KĀBUL (A. T., 92)
BUL Capitale dell'Afghānistān, capoluogo della provincia omonima, sul fiume Kābul e per ¾ sulla sua destra, a 34° 30′ lat. N., 69° 13′ long. E., situata a 1797 m. s. m., in una fertile e ben irrigata pianura, circondata da nude montagne. La città si sviluppa per circa 2500 m., da E. a O. e 1600 da N. a S., con oltre 4500 m. di circonferenza. Data la sua posizione potrebbe estendersi solo verso N.; nell'ultimo secolo varî sovrani pensarono a ricostruirla altrove (v. dār al-amān). Il clima è nevoso d'inverno, afoso d'estate.
Ha 140.000 ab., di origine assai mista, compresi qualche migliaio di Indù commercianti e banchieri. Su Kābul convergono le principali vie di comunicazione dell'Afghānistān e l'antica via militare per l'India. Mancano notizie sicure sulla sua storia più antica; essa prese importanza solo dopo la caduta di Ghaznī (v.), fu capitale di Bāber (che ne ha lasciato una bella descrizione) dal 1504 al 1519, e dei Durrānī dal sec. XVIII a oggi.
Poco rimane delle mura e delle sette porte del sec. XVI; all'angolo SE. il Bālā Hiṣār (fortezza di sopra) costruito da Bāber, alto 45 m., smantellato e ridotto a caserma da ‛Abd ur-Raḥmān, che costruì a N. della città il palazzo reale fortificato detto Arg (cittadella). A lui si devono anche il ponte sul Kābul, residenze reali estive e invernali, la zecca, varî stabilimenti industriali e militari di stato. A est di Kābul su di un'altura, il mausoleo di Bāber. La Grande Moschea è una vasta costruzione di mattoni rossi e stucchi; grandiosa la tomba di Tīmūr Shāh. Bellissimo era il bazār coperto, con porticati e fontane del sec. XVII, distrutto dalla spedizione punitiva britannica nel 1842. Malgrado parecchi edifici maestosi, se pure recenti e artisticamente mediocri, un giardino pubblico, monumenti di stile classico eretti da Amānullāh, illuminazione elettrica, qualche strada ben tenuta, Kābul nel suo complesso è squallida e trascurata.
Kābul ha una stazione radiotelegrafica, linee telegrafiche con Peshawar e Kandahār. Per la storia v. afghānistān. Tolta ad Amānullāh da Baciah-i Saqqā il 14 gennaio 1929, fu a lui ritolta dall'attuale sovrano Nādir Shāh, dopo un bombardamento, l'8 ottobre dello stesso anno.
Bibl.: C. M. Pecorella, Fardă, Palermo 1930.