KAMIKOS (Κάμικος, Καμικός)
Città della Sicilia, annoverata fra le βαρβαρικαὶ πόλεις, oggi scomparsa (Strab., vi, 273); fu resa estremamente munita da Dedalo che, fuggito da Creta, fu accolto da Cocalo, re dei Sicani e, ricercato da Minosse, fu causa della sua uccisione, determinando una spedizione vendicativa dei Cretesi, che assediarono invano per cinque anni K. (Herod., vii, 170; Diod., iv, 78, 2). Ippocrate e Capi, cugini di Terone, tiranno d'Akragas, ribellatisi e battuti sotto Imera, s'impadronirono di K. (Schol. Pind., Ol., ii, 173; Pyth., vi, 5). Divenuta un ϕρούριον, K. fu occupata dai Romani nel 258 a. C. (Diod., xxiii, 9, 5). Le vicende legate a questa città furono argomento per Sofocle (Καμικοί, Fragm., 300-304 Nauck2) ed Aristofane sotto il titolo Κώκαλος (Poi., ii, 7, 2, p. 1271 b 39). Fiume omonimo (Herod., vii, 170; Lykos, Fragm., 8, in Fragm. Hist. Gr., ii, 373; Diod., iv, 78, 2), da cui prese il nome la città (Vibius Sequester, De fluminibus, ecc., s. v. Camicos e Steph. Byz., s. v. ᾿Ακραγάντες. La possibilità di identificare il sito di K. in base alle fonti scritte ha tentato gli eruditi sin dal Cinquecento, ma è stato l'Ottocento il secolo più denso di studî, compreso il lavoro dei cultori locali, fra i quali il migliore è il Caruselli. Dominò a lungo l'opinione che K. fosse Siculiana (Cluverio); cadde presto l'ipotesi che fosse nel sito di Agrigento (Pancrazi) e quella di una doppia K. (Raoul Rochette). Rimanevano in campo, contrastanti, le ipotesi di K. a Caltabellotta (Schubring), oppure a Platanella (Holm). Ma la vicinanza di K. a Minoa era ormai un risultato positivo, e quindi la ricerca ad O di Agrigento con impellente tendenza verso la zona montuosa a N.
Sul fondamento di questo retaggio critico, la scoperta nel 1931 delle grandiose thòloi in roccia di S. Angelo Muxaro (v.), sita appunto nella zona indiziata e presso un fiume (il Platani), sembra fornire la desiderata evidenza archeologica più propria a K. per il suo carattere sicano, la monumentalità regale, i tipici oggetti aderenti ai legami storici e mitologici con Creta e Dedalo. In conseguenza il Platani appare essersi chiamato Kamikos. Superata l'influenza di Selinunte, di cui Erodoto ha consapevolezza, il territorio acragantino si allargò notevolmente al di là del Platani, che veniva ad occupare la parte centrale del bacino e del territorio. L'espressione di Vibio Sequestro (Camicos Siciliae... dividit Agrigentinos), meglio se risalente a più antiche fonti, va intesa nel senso corografico: il Kamikos "attraversa, taglia" la regione (περίχωρος) agrigentina, altrimenti detta Σικανία, come da Strabone e Stefano Bizantino, indipendentemente dalle vicende egemoniche selinuntina, acragantina, cartaginese e siracusana. Il Griffo propende a vedere la corrispondenza del K. al Platani sinora ritenuto l'Halykos, almeno nel corso superiore.
Non è contro il metodo, in questo genere d'indagini, supporre che quest'ultima denominazione sia la traduzione del nome sicano, o che questo fosse stato sostituito da un vocabolo parlante, ma non nel senso che il fiume fosse salso, nome corrente e qualità comune a molti corsi della Sicilia, bensì fosse il fiume del sale per eccellenza, la via o valle del sale. Infatti il Platani solca la parte più ricca di salgemma della Sicilia, e non è impossibile che, forse con lo zolfo della costa, costituisse una fonte di ricchezza, ed anche monopolio, della dinastia di Cocalo.
Bibl.: Ziegler, in Pauly-Wissowa, X, 2, 1919, cc. 1836-37, s. v.; Chr. Blinkenberg, La chronique du temple Lindien, in Bull. Acad. Royale de Danemark, Copenaghen 1912 (27); E. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia, Catania 1911, pp. 106-116; L. Pareti, Studi siciliani e italioti, Firenze 1920, pp. 262-264; P. Orsi, La necropoli di S. Angelo Muxaro, in Atti Acc. Palermo, XVII, 1932, fasc. 3; B. Pace, Arte e Civiltà della Sicilia antica, Milano 1935, I, p. 388, passim; J. Bérard, La colonisation grecque de l'Italie Meridionale et de la Sicile dans l'antiquité, Parigi 1957, p. 339; P. Griffo, Ricerche intorno al sito di Camico, Agrigento 1948; T. J. Dunbabin, Minos and Daidalos, in Pap. British School at Rome, XVI, 1948, pp. 4-8; M. Nilsson, Cults, Myths, Oracles, and Politics in Ancient Greece, Lund 1951, pp. 88 e 125.