Shindō, Kaneto
Regista e sceneggiatore giapponese, nato a Hiroshima il 28 aprile 1912. Autore di complessi e sofferti ritratti femminili, S. ha sempre dichiarato la sua profonda ammirazione per il cinema di Mizoguchi Kenji, alla cui personalità e carriera ha dedicato l'interessante documentario Aru eiga kantoku no shōgai: Mizoguchi Kenji no kiroku (1975, Vita di un cineasta: Mizoguchi Kenji). Esempio di regista rigoroso, ostinato e poco incline al compromesso nel proseguire la propria opera anche a costo di una certa emarginazione da parte del sistema cinematografico giapponese, S. ha spesso scelto, almeno sino agli anni Settanta, la via delle produzioni indipendenti, l'unica che gli consentisse di affrontare i temi a lui cari dell'emarginazione sociale e del ruolo della sessualità nella formazione e nel comportamento di un individuo. Sviluppatasi negli anni del cinema classico ma protrattasi in seguito ben oltre gli anni Sessanta, l'opera del regista opta sul piano stilistico per una significativa commistione di elementi narrativi ed espressivi provenienti sia dalla tradizione sia dagli impulsi modernisti.
Entrato nel mondo del cinema nel 1937, presso gli studi della Shinko Kinema, S. si impose soprattutto per la sua attività di sceneggiatore: in tale veste collaborò principalmente con Yoshimura Kōzaburō, insieme al quale avrebbe fondato, nel 1951, una compagnia di produzione indipendente, la Kindai eiga kyōkai (Società del cinema moderno). Nello stesso anno esordì nella regia con Aisai monogatari (1951, Storia di una moglie amata), che esplicita subito quell'attenzione e propensione per l'universo femminile, l'approfondimento psicologico, i dettagli a prima vista insignificanti della vita di tutti i giorni che sarebbero stati un elemento costante della sua intera opera. Sarebbe tuttavia un errore considerare solo l'aspetto intimistico del cinema di S. che, per es., comprende anche film di forte impatto e denuncia storico-sociale, come testimonia Genbaku no ko (1952, I figli della bomba), uno dei film più importanti sulla tragedia di Hiroshima, peraltro sua città natale, nella storia del cinema giapponese. Il nome di S. è conosciuto a livello internazionale soprattutto grazie a due film girati nei primi anni Sessanta, che rappresentano bene il suo oscillare fra tradizione e modernità: Hadaka no shima (1961; L'isola nuda), che ottenne il Gran premio al Festival di Mosca dello stesso anno, e Onibaba (1964; Onibaba ‒ Le assassine). Il primo racconta in tono documentario la vita quotidiana di una silenziosa famigliola di contadini: i due genitori, che non si scambiano una parola per tutto il film, devono ogni giorno intraprendere un lungo viaggio per procurarsi l'acqua necessaria alla quotidiana sopravvivenza; il secondo, invece, assume lo stile di un'opera barocca nel raccontare la vicenda, ambientata in un imprecisato passato di guerra, di due donne abbandonate a sé stesse, che derubano e uccidono i samurai feriti: il rapporto quasi simbiotico fra le due sarà tuttavia destinato a infrangersi quando la più giovane si innamorerà di un disertore. Le tematiche preferite del regista, che vertono in particolare sull'erotismo e sulla guerra nucleare, tornano anche nel non perfettamente riuscito Honnō (1966; Sesso perduto). Negli anni Settanta il cinema di S. avrebbe poi preso una piega meno rigorosa, rendendosi più disponibile alle esigenze del cinema commerciale.
J. Mellen, Voices from the Japanese cinema, New York 1975, pp. 72-94; T. Satō, Shindō Kaneto, in Schermi giapponesi, a cura di M. Müller, 2° vol., La finzione e il sentimento, Venezia 1984, pp. 93-102.