, L'abbaye de Jumièges. Plans et documents, Rouen 1954; Jumièges, "Congrès scientifique du XIIIe Centenaire, Rouen 1954", 2 voll., Rouen 1955; J. Vallery-Radot, Le deuxième Colloque international de la Société française d'archéologie (Rouen 1966), BMon 127, 1969, pp. 125-147; J. Taralon, L'abbaye de Jumièges, Paris 1979 (con bibl.); F. Avril, La décoration des manuscrits dans les abbayes bénédictines de Normandie aux XIe et XIIe siècles (tesi), in Ecole nationale des Chartes. Positions de thèses, Chartes 1963, pp. 21-28; Manuscrits normands, cat., Rouen 1975; M. Baylé, La sculpture du XIe siècle à Jumièges, in Aspects du monachisme en Normandie IVe-XVIIIe siècles, Paris 1982, pp. 75-90; id., Les origines et les premiers développements de la sculpture romane en Normandie, Caen [1992].M. Baylé