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GRUNE, Karl

di Giovanni Spagnoletti - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Grune, Karl

Giovanni Spagnoletti

Attore e regista teatrale e cinematografico tedesco, nato a Vienna il 22 gennaio 1890 e morto a Bournemouth (Inghilterra) il 2 ottobre 1962. Attento e sagace osservatore di ambienti sociali, spesso messi a confronto per creare tensione narrativa, G. è, a seguire le indicazioni di S. Kracauer (1947), l'iniziatore di un genere caratteristico del cinema di Weimar, il cosiddetto film di strada. Il suo Die Strasse (1923; La strada) ha consegnato l'autore alla storia del cinema, ma è rimasto quasi un 'dolmen' isolato rispetto a tutta la sua successiva carriera.

Figlio di un insegnante, studiò teatro e iniziò una carriera d'attore in provincia recitando in Austria e in Baviera prima di passare alla regia alla Wiener Volks-bühne. Durante la Prima guerra mondiale fu soldato e venne ferito in Russia; nel 1918 si trasferì a Berlino per continuare a lavorare a teatro. Nel 1919 iniziò il suo lavoro nel cinema come sceneggiatore e subito dopo come regista di un film interessante, Der Mädchenhirt (1919), tratto dal testo del giornalista e scrittore boemo E.E. Kisch, dove begli scorci documentari di Praga si intrecciano alla storia melodrammatica di uno sfruttatore della prostituzione. Prima di realizzare il suo film più celebre, Die Strasse, G. ‒ regista sempre interessato all'ambiente sociale delle sue storie e al gesto documentario ‒ girò un altro film che attirò l'interesse della critica e che Béla Balázs lodò molto: Schlagende Wetter (1923; Fiamme nella miniera), ambientato nel mondo dei minatori e con riprese dal vero realizzate nel territorio della Ruhr. Ma fu con Die Strasse, che deve la sua grande efficacia visiva all'attento lavoro dell'abituale cameraman di G., Karl Hasselmann, che il dramma psicologico del Kammerspielfilm uscì dagli interni chiusi e bui per spostarsi sulla strada 'adescatrice e minacciosa' della metropoli moderna ricostruita in studio. A questo pregevole 'film-modello' seguì una lunga serie di opere di altri registi ‒ da Die freudlose Gasse (1925; L'ammaliatrice) di Georg Wilhelm Pabst sino ad Asphalt (1929; Asfalto) di Joe May ‒ costantemente caratterizzate dalla presenza di prostitute e da ambienti malfamati in cui, di regola, il piccolo-borghese si perde nel tentativo di sottrarsi alla monotonia della vita quotidiana. Dopo un inizio molto promettente, però, G. non aggiunse nulla a questi notevoli traguardi, anche se quasi tutti i suoi film successivi tradiscono un interesse per la sperimentazione (in Arabella, 1924, il mondo circense è narrato dalla prospettiva di un cavallo) legata a un certo engagement. Tra Kammerspiel e mélo si colloca Eifersucht (1925; Gelosia), opera di confezione accurata ma statica, mentre Die Brüder Schellenberg (1926; Il supplizio di Tantalo), sceneggiato insieme a Willy Haas dall'omonimo romanzo di B. Kellermann, mostra comunque un certo approfondimento psicologico del soggetto e tutta la bravura di Conrad Veidt in un impegnativo doppio ruolo in cui, soprattutto nella parte del fratello 'cattivo', l'attore berlinese offre una delle sue migliori interpretazioni. Viceversa meno efficace fu il film pacifista Am Rande der Welt (1927; Ai confini del mondo), dove una stralunata Brigitte Helm non riesce a salvare una storia tanto confusa quanto appesantita da accenti patetici. Per di più, G. ritirò la firma dell'opera per le manipolazioni a cui venne sottoposta da parte dell'UFA. Poi, sino all'avvento del sonoro, la carriera del regista venne spesa al servizio di spettacolari ma poco originali melodrammi storici, tra cui Waterloo (1928), una lontana imitazione del Napoléon di Abel Gance anche nell'uso di proiettare in sincrono alcune sequenze su tre schermi. Personaggio di spicco nell'industria cinematografica (fu vicepresidente della Dacho, l'Associazione dei produttori tedeschi, e per due anni direttore generale della produzione dell'Emelka a Monaco), G. all'avvento di Hitler emigrò in Inghilterra dove realizzò ancora tre film. In particolare si ricordano l'esotico Abdul the damned (1935; Il sultano rosso), con protagonista Fritz Kortner, e Pagliacci (1936) dall'opera di R. Leoncavallo, con il celebre solista Richard Tauber.

Bibliografia

S. Kracauer, From Caligari to Hitler. A psychological history of the German film, Princeton (NJ) 1947 (Da Caligari a Hitler, nuova ed. a cura di L. Quaresima, Torino 2001, pp. 211-15 e passim).

Vedi anche
Paul Leni Leni ‹léeni›, Paul. - Regista tedesco (Stoccarda 1885 - Hollywood 1929); scenografo e regista con Max Reinhardt, realizzò varî film, in Germania e poi negli USA, dominati dal gusto dell'orrido e del macabro: Hintertreppe (La scala di servizio, 1921); Das Wachsfigurenkabinett (1924); The man who laughs ... Wegener, Paul Attore e regista (Jerrentowitz/Arnoldsdorf 1874 - Berlino 1948); esordì a 21 anni ed ebbe una lenta ascesa che gli assicurò piena maturità e dominio dei mezzi espressivi. Dal 1905 con M. Reinhardt al Deutsches Theater di Berlino, dal 1921 girò con formazioni proprie l'Europa e l'America Meridionale. ... Conrad Veidt Veidt ‹fàit›, Conrad. - Attore cinematografico (Potsdam 1893 - Hollywood 1943); recitò in teatro con M. Reinhardt, passando al cinema già nel 1917. Dopo la sua interpretazione di Cesare in Das Kabinett der Dr. Caligari (1920), che rimane uno dei personaggi più significativi dell'espressionismo cinematografico, ... Reinhardt Max. - Nome d'arte di Maximilian Goldmann, regista austriaco (Baden, presso Vienna, 1873 - New York 1943) naturalizzato statunitense nel 1940.  Dominatore e riformatore della scena teatrale europea, grazie al suo eclettismo (sostenuto da ampiezza di interessi culturali e gusto per la sperimentazione) ...
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