Krause, Karl Christian Friedrich
Filosofo (Eisenberg, Turingia, 1781 - Monaco di Baviera 1832). Studiò filosofia, con Fichte e Schelling, nell’univ. di Jena, dove nel 1802 divenne libero docente; in seguito ottenne la libera docenza anche dalle univ. di Berlino e Gottinga, ma non ebbe mai la cattedra. Figura di secondo piano dell’idealismo tedesco, compose numerosissime opere (molte delle quali furono pubblicate postume, per iniziativa dei suoi allievi). La sua filosofia, quale si configura soprattutto nelle Vorlesungen über das System der Philosophie (1828) e nelle Vorlesungen über die Grundwahrheiten der Wissenschaft (1829), è principalmente una dottrina dell’essenza (Wesenlehre), cioè della realtà assoluta e divina, concepita come conoscibile attraverso due processi teoretici, uno soggettivo e analitico, ascendente all’assoluto, l’altro obbiettivo e sintetico, discendente dall’assoluto. Da questa suprema dottrina scaturiscono le singole scienze filosofiche, tra le quali spicca la filosofia del diritto, connessa a un’etica di stampo kantiano. Il sistema culmina in una scienza della storia che ricalca le fasi di sviluppo dell’individualità (fanciullezza, giovinezza, maturità) e si conclude nell’unione di tutta l’umanità; ideale che attirò su K. (il quale in precedenza aveva aderito alla massoneria) i sospetti delle autorità, tanto che nel 1830, a Gottinga, fu istruito contro di lui un procedimento penale. Caratteristica peculiare di K. è l’astrusità della terminologia da lui creata per costruire una lingua filosofica prettamente tedesca; nondimeno, il suo pensiero ebbe un discreto seguito, in partic. in Spagna, per opera dello scrittore belga W. Tiberghien.