KARAGJORGJE o KARADJORDJE, Petrović (Kara-giorgio, "Giorgio il nero" detto così dalla tinta scura della faccia e dei capelli)
Capostipite della dinastia dei Karagjorgjević, nato, secondo una fonte, nel 1752 e, secondo un'altra, nel 1762, nel villaggio di Viševac, distretto di Kragujevac, nella Šumadija al centro della Serbia. Era figlio di contadini: la tradizione parla poco del padre Pietro, che sarebbe stato un uomo assai semplice, e ricorda invece la madre, Marica Vasojević (secondo altri Živković), donna intelligente e coraggiosa, originaria, a quanto pare, della Rascia. Giorgio, che era il primogenito di 6 figli, ereditò dalla madre l'indole fiera, impulsiva, turbolenta. Nella prima infanzia dovette fare il pastore di maiali. Avendo ammazzato un turco, si diede alla macchia. A 19 anni sposò Elena Jovanović, figlia del sindaco del villaggio di Masloševo nel distretto di Rudnik, dalla quale ebbe cinque figli.
Nel 1786, alla vigilia della guerra turca, si rifugiò con la famiglia in Austria (nel Sirmio) per arruolarsi, due anni dopo, nelle truppe dell'imperatore Giuseppe II, quale sergente nel Corpo dei volontarî serbi. Ma, insofferente di disciplina, disertò e ritornò in Serbia, ove, dopo un breve periodo in cui si dedicò al banditismo, visse, dal 1791 al 1803, come negoziante di bestiame, immischiandosi però nelle lotte contro i giannizzeri, col grado di caposquadra nell'esercito nazionale, condotto dal vizir di Belgrado Mustafà pascià. Allo scoppio dell'insurrezione serba contro i giannizzeri fu proclamato capo dei ribelli nel convegno di Orašac (12 febbraio 1804). In grazia dei successi riportati dalle armi cristiane a Ivankovac (1805), riunì in suo potére alcune parti della Serbia, batté a Mišar l'esercito turco della Bosnia, e conquistò il 27 dicembre 1806 Belgrado. La sua autorità era divenuta predominante.
Negli anni successivi non riuscì però a consolidare il suo potere, in parte anche per la sua politica austrofila (1809-13), invisa ad altri capi dell'insurrezione e alla Russia, che, sia pure riluttante, era venuta in aiuto dei Serbi. Quando poi la Turchia, dopo la pace di Bucarest (1812), riprese nel 1813 la guerra contro i Serbi e li batté su tutta la linea, K. perdette il suo effimero potere principesco. Ammalato, si rifugiò in Austria, e fu internato a Semlino. Un anno dopo, per intercessione della Russia, ebbe dall'imperatore d'Austria un domicilio e una pensione a Hoţin nella Bessarabia allora russa. Nel 1815 vi fu in Serbia una nuova insurrezione, capitanata da Miloš Obrenović. K. non poté accorrervi per l'opposizione della Russia; con l'aiuto della hetairía greca ebbe un passaporto falso, col quale ricomparve in patria il 28 giugno 1817. Ma il 13 luglio fu assassinato a Smederevo da un sicario prezzolato di Miloš Obrenović. La sua testa fu mandata a Costantinopoli. Così scoppiò il duello mortale tra i Karagiorgević e gli Obrenović.
K. aveva un temperamento violento, torvo, orgoglioso, spesso ingiusto. Ma è appunto al suo coraggio e alla sua energia che egli deve i successi che fanno di lui il fondatore dello stato serbo.
Bibl.: L. von Ranke, Die serbische Revolution, Berlino 1844; Saint-René Taillandier, Kara-Georges et Millosch. La Serbie au XIXe siècle, Parigi 1875; A. Pernice, Origine e evoluzione storica delle nazioni balcaniche, Milano 1915; M. Vukičević, K., voll. 2, Belgrado 1907-12; Karagjorgje (ediz. speciale del Narodno Delo), Belgrado 1923.