KALEVALA ("la patria di Kaleva", eroe e progenitore mitico)
Titolo dato da Elias Lönnrot (v.) al poema nazionale dei Finni, da lui redatto e composto mediante la combinazione di canti tradizionali epici, magici, lirici, nel metro a tutti comune, l'ottonario trocaico allitterante, con frequenti rime finali e col caratteristico procedimento del "parallelismo". Il Lönnrot ebbe più d'un predecessore nell'opera intesa a costituire un corpus poeticum, tesoro di tradizioni, specchio della vita e dei costumi del popolo, pittura della natura e del paesaggio finno, coi suoi innumerevoli laghi, le sonanti cascate, le cupe foreste, le sterminate gelide pianure.
Gabriel Porthan fu il primo a confrontare le varianti dei canti popolari per ricostruire, con la loro combinazione, il tipo originario di un dato canto. A. J. Sjögren, raccoglitore di 350 canti (il massimo sino allora raggiunto) si domandava (1817): "Non potrebbero questi canti essere raccolti in unità epica o drammatica, sì da farne qualcosa che somigliasse a Omero, a Ossian, ai Nibelunghi?". Ma l'idea passò inosservata; e troppo scarsi sarebbero stati, ad attuarla, i materiali, finché, per merito specialmente di K. A. Gottlund (1796-1875) e di Z. Topelius (1781-1831), accresciuti di numero e sempre più varî di argomento, pervennero, con l'opera indefessa, coscienziosa e geniale del Lönnrot, a unità di poema; unità non organica, ma poetica. Il primo Kalevala (1835) era stato preceduto da tre tentativi di raggruppamento di canti tramandati intorno a Väinämöinen, il mago-sapiente-poeta dell'antica Suomi: il primo (Väinämöisestä, 1820) di R. von Becker, il secondo (De Väinämöine priscorum Fennorum numine, 1827; tesi di dottorato) e il terzo (Runokokous V. sestä, Raccolta di runi intorno a V., rimasto inedito sino al 1921), del Lönnrot. Quest'ultimo (compiuto nel 1833) ha già la forma di un poemetto, con i suoi 5000 versi circa, diviso in 16 canti: e può ben dirsi un Kalevala in miniatura, poiché il disegno ne resta immutato nel primo Kalevala (1835) che si accresce del doppio (32 canti con circa 12.100 versi) per l'aggiunta di altri episodî e soprattutto di lunghi canti magici e scongiuri. Passano quattordici anni, e nuove raccolte del Lönnrot stesso e di altri zelanti ricercatori, particolarmente del giovane, operosissimo D. E. Europaeus, permettono al Lönnrot di rifondere il poema e di ripubblicarlo, il 5 dicembre 1849, in una forma definitiva, con 50 canti e circa 23.000 versi.
I Finni hanno così il loro poema nazionale, il monumento più cospicuo della loro poesia tradizionale. Poesia di un mondo fantastico e fiabesco, lontano dalle imprese guerresche e dalle gesta eroiche di altre epopee: qui strane avventure, strani racconti mitici sulle origini del mondo e delle cose, "con molti incantamenti, con poche passioni - tranne forse una, descritta con larghezza e con forza, l'amor di madre - e con appena qualche generica rappresentazione di caratteri" (E. G. Parodi). Le figure principali, già fissate in canti distinti e talora già "combinati" dalla tradizione dei laulajat o cantori, sono il mago-poeta Väinämöinen, l'eroe del canto e del pensiero, in contrasto col fabbro Ilmarinen, l'eroe dell'azione; Lemminkäinen, il guerriero avventuroso e vanitoso, il seduttore scapestrato e ciarliero, abile stregone e ragazzo sbarazzino, figlio amoroso e devoto, la creazione più originale e multiforme della poesia finnica; e, in un episodio famoso, la cupa e selvaggia figura di Kullervo, sventurato fin dalla nascita, e fino alla morte nutrito di odio e di vendetta. Altri e grandi pregi ha questa poesia: vivissimo il sentimento della natura: alle cose inanimate trasfusa un'anima che soffre, gioisce e spera: e mirabili i canti nuziali, gli strani scongiuri, le figurazioni fantastiche dell'amor materno, dell'amor filiale. Ma soprattutto mirabile che in questo mondo fantastico e avventuroso più d'ogni cosa valga non la forza brutale, ma quella dello spirito, non l'arme, ma la parola: parola, come quella divina nella Bibbia, veramente "creatrice". A ragione il Parodi esalta l'episodio dell'origine della Kantele (cetra) come "un simbolo eterno e universale della grandezza e della potenza della poesia, che, mentre quasi riassume il più intimo e vero significato del Kalevala, sarebbe sufficiente a giustificarne la fama".
L'elenco apposto all'edizione del 1910 registra 16 edizioni del testo, 4 raccolte di materiali e varianti, 16 traduzioni complete, 390 numeri fra traduzioni parziali, studî critici, giudizî e scritti varî. Delle traduzioni complete più accessibili ricordiamo la tedesca di A. Schiefner (Helsingfors 1852) e di H. Paul (ivi 1885-86), la francese di Léouzon Le Duc (Parigi 1867 e 1879) e di L. Perret (Parigi 1831), l'inglese di F. W. Kirby (Londra 1907), l'italiana di P. E. Pavolini (Palermo 1910; v. E. G. Parodi, Poeti antichi e moderni, Firenze 1923, pp. 117-127).
Dell'influenza del Kalevala sulla giovane letteratura finnica si hanno tracce sensibili nelle opere di A. Kivi (la tragedia di Kullervo), Erkko (Kullervo, Aino, Le nozze di Pohjola), Aho (Panu), Eino Leino (nelle liriche e leggende e nella mirabile raccolta Helka-virsiä). Il poema finnico fu di esempio e d'incitamento alla composizione del Kalevipoeg estone (v.); il Longfellow ne imitò i procedimenti e lo stile nel Song of Hiawatha. Ne trassero potente ispirazione le musiche di R. Kajanus e J. Sibelius e la grande arte pittorica di Gallén-Kallela (v).
Bibl.: Per le questioni sulla composizione del poema vedansi soprattutto l'opera fondamentale di D. Comparetti, Il K. e la poesia tradizionale dei Finni, Roma 1891 e quella di Kaarle Krohn; sul Sampo, il recente volume di E. Setälä (Sammon arvoitus, L'enigma del Sampo, Helsinki 1932). Per gli antecedenti del poema, P. E. Pavolini, Intorno al Kalevala, I, in Studi di filologia moderna, III (1910), fasc. 3-4.