SIEMON (Siemoni), Karl
SIEMON (Siemoni), Karl (Carlo). – Nacque, penultimo di quattro figli, il 24 agosto 1805 a Sandau (per altri a Praga). Il padre, anch’egli di nome Karl, svolse attività di chimico in una fabbrica di cristalli a Reichstadt in Boemia; la madre, Elisabeth Stöger, dama di compagnia alla corte imperiale, morì nel 1811 all’età di 32 anni lasciando Karl ancora bambino.
Questi intraprese assai per tempo la carriera forestale nella cittadina di Sandau arrivando al grado di intendente generale delle tenute forestali boeme di proprietà della famiglia granducale di Lorena. Questa sua attività gli valse la stima e la fiducia incondizionata del granduca Leopoldo II, che lo chiamò in Toscana per provvedere al risanamento delle foreste regie.
Le foreste casentinesi che corrono tra Romagna e Toscana coprono il crinale appenninico fra il Falterona e i Mandrioli; un tempo proprietà dei conti Guidi di Modigliana, passarono poi sotto la Repubblica Fiorentina che a sua volta le assegnò alla fine del 1300 all’Opera di S. Maria del Fiore che ne mantenne la cura per ben oltre quattro secoli. Sotto il dominio dell’Opera (così come poi sotto i camaldolesi ai quali furono assegnate nel 1818) le foreste subirono uno sfruttamento assai intensivo. Non mancarono tuttavia, soprattutto da parte dell’Opera, provvedimenti atti a equilibrare le esigenze economico-commerciali con quelle della salvaguardia del bosco; in questo ambito particolarmente importante fu la figura della così detta guardia della selva, incaricata di vigilare sulla salute delle piante, solitamente reclutata fra le persone del luogo. Questo rapporto con il territorio e i suoi abitanti fu poi caratteristica peculiare anche dell’attività che Carlo Siemoni svolse in Casentino.
Nel corso dei decenni antecedenti la sua venuta, molte voci si erano levate contro lo sfruttamento insensato delle foreste. La prestigiosa Accademia dei Georgofili, nata nel 1753 e alla quale afferivano le menti più accorte e vive del tempo, non risparmiò considerazioni e critiche alla politica scellerata dei disboscamenti incontrollati. In questo vivo scenario si incastonò l’opera di Siemoni, il quale ricevette nel 1835 l’incarico dal granduca Leopoldo II di stendere con Antonio Seeland un piano di risanamento delle foreste casentinesi entrate nel frattempo a far parte dei possedimenti granducali.
Il piano, di una modernità assoluta e di una estrema razionalità, si articolò nei seguenti punti: stendere un progetto di monitoraggio e stima della foresta procedendo nel contempo alla definizione di una prassi amministrativa corredata da apposite scritture; realizzare una cartografia completa e dettagliata della foresta con precise indicazioni riguardo a topografia, idrografia, viabilità; stendere una relazione generale sulla foresta sulla base dei dati acquisiti allo scopo di individuare e scandire gli interventi da attuare.
Il 10 ottobre 1838 Siemoni, con la moglie Therese Walter e il figlio primogenito Giovanni Carlo, si stabilì definitivamente nella villa granducale della badia di S. Maria a Poppiena a Pratovecchio; ottenne la nomina da Leopoldo II di ispettore e amministratore delle regie foreste casentinesi, compito che egli assunse con grande senso di responsabilità e lucido rigore e al quale si dedicò pressoché ininterrottamente fino al 1876.
La riforestazione della montagna tosco-romagnola fu senza dubbio il compito primario di Siemoni; tuttavia egli vi si dedicò nella consapevolezza che il bosco era parte di un’entità socioeconomica complessa e articolata nella quale occorreva tener conto di ogni aspetto della vita degli uomini e di ogni loro attività. Pertanto egli apportò anche grandi perfezionamenti agrari, trasformando così un territorio depresso in uno fra i più industriosi del Granducato.
Di ciò scrisse nel 1854 il georgofilo Filippo Mariotti ripercorrendo i progressi compiuti sul piano economico e sociale dalla fine degli anni Trenta dell’Ottocento a oltre la metà del secolo. I risultati dell’impegno profuso da Siemoni in Casentino furono delineati anche in altri due studi a lui dedicati. Uno steso dal figlio Giovanni Carlo, l’altro dal georgofilo Pietro Rossini che per conto dell’Accademia nel 1854 si recò in quelle terre per un sopralluogo. Nello studio di Giovanni Carlo il nome del padre non è mai direttamente citato, tuttavia egli dipinse questa terra una volta aspra e depressa, come fertile e generosa, rinomata senza dubbio per i suoi abeti, ma anche per la sua ricca produzione agricola, per i vini assai stimati, per il suo qualificato allevamento di ovini dalle lane pregiate e bovini. Lo studio di Rossini, presentato all’adunanza dei georgofili del 7 maggio 1854, dette merito a Siemoni non solo dei lusinghieri risultati ottenuti, ma soprattutto della visione d’insieme sottesa alla sua grande opera riformatrice.
Se indispensabile fu per lui il lavoro, altrettanto lo fu l’istruzione: avvalendosi di quanto proposto da Luigi Serristori nel 1840 circa l’istituzione di una scuola forestale a Pratovecchio, Siemoni ipotizzò degli alunnati presso le varie direzioni forestali mirati a formare tecnici e operai specializzati.
Siemoni georgofilo (ne era divenuto socio corrispondente il 3 aprile 1842) fu anche assiduo collaboratore del Giornale agrario toscano; dal 1857 al 1865 inviò puntualmente le proprie osservazioni sullo stato dell’agricoltura e dell’economia del territorio casentinese: terra che aveva eletto a sua ‘patria’ e nella quale si spense il 15 marzo 1878.
Badia Prataglia in Casentino gli ha dedicato l’arboreto e il Museo forestale, il primo iniziato dallo stesso Siemoni verso il 1846, il secondo istituito nel 1985. Fu membro di numerose accademie e istituzioni: Associazione della guardia civica di Zwikau (ascritto dal 10 giugno 1838), Reale Associazione di economia del Regno boemo (7 marzo 1841), Accademia casentinese del Buonarroti (4 aprile 1843), Società aretina di scienze, lettere e arti (11 settembre 1854), Accademia nazionale d’agricoltura e manifatture commerciali (31 ottobre 1856), Istituto delle arti unite di Londra (14 gennaio 1857), Associazione dei giardinieri di Vienna (20 gennaio 1857).
Il 21 giugno 1852 gli fu conferita dal granduca la decorazione al merito industriale e fu più volte premiato nelle diverse esposizioni promosse dalla fiorentina Società reale di orticoltura.
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti conservati nell’archivio di famiglia, sono presenti nell’Archivio storico dell’Accademia dei Georgofili di Firenze i seguenti documenti autografi: C. Siemoni, Sulla coltivazione dei boschi d’alto fusto, 27 settembre 1841 (b. 93.219); Id., Memoria sulla coltura delle patate, 5 marzo 1854 (b. 81.1413); lettera di Carlo Siemoni a Francesco Carega, Pratovecchio, 9 ottobre 1859 (b. 46.491); lettera di Carlo Siemoni a Emilio Bechi, Pratovecchio, 18 marzo 1863 (b. 34.3942). Si vedano inoltre, nella stessa sede: L. Serristori, Proposta per una scuola forestale a Pratovecchio in Casentino, 14 giugno 1840 (b. 76.1123); Verbale dell’adunanza solenne del 3 aprile 1842 (Libro dei Verbali, 12); F. Mariotti, Intorno alle coltivazioni e industrie introdotte dal 1839 in poi nella foresta casentinese, 2 aprile 1854 (b. 81.1414); P. Rossini, Rapporto circa i miglioramenti agrari introdotti da C. S. nell’agricoltura dell’Appennino casentinese, 7 maggio 1854 (b. 82.1416); Ruolo dei soci corrispondenti dell’Accademia dei Georgofili dal 1817 al 1864 (b. 140); G.C. Siemoni, Cenni fisico-storici sul Casentino, s.d. (b. 97.355). Si segnala inoltre la Corrispondenza da Pratovecchio a firma C. S. pubblicata sul Giornale agrario toscano: n.s., IV (1857), pp. 98-100, 224 s.; 438 s.; V (1858), pp. 133 s., 221 s., 327 s.; VI (1859), pp. 111 s., 213 s., 312 s., 411 s.; VII (1860), pp. 90 s., 210 s., 427-429; VIII (1861), pp. 92 s., 213-215, 322 s., 401 s.; IX (1862), pp. 169-171, 301-303, 414 s.; X (1863), pp. 111, 220 s., 297 s., 419-421; XI (1864), pp. 96-99, 217-221, 430 s.; XII (1865), pp. 106 s., 213-215, 420-422.
M.C. Siemoni, C. S. (K. S., 1805-1878). Una figura da ricordare nella riorganizzazione della foresta dell’Opera di S. Maria del Fiore, durante il dominio dei Lorena, in Rivista di storia dell’agricoltura, 1975, n. 2, pp. 67-78; L. Bigliazzi - L. Bigliazzi, Il selvicoltore del granduca: C. S. (1805-1878), Firenze 2004; N. Siemoni, C. S. Vita di un forestale e sue opere, ibid., pp. 5-12.