KARATEPE
Cittadella fortificata di età neo-hittita scoperta su una collina boscosa (400 m) che si trova a circa 22 km a S-E del villaggio di Kadirli, nel territorio di Adana (Turchia) ai confini della Cilicia orientale. Fa parte delle propaggini dell'Anti-Tauro e si eleva di 132 m sulla sponda occidentale dell'alto corso del fiume Ceyhan, l'antico Piramos; ai suoi piedi passa l'antica carovaniera detta Agyol (Akyol = la strada bianca) che collega Andirin col territorio di Adana. Il suo nome antico sembra che fosse Azitawandiya (v. più avanti).
Varie campagne di scavo iniziate nel 1947 e tuttora in corso, promosse dalla Facoltà di Lettere dell'Università di Istanbul insieme con la Direzione Generale dei Musei e Antichità di Ankara, hanno messo in luce i resti della cittadella, probabilmente un castello di frontiera di uno dei regni neo-hittiti (VIII sec. a. C.). La sommità del colle è chiusa in un poligono, del perimetro di circa un km, da mura dello spessore di circa 4 m rinforzate internamente ed esternamente con macigni e guarnite da torri quadrangolari disposte a piccoli intervalli. Le mura poggiano talvolta sulla roccia, tal'altra su potenti sostruzioni. Vi erano due ingressi a cui si accedeva mediante rampe rinforzate con torri, l'uno a S-O e l'altro a N-E e una postierla. I due ingressi principali erano monumentali, formati da una rampa di accesso e una scala che conduceva ad un atrio situato davanti alla grande porta oltre il quale, simmetricamente all'asse del grande complesso, erano due camere laterali con pianta a forma di T ove non è da escludere l'esistenza di un secondo piano. Ai due lati dell'atrio, dinanzi alla porta S-O, su un piedistallo, erano due statue di leoni dinanzi a quella N-E due sfingi. Gli ambienti che costituivano gli accessi monumentali erano ornati fino a un'altezza di m 1,40 da ortostati iscritti o scolpiti. Le sculture sono ricavate in un basalto scuro, a grana fine, poroso, che proviene dalla riva opposta del Ceyhan dal colle di Domuztepe, ove sono anche apparsi i resti di una città. Gli ortostati di larghezza normale, sono interrotti ogni tanto da alcuni più profondi che costituiscono degli elementi leganti; le basi su cui poggiano sono alte circa 20-30 cm e profonde 40-60 e di larghezza variabile rispetto a quelle degli ortostati soprastanti verso i quali aggettano leggermente.
Ad eccezione di una statua colossale di re del tipo di quelle scoperte a Zincirli, le sculture a tutto tondo o a mezzo tondo appartengono alla plastica architettonica poiché sono sempre inserite con qualche lato nelle strutture murarie; sono state messe in opera non finite, come d'altronde è provato da alcuni rilievi che non sono stati mai ultimati. Le figure e le scene rappresentate sono divine o mitologiche e attingono la propria tipologia a varî ambienti anche estranei all'Anatolia, e cioè all' Egitto, alla Fenicia, a Cipro, alla Mesopotamia, ecc. Codesto sincretismo si riflette anche nello stile che appare ibrida espressione di un'arte piuttosto mediocre e provinciale. Sono rappresentati gruppi araldici, processioni, scene rituali, di caccia acquatica e terrestre, rappresentazioni di guerra di danza e di musica, immagini della vita della coppia reale, figure divine e mitologiche come leoni, sfingi, minotauri, demoni a forma di aquila, gli egizî Bes e la madre col fanciullo, la rappresentazione di un carro e di una nave marina, ecc. A volte le scene sono distribuite su due strisce separate da fasce orizzontali sullo stesso ortostate. Le sculture si datano intorno al 730 a. C.
L'eccezionale importanza delle scoperte di K. è dovuta però soprattutto alla presenza delle iscrizioni che ricoprivano la base della grande statua regale e alcune basi e ortostati dei grandi portali. Si tratta di un solo testo ripetuto appena con alcune varianti tre volte in lingua fenicia e due volte in geroglifici hittiti. Queste ripetizioni hanno consentito la restituzione del testo nella sua integrità e la versione bilingue ha fornito un grande aiuto nella decifrazione dei geroglifici hittiti, dei quali si conoscevano solo pochi segni. Nell'iscrizione il re Azitawanda, della casa di Mpsh (forse un vassallo del re della Cilicia), si dice signore del popolo dei Danuna, domiciliati nel territorio di Adana, e fondatore della città che da lui prende il nome, Azitawandiya (cioè la città sul colle di K.); egli descrive il proprio regno come un periodo di felicità e benessere per il suo popolo e menziona avvenimenti bellici fra cui la tranquillità sul confine occidentale della sua terra ottenuta mediante la deportazione degli indigeni verso il confine orientale.
I Danuna sono menzionati su monumenti egiziani, assiri, ecc. e sono stati da alcuni connessi con i Danai omerici. Tale ipotesi viene avvalorata dal fatto che Azitawanda si dice appartenente alla "casa di Mpsh" ove può anche riconoscersi il Mopso della leggenda greca.
La città di Azitawandiya, ove sono stati identificati anche resti di un palazzo sulla sommità del colle, di un tempio, di caserme e di altri edifici e tracce di uno stanziamento più antico, fu invasa e distrutta da un incendio prima ancora che ne fosse ultimata la decorazione scultorea. Le sculture, ridotte in frammenti, rotolarono lungo il pendio e particolarmente danneggiate furono quelle dello ingresso S-O. A questo si aggiunse l'effetto della prolungata esposizione alle intemperie che provocò spaccature e fenditure nelle lastre di basalto. Una paziente opera di restauro, iniziata nel 1952 e non ancora ultimata, a cui ha collaborato l'Istituto Centrale del Restauro di Roma, ha provveduto alla ricerca e alla ricomposizione dei frammenti smembrati e alla copertura con tettoie degli ingressi monumentali.
Nei pressi di K. vi sono due località di interesse archeologico: Domuztepe, solo sommariamente esplorata, che fu abitata contemporaneamente a K. e poi di nuovo in epoca romana; Pinarözü, dove è stata trovata una costruzione absidata del IV sec. d. C., con pavimento mosaicato nel quale sono figure umane e motivi geometrici.
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