Jaspers, Karl
Psicologo e filosofo tedesco naturalizzato svizzero (Oldenburg 1883 - Basilea 1969). Laureato in medicina, fu prof. di psicologia nell’univ. di Heidelberg (1916-20), di filosofia in questa stessa città (1921-37 e 1945-47) e nell’univ. di Basilea (dal 1948). Il suo pensiero si è svolto fondamentalmente in tre fasi: della psichiatria (Allgemeine Psychopathologie, 1913; trad. it. Psicopatologia generale; Gesammelte Schriften zur Psychopathologie, 1963), della psicologia (Psychologie der Weltanschauungen, 1919; trad. it. Psicologia delle visioni del mondo) e della filosofia (Philosophie, 3 voll., 1932; trad. it. Filosofia). J., che è uno dei maggiori esponenti dell’esistenzialismo novecentesco, tende a una filosofia del singolo esistente, secondo l’esigenza dell’ispiratore dell’esistenzialismo, Kierkegaard: a una filosofia, non come indagine oggettiva, ma come «chiarificazione esistenziale» (Existenzerhellung). In tale chiarificazione, l’esistenza si rivela come ricerca che l’io fa di sé in quanto ricerca dell’essere. Ma l’essere, che l’io ricerca e a cui si rapporta, è solo un oggetto, un essere particolare e determinato, e non già l’Essere, che è di là da esso oggetto, e pure lo abbraccia e congloba in sé (das Umgreifende «il Tutto circoscrivente o abbracciante»). Ciò vuol dire che l’Essere è trascendente e, in quanto tale, non può essere colto dall’esistenza. La trascendenza dell’Essere si rivela particolarmente in «situazioni-limite» (Grenzsituationen), necessarie e non mutabili dall’uomo (come, per es., l’essere fatalmente destinato alla morte, o il non poter vivere senza lotta e dolore), per cui l’uomo, nel tentativo di superarle, va fatalmente incontro allo «scacco» o al «naufragio». Di fronte al «naufragio» l’atteggiamento umano non può essere che lo stoico amor fati. Si deve rilevare, però, che per J. la inattingibilità della trascendenza rende impossibili dogmi religiosi o politici. Di qui il suo rifiuto di qualunque dogmatismo e di qualunque intolleranza, e il suo affidarsi alla libertà che, sola, rende possibile la ricerca filosofica. Nella conclusione negativa di «scacco» si assolve e compie l’esistenzialismo di J., il quale però in opere successive (Nietzsche und das Christentum, 1946, trad. it. Nietzsche e il cristianesimo; Von der Wahrheit, 1947, trad. it. Sulla verità; Der philosophische Glaube, 1948; Vom Ursprung und Ziel der Geschichte, 1949, trad. it. Origine e senso della storia; Vernunft und Widervernunft in unserer Zeit, 1950, trad. it. Ragione e antiragione nel nostro tempo; Einführung in die Philosophie, 1950, trad. it. Introduzione alla filosofia; Rechenschaft und Ausblick, 1951; Die grossen Philosophen, 1957; Philosophie und Welt, 1958; Werk und Wirkung, 1963; Die Hoffnungen unserer Zeit, 1963; Nikolaus Cusano, 1964; Schicksal und Wille, 1967, trad. it. Volontà e destino: scritti autobiografici) si avviò verso una significazione positiva dell’esistenza. Nel campo del pensiero psichiatrico, J. ha portato notevoli contributi, applicando i concetti della psicologia comprensiva alle concezioni clinico-nosografiche di E. Kraepelin. Nel periodo più acuto della Guerra fredda prese posizione sui temi più cruciali della politica internazionale e tedesca in vari scritti, che hanno suscitato larghi dibattiti: Die Atombombe und die Zukunft des Menschen (1958; trad. it. La bomba atomica e il destino dell’uomo); Freiheit und Wiedervereinigung (1960; trad. it. La Germania tra libertà e riunificazione); Lebensfragen der deutschen Politik (1963); Hoffnung und Sorge. Schriften zur deutschen Politik 1945-65 (1965); Wohin treibt die Bundesrepublik? (1966; trad. it. Germania d’oggi: dove va la Repubblica Federale?).