Mathis, June
Sceneggiatrice statunitense, nata a Leadville (Colorado) nel gennaio 1892 e morta a New York il 27 luglio 1927. Nel periodo del cinema muto la M. rappresentò una figura di transizione, o forse un unicum, in quanto ricoprì compiti che sarebbe limitativo identificare con la scrittura del copione. Il ruolo da lei svolto infatti si avvicina a quello che andavano assumendo allora i produttori-supervisori, responsabili della ripartizione del budget annuale di una casa di produzione, impegnati nella gestione complessiva del progetto di un film (dalla sceneggiatura alla produzione, inclusi casting, regia, montaggio e didascalie).
Dopo aver recitato e scritto per il teatro, nel 1916 la M. iniziò a collaborare con il regista Edwin Carewe, sostenendo subito la necessità di focalizzare un tema intorno al quale sviluppare le trame, spesso confuse, dei brevi film del periodo, spinta dall'aspirazione di dare al cinema una dignità artistica non scevra di valori spirituali. Nel 1918 fu assunta dalla Metro Pictures Corporation, dove diresse l'ufficio soggetti. Forte del successo dei film da lei scritti per Alla Nazimova (Eye for eye, 1918, L'Occidente, e The red lantern, 1919, La lanterna rossa, entrambi diretti da Albert Capellani), convinse la casa ad assicurarsi i diritti del romanzo di V. Blasco Ibáñez, per The four horsemen of the Apocalypse (1921; I quattro cavalieri dell'Apocalisse) di cui scrisse la sceneggiatura, imponendo Rex Ingram alla regia e Rodolfo Valentino nel ruolo di Julio. Il trionfo di The four horsemen of the Apocalypse le fruttò la promozione ad associate producer. Scrisse quindi per Rodolfo Valentino The conquering power (1921; La commedia umana) di Ingram, da un romanzo di H. de Balzac, e Camille (1921; La signora delle camelie) di Ray C. Smallwood, basato sul romanzo di A. Dumas fils, memorabile per la scenografia déco di Natasha Rambova (futura moglie dell'attore). Insoddisfatta del trattamento professionale ed economico riservato dalla Metro sia a lei sia a Rodolfo Valentino, 'la coppia' si spostò alla Paramount, dove la M. realizzò Blood and sand (1922; Sangue e arena) di Fred Niblo, adattamento di un altro romanzo di Blasco Ibáñez. Anche qui la M. non si fermò a lungo perché accettò l'offerta di Samuel Goldwyn, che le proponeva non solo un alto stipendio, ma anche un maggior controllo sul proprio lavoro, nominandola direttore editoriale: fu così la prima donna a occupare una posizione di tale responsabilità nell'industria cinematografica. Lavoratrice infaticabile, sempre devota all'idea di un cinema di qualità, la M. sostenne il progetto di Eric von Stroheim di adattare per lo schermo il difficile romanzo realista, McTeague di F. Norris, per Greed (1924; Rapacità), ma quando il regista le consegnò un film dalla durata impossibile, avendone approvata la realizzazione fu costretta a rimontarlo, portandolo da 18 a 10 rulli mentre una precedente riduzione, da 24 a 18, era già stata effettuata da Rex Ingram su richiesta dell'amico Stroheim. Portò poi sullo schermo Ben Hur (1926) diretto da Niblo (anche se la M. aveva scelto Charles Brabin), tratto dal popolare romanzo di L. Wallace: assicuratasene i diritti, ne scrisse la sceneggiatura, scelse il cast (George Walsh, sostituito poi da Ramon Novarro) e coordinò la pre-produzione in Italia (era stata sua anche la decisione di girare il film a Roma). Qui incontrò e sposò l'operatore Silvano Balboni, che la seguì a Hollywood. Per diversi motivi le riprese italiane di Ben Hur furono una catastrofe sul piano della produzione; rimossa dall'incarico, la M. tornò negli Stati Uniti e andò a lavorare alla First National, dove scrisse in prevalenza per l'attrice Colleen Moore (nel 1925: The desert flower, Il fiore del deserto, di Irving Cummings; We moderns, Noi ragazze d'oggi, di John Francis Dillon; nel 1926: Irene, Irene non ti spogliare, di Alfred E. Green), creando per lei un personaggio di flapper più sentimentale di quello interpretato da Clara Bow.La morte prematura la colse in teatro quando ormai era la donna più potente del cinema americano.
F. Van Vranken, Women's work in motion pictures, in "Motion picture magazine", August 1923; Th.J. Slater, L'arte della sceneggiatura: June Mathis, in "Griffithiana", 53, maggio 1995; G. Muscio, Rudy e June, in Valentino: lo schermo della passione, a cura di P. Cristalli, Ancona 1996.