K
- È la decima lettera dell'alfabeto romano e dell'italiano; l'undecima di quelli che, pur derivando dal romano, distinguono la j dalla i. Anche nell'alfabeto greco questa lettera occupa il decimo posto, ma esso era in origine l'undecimo, essendo caduta nell'uso della pronuncia e della scrittura la sesta lettera, il cosiddetto digamma; tuttavia, nel sistema greco di numerazione (v. più avanti), la K conserva il suo antico posto, che è quello occupato da essa nell'alfabeto fenicio. In questo la forma della K sembra rappresentare schematicamente la palma della mano (kaph), onde il suo nome, che i Greci assunsero, come quelli di quasi tutte le altre lettere, dandogli la forma kappa (presso i Romani, esso sonava ka). La forma dalla K greca in confronto a quella fenicia deriva, al solito, dalla direzione verso destra assunta dalla scrittura. Dopo che il segno C, che originariamente aveva il suono di g, fu preso a rappresentare nell'alfabeto romano il suono proprio della K, questa lettera, divenuta ormai inutile, andò scomparendo dall'uso, mantenendosi soltanto sporadicamente, per arcaismo (si trova così nelle iscrizioni karus, kaput, ecc.; quasi costante è la scrittura Karthago; normali sono poi K come abbreviazione di Caeso e di Kalendae). Nelle scritture delle lingue neolatine, durante il Medioevo, si ricorse qualche volta alla k per esprimere il suono velare di c davanti a e, i, ma poi prevalsero altre grafie (ital. che, chi); oggi, in tali lingue la k non è usata se non in parole straniere. Invece le lingue germaniche e altre (lingue slave occidentali, ungherese), che pure usano l'alfabeto latino o quello cosiddetto gotico che deriva dal latino, hanno conservato la k; nel tedesco, anzi, da oltre mezzo secolo essa tende a sostituirsi alla c in quelle parole di origine latina o romanza dove questa si era mantenuta, innanzi alle vocali a, o, u e alle consonanti: le grafie Konzert, Klavier, ecc., hanno ormai sostituito quelle Concert, Clavier, ecc. Negli alfabeti derivati dal greco (come quelli slavi orientali) la k si è mantenuta.
Dal punto di vista fonetico la k è una velare sorda. Quanto si riferisce a questo suono e alle sue alterazioni in varî linguaggi è stato esposto nella voce c. Nelle trascrizioni fonetiche, in genere è preferita alla c per la sua univocità. Si trascrive talora con ḳ quella consonante enfatica propria delle lingue semitiche la quale da altri (e in questa Enciclopedia) è trascritta con q.