Vedi KALABSHAH dell'anno: 1961 - 1973
KALABSHAH (v. vol. iv, pp. 290 ss.)
Nell'autunno del 1960, la Repubblica Federale Tedesca rispondeva, insieme con altre nazioni, all'appello lanciato dall'UNESCO per la costituzione di un comitato per la salvezza dei monumenti nubiani minacciati dalle acque del lago originato dalla Grande Diga in costruzione sul Nilo, poco a monte di Assuan. Tra i monumenti da salvare era anche il tempio di K., il più grande dei templi nubiani, dopo i santuarî rupestri di Abu Simbel (v.) ed il complesso di File (v. vol. iii, p. 669).
Il compito di effettuare l'opera di salvataggio di tale tempio fu affidato per l'appunto alla Repubblica Federale Tedesca. Il comitato tedesco per la Nubia espresse, ai primi del 1961, al governo egiziano l'intenzione di smontare a proprie spese il tempio, per rimontarlo in località adeguata. Ricevuta risposta affermativa, venne devoluto alla Società Hochtief AG, di Essen, l'incarico di portare a compimento l'impresa. La prima difficoltà consistette nella scelta della località dove trasferire il monumento. In seguito ad approfondite prospezioni venne scartata la primitiva idea di trasportare il tempio su di una collina rocciosa situata a circa 8 km a NO del luogo originario, sia per la eccessiva distanza dalla valle del Nilo e dalla futura riva del lago artificiale, sia per la scarsa consistenza del terreno sul quale si sarebbe dovuta costruire la strada di accesso. Nel frattempo era stata presa la decisione di costituire, tra K. e Assuan, una zona nella quale raccogliere alcuni dei principali monumenti architettonici della Nubia settentrionale. Pertanto anche il tempio di K. fu destinato ad esservi trasferito. Il luogo venne scelto sulla riva sinistra del Nilo, su di un'altura a N di Dabod, a circa 12 km a S della Grande Diga, in località Khor Ingi. Si potevano così avviare i lavori di smontaggio nell'autunno del 1961, in una stagione cioè in cui le acque alte del Nilo lasciavano affiorare solo i filari superiori dei blocchi componenti i muri. In tal modo si poteva facilitare il carico dei blocchi (pesanti in media 0,8-1,2 t, eccezion fatta per i blocchi dei soffitti, che raggiungevano le 25-30 t) sulle barche che dovevano trasportarli a Khor Ingi. Quivi essi venivano deposti in ordine, nell'attesa della ricostruzione. Nell'inverno 1961-62 i lavori dovettero essere interrotti a causa dell'acqua che ancora sommergeva il tempio, per essere ripresi nel maggio 1962 e terminati il 1° ottobre dello stesso anno. Restavano sul luogo le fondazioni, parti del lastrico, resti del grande muro di cinta esterno, e, naturalmente, eventuali resti di costruzioni precedenti posti sotto il pavimento. Oltre al tempio vero e proprio erano stati invece smontati e trasferiti a Khor Ingi il mammisi (v. vol. iv, p. 813), la cappella tolemaica e il molo.
Il 30 ottobre 1962 veniva posata la prima pietra (del pilone N) sulla piattaforma di cemento appositamente allestita per servire da basamento al tempio. Nel contempo si doveva risolvere un nuovo problema. Nello smontaggio ci si era resi conto che in più di un caso lo stato di conservazione del tempio era diverso da quello che ci si aspettava: spesso la pietra usata nella costruzione si sbriciolava al primo tentativo di rimozione. Inoltre si scoprì che alcune colonne, apparentemente intatte, erano invece costituite da un nucleo in muratura rivestito di stucco, mentre altri elementi erano sorretti all'interno da rinforzi in ferro, opera questa probabilmente dei restauri effettuati dal Barsanti nel 1907. Si trattava quindi in molti casi di dover operare una vera e propria ricostruzione. Le parti portanti sono state rinforzate in cemento armato; alcuni tratti di pareti sono stati restaurati con nuovi blocchi di pietra, appositamente tagliati; infine le lacune nelle parti decorate o iscritte sono state semplicemente stuccate in maniera da rimanere chiaramente distinte da quelle antiche. Altro problema delicato fu quello della copertura della cella del santuario: la ricostituzione di un soffitto si rendeva consigliabile per motivi estetici e di conservazione dalle intemperie dei rilievi all'interno. Tuttavia, se da una parte un restauro in cemento urtava contro criterî scientifici, il ripristino del sistema di travature originario in pietra doveva scartarsi e per il suo altissimo costo, e per motivi statici. Si decise alla fine di costruire un nuovo sistema di travature in cemento in tutto e per tutto simili alle originali in pietra, trattate però, sulla faccia inferiore, visibile dall'interno del santuario, in maniera da essere chiaramente distinte dalle parti originali.
Da un punto di vista archeologico, l'aspetto più interessante della rimozione del tempio è stato quello di aver ritrovato, usati come materiale di reimpiego nelle pareti della cella, un centinaio di blocchi di pietra decorati con rilievi ed iscrizioni appartenenti certamente ad una fase del tempio precedente quella augustea. Alcuni cartigli conservati nelle iscrizioni davano nomi di re da Tolemeo IX a una Cleopatra. Si rese conseguentemente necessario, sul volgere dell'estate del 1963, effettuare rapidi sondaggi archeologici a K., sotto il pavimento del tempio. In effetti furono ritrovati i resti di un tempio composto di una sala preceduta da un vestibolo (oppure da una semplice rampa di accesso) e circondata verso O da una terrazza.
Infine, altra scoperta interessante scientificamente è stata quella di aver messo insieme, incidendolo nel pavimento del tempio, l'allineamento di tutti i muri.
Bibl.: H. Stock-K. G. Siegler, Kalabsha. Der grösste Tempel Nubiens und das Abenteuer seiner Rettung, Wiesbaden 1965.