Kalīla wa Dimna Raccolta di apologhi, composta in sanscrito tra il 4° sec. e il 6° d. C. L’opera originaria, il Tantrākhyayika («Libro di casi di saggezza»), ebbe una recensione più tarda con il Pañcatantra (sanscrito «i cinque libri» o «le cinque dottrine»), dove compaiono i due sciacalli che, nella forma araba Kalīla e Dimna, daranno poi il nome alle redazioni successive. L’opera fu tradotta nel 6° sec. dal sanscrito in pahlavico (versione perduta), nell’8° sec. dal pahlavico in arabo e da qui si è diffusa in quasi tutte le letterature occidentali e orientali, grazie soprattutto all’opera di Ibn al-Muqaffa‘, dalla cui versione derivano altre di varia provenienza (siriaca, greca bizantina, etiopica, mongolica, neopersiana, ebraica). Sulla traduzione ebraica di Rabbi Joel (12° sec.) fu compiuta quella latina di Giovanni da Capua (13° sec.) sotto il titolo Directorium humanae vitae, e da questa derivano le redazioni tedesche, spagnole, italiane (i Discorsi degli animali di A. Firenzuola, 1548), sino a che nel 18° sec. cominciarono ad aversi le prime dirette versioni europee dai testi orientali.