KANHERI
KĀṆHERI.- Centro monastico rupestre dell'India occidentale situato alla periferia di Bombay. Famoso nel mondo buddhista ancora nell'XI sec., come testimonia un manoscritto miniato conservato a Cambridge (University Library, n. Add. 1643), dovette la sua fortuna anche alla vicinanza con centri commerciali quali Sopāra (Śūrpāraka, la Soupàra dei greci, uno dei primi luoghi di diffusione del buddhismo hīnayāna nella regione del Konkan), il porto di Kalyāna/Kallìena, Chemula (la Sèmylla dei geografi greci) e Thana (Śrī Sthānaka), città da cui proveniva la maggior parte dei donatori dei santuari.
La peculiarità del sito, frequentato già nel I sec. a.C., sta più nel numero delle grotte scavate nella roccia e costituite per la maggior parte da una semplice cella (talvolta con portico e con una cisterna) che nel loro valore artistico.
Il monumento più antico di K. è quasi certamente la Grotta 2e, un piccolo caityagrha (ambiente che contiene uno stūpa) rettangolare con copertura piatta, di cui si conserva la parte posteriore con il relativo stūpa, in discrete condizioni. Le dimensioni del tamburo esterno e del corpo emisferico (aṇḍa), la probabile assenza di harmikā e la superficie polita inducono a datare questa grotta intorno al III - II sec. a.C. (v. stūpa). Il monumento principale di K. è tuttavia il grande caityagṛha (Grotta 3), situato accanto al precedente, che consiste in una grande aula absidata con trentaquattro pilastri, stūpa, portico e cortile con due pilastri monumentali (staṃbha) e una balaustra frontale al di sopra di una breve scalinata; esso è il prodotto di una lunga attività che può essere distinta in quattro fasi principali. Agli inizi del I sec. a.C. si possono far risalire lo stūpa, la navata, il portico e i pilastri ottagonali, privi di base, capitello e non decorati, intorno all'abside e paralleli alla facciata. Lo stūpa, scolpito senza alcuna ornamentazione, è formato dal tamburo - distinto in due registri, di cui l'inferiore presenta una fila di mortase, verisímilmente per l'applicazione di pannelli lignei decorativi - e dall'aṇḍa quasi emisferico alla cui sommità è posta una harmikā di piccole dimensioni scolpita con un motivo a vedikā. La copertura intorno all'abside e sopra il corridoio è piatta, mentre quella della navata è a volta a botte con una costolatura lignea di cui rimangono le mortase e le tracce «a impressione» ancora visibili sul soffitto. La realizzazione del caityagṛha vero e proprio fu portata a termine più tardi anche grazie agli sforzi di un monaco, thera Bhadaṃta Dhammapāla, di cui si fa menzione in un'iscrizione nell'adiacente Grotta 4, vissuto intorno agli inizî del II sec. d.C. Durante questa fase vengono scolpiti i pilastri, su basi a piramide a gradini, con capitelli recanti raffigurazioni di vario genere, quali l'abhiṣeka (consacrazione) dello stūpa da parte degli elefanti o il buddhapāda (impronte dei piedi del Buddha) sotto l'Albero della Bodhi. Contemporanei sono anche i rilievi raffiguranti le coppie di «donatori» e il pilastro sul lato Ν del cortile esterno coronato da tre nani contrapposti che forse sostenevano la Ruota della Legge (dharmacakra). L'influsso delle vicine grotte di Kārlī è percepibile nelle dimensioni del caityagṛha, nella realizzazione dei pilastri con i capitelli figurati e dei pannelli con le coppie di «donatori», anche se a K. i dettagli architettonici e lo stile sono di qualità inferiore. Verso la fine del II sec. d.C. il cortile viene ampliato e conseguentemente viene scolpito sulla parete S il grande pilastro coronato da quattro leoni addorsati, oltre all'elegante balaustra esterna; su uno dei pilastri d'ingresso viene infine incisa l'iscrizione (n. 4) datata agli anni di regno di Gautamīputra Śrī Yajña Śātakarṇi. Il pilastro monumentale di questa terza fase (quasi una copia di quello di Kārlī) riveste particolare importanza in quanto porta la più antica immagine di Buddha nei santuarî rupestri dell'India occidentale. Le immagini di Buddha, Bodhisattva e Nāgarāja di questo pilastro, come le immagini della balaustra frontale (molto simile a quella del vihāra III di Nāsik, v.) riecheggiano vagamente gli stilemi della scuola di Amarāvatī, sia nei volumi plastici che nella decorazione floreale e di animali della vedikā. La presenza di due grandi incavi quadrati, allineati con i pilastri monumentali, fa supporre che la facciata fosse provvista di uno schermo ligneo. Intorno al volgere del V sec. si registra infine una ripresa delle attività artistiche, documentate in questa grotta, oltre che dallo scavo di una cappella sulla parete N, tra il portico e il grande pilastro, dalla realizzazione di due immagini colossali del Buddha alle estremità del portico. Ambedue le immagini (alte oltre 7 m), stanti, atteggiate in varadamudrā (il gesto del dono, implicante l'invito all'Illuminazione) e inserite entro una nicchia ad arco, richiamano lo stile delle analoghe sculture di Ajaṇṭā.
II nuovo impulso artistico del V e VI sec., caratterizzato da immagini proprie del buddhismo mahäyäna, non è limitato al grande caityagṛha ma comprende una rilavorazione di gran parte delle grotte del sito; di particolare interesse sono p.es. le Grotte 41 e 90. Nella prima, composta da un vihāra con celle sui lati, la maggiore peculiarità è costituita da una triade raffigurante al centro il Buddha Amitābha, alla sua sinistra un Bodhisattva con flabello poggiato sulla spalla e alla sua destra il Bodhisattva Avalokitešvara, qui raffigurato con undici teste; si tratta della più antica rappresentazione di tale forma del Bodhisattva compassionevole (ampiamente diffusa, nell'VIII sec., in molte regioni dell'Asia buddhista).
Sulla parete sinistra della Grotta 90 è invece raffigurata una composizione mandalica: un «Buddha Universale» è seduto al centro, su un trono, fiancheggiato da due Bodhisattva e due divinità femminili, posto su un loto il cui stelo (axis mundi) è sostenuto dà una coppia di Nāgarāja con relative consorti e, al di sopra di questi, dalle immagini di Indra e Brahmā, anch'essi con le paredre; agli angoli si trovano altri quattro Buddha. Sulla parete opposta il soggetto principale è il Bodhisattva Avalokitešvara, rappresentato, come in genere a K., quasi come «divinità indipendente» che protegge il devoto dai diversi tipi di pericolo: l'Avalokitešvara stante è accompagnato da due paredre, mentre sopra di lui si trovano un Buddha «trascendente» atteggiato nel gesto della predicazione e due immagini di Bodhisattva (Vajrapāṇi e Mañjuśrī?). Ai lati della triade sono raffigurati in scene sovrapposte i varî pericoli per i quali si chiede protezione (il naufragio, l'incendio, l'elefante selvaggio, il leone, il serpente, i predoni, la prigionia, i demoni).
È da ricordare infine - oltre al c.d. mahārājavihāra, luogo di assemblea costituito da una grande sala pilastrata con alcune iscrizioni del IX sec. - il «cimitero» di K., isolato dal resto delle grotte lungo un'ampia terrazza appartata. Vi si trovano diversi stūpa in laterizio e in pietra, eretti per contenere i resti mortali dei monaci che, da quanto si può dedurre dalle iscrizioni commemorative rinvenute, si erano distinti nell'insegnamento delle virtù e nella pratica della «contemplazione».
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